VIII
Come il re Carlo ordinò sue schiere per combattere col re Manfredi.
Lo re Carlo veggendo Manfredi e sua gente venuti a campo per combattere,
ebbe suo consiglio di prendere la battaglia il giorno o d'indugiarla. Gli più
de' suoi baroni consigliarono del soggiorno infino a la mattina vegnente, per
riposare i cavagli dell'affanno avuto per lo forte cammino, e messer Gilio il
Bruno conastabole di Francia disse il contrario, e che indugiando, i nimici
prenderanno cuore e ardire, e a·lloro potea al tutto fallire la vivanda, e che
se altri dell'oste no·lla volesse la battaglia, egli solo col suo signore
Ruberto di Fiandra e con sua gente si metterebbe alla ventura del combattere,
avendo fidanza in Dio d'avere la vittoria contra' nemici di santa Chiesa.
Veggendo ciò il re Carlo, s'attenne e prese il suo consiglio, e per la grande
volontà ch'avea del combattere, disse con alta voce a' suoi cavalieri: “Venus
est le iors ce nos avons tant desiré”; e fece sonare le trombe, e comandò
ch'ogni uomo s'armasse e apparecchiasse per andare alla battaglia, e così in
poca d'ora fu fatto. E ordinò, sì come i suoi nemici, a petto di loro tre
schiere principali: la prima schiera era de' Franceschi in quantità di M
cavalieri, ond'erano capitani messer Filippo di Monforte e 'l maliscalco di
Mirapesce; la seconda lo re Carlo col conte Guido di Monforte, e con molti de'
suoi baroni e cavalieri della reina, e co' baroni e cavalieri di Proenza, e
Romani, e Campagnini, ch'erano intorno di VIIIIc cavalieri, e le 'nsegne reali
portava messer Guiglielmo lo Stendardo, uomo di grande valore; la terza fu
guidatore Ruberto conte di Fiandra col suo maestro Gilio maliscalco di Francia,
con Fiamminghi, e Bramanzoni, e Annoieri, e Piccardi, in numero di VIIc
cavalieri. E di fuori di queste schiere furono gli usciti guelfi di Firenze con
tutti gl'Italiani, e furono più di CCCC cavalieri, de' quali molti di loro
delle maggiori case di Firenze si feciono cavalieri per mano del re Carlo in su
il cominciare della battaglia; e di questa gente, Guelfi di Firenze e di
Toscana, era capitano il conte Guido Guerra, e la 'nsegna di loro portava in
quella battaglia messer Currado da Montemagno di Pistoia. E veggendo il re
Manfredi fatte le schiere, domandò della schiera quarta che gente erano, i
quali comparivano molto bene inn-arme e in cavagli e in arredi e sopransegne;
fugli detto ch'erano la parte guelfa usciti di Firenze e dell'altre terre di
Toscana. Allora si dolfe Manfredi dicendo: “Ov'è l'aiuto ch'io hoe dalla parte
ghibellina, ch'io ho cotanto servita, e messo in loro cotanto tesoro?”, e
disse: “Quella gente”, cioè la schiera de' Guelfi, “non possono oggi perdere”;
e ciò venne a dire, s'egli avesse vittoria ch'egli sarebbe amico de' Guelfi di
Firenze, veggendogli sì fedeli al loro signore e a·lloro parte, e nemico de'
Ghibellini.
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