XIV
Come in Firenze si levò il secondo popolo, per la quale cagione il
conte Guido Novello co' caporali ghibellini uscirono di Firenze.
Per le dette novitadi fatte in Firenze per le dette due podestadi e per
gli XXXVI, i grandi Ghibellini di Firenze, com'erano Uberti, e Fifanti, e
Lamberti, e Scolari, e gli altri delle grandi case ghibelline, presono sospetto
di parte, parendo loro che' detti XXXVI sostenessono e favorassono i Guelfi
popolani ch'erano rimasi in Firenze, e ch'ogni novità fosse contro a parte. Per
questa gelosia, e per la novella della vittoria del re Carlo, il conte Guido
Novello mandò per genti a tutte l'amistà vicine, come furono Pisani, Sanesi,
Aretini, Pistolesi, e Pratesi, e Volterrani, Colle, e Sangimignano, sì che con
VIc Tedeschi ch'avea si trovarono in Firenze con MD cavalieri. Avenne che per
pagare le masnade tedesche ch'erano col conte Guido Novello capitano della
taglia, il quale volea che si ponesse una libbra di soldi X il centinaio, i
detti XXXVI cercavano altro modo di trovare danari con meno gravezza del
popolo, e per questa cagione aveano indugiato alquanti dì più che non parea al
conte e agli altri grandi Ghibellini di Firenze; per lo sospetto preso per gli
ordini fatti per lo popolo, i detti grandi ordinarono di mettere la terra a
romore, e disfare l'oficio de' detti XXXVI col favore della grande cavalleria
ch'avea il vicario in Firenze, e armatisi, i primi che cominciarono furono i
Lamberti, che co·lloro masnadieri armati uscirono di loro case in Calimala,
dicendo: “Ove sono questi ladroni de' XXXVI, che noi gli taglieremo tutti per
pezzi?”; i quali XXXVI erano allora al consiglio insieme nella bottega ove i
consoli di Calimala teneano ragione sotto casa i Cavalcanti in Mercato Nuovo.
Sentendo ciò i XXXVI si partirono dal consiglio, e incontanente si levò la
terra a romore, e serrarsi le botteghe, e ogni uomo fu a l'arme. Il popolo si
ridusse tutto nella via larga di Santa Trinita, e messer Gianni de' Soldanieri
si fece capo del popolo per montare inn-istato, non guardando al fine, che
dovea riuscire a sconcio di parte ghibellina e suo dammaggio, che sempre pare
sia avenuto in Firenze a chi s'è fatto capo di popolo; e così armati a piè di
casa i Soldanieri s'amassarono i popolani in grandissimo numero, e feciono
serragli a piè della torre de' Girolami. Il conte Guido Novello con tutta la
cavalleria e con grandi Ghibellini di Firenze furono in arme e a cavallo in su
la piazza di San Giovanni, e mossonsi per andare contro al popolo, e schierarsi
a la 'ncontra del serraglio in su i calcinacci delle case de' Tornaquinci, e
feciono vista e saggio di combattere, e alcuno Tedesco a cavallo si mise infra
il serraglio; il popolo francamente si tenne difendendo colle balestra, e
gittando dalle torri e case. Veggendo ciò il conte, che non poteano diserrare
il popolo, volse le 'nsegne, e con tutta la cavalleria ritornò in su la piazza
di San Giovanni, e poi venne al palagio nella piazza di San Pulinari, ov'erano
le due podestadi, messer Catalano e messer Loderigo frati godenti, e tenea la
cavalleria da porte San Piero infino a San Firenze. Il conte domandava le
chiavi delle porti della città per partirsi della terra, e per tema non gli
fosse gittato delle case; e per sua sicurtà si mise il conte dall'uno lato Uberto
de' Pulci, e dall'altro Cerchio de' Cerchi, e di dietro Guidingo Savorigi,
ch'erano de' detti XXXVI e de' maggiori della terra. I detti due frati gridando
del palagio, e chiamando con grandi grida i detti Uberto e Cerchio ch'andassono
a·lloro, acciò che pregassono il conte che·ssi tornasse all'albergo e non si
dovesse partire, ch'eglino aqueterebbono il popolo, e farebbono che' soldati
sarebbono pagati: il conte entrato in gelosia e in paura del popolo più che non
gli bisognava, non si volle attendere, ma volle pur le chiavi delle porti, e
ciò mostrò che fosse più opera di Dio che altra cagione; che quella cavalleria
sì grande e possente non combattuti, non cacciati, né acommiatati, né forza di
nimici non era contro a·lloro; che perché il popolo fosse armato e raunato
insieme, erano più per paura che per offendere al conte e a sua cavalleria, e
tosto sarebbono aquetati, e tornati a·lloro case, e disarmati. Ma quando è
presto il giudicio di Dio è aparecchiata la cagione. Il conte avute le chiavi,
essendo grande silenzio, fece gridare se v'erano tutti i Tedeschi: fu risposto
di sì; appresso disse de' Pisani, e simile di tutte le terre della taglia, e
risposto di tutti di sì, disse al suo banderaio che si movesse colle 'nsegne; e
così fu fatto. E tennero la via larga da San Firenze, e dietro da Santo Piero
Scheraggio, e da San Romeo alla porta vecchia de' Buoi, e quella fatta aprire,
il conte con tutta sua cavalleria n'uscì, e tenne su per li fossi dietro a
Sa·Jacopo, e dalla piazza di Santa Croce, ch'allora nonn avea case, e per lo
borgo di Pinti; e in quello fu loro gittato de' sassi; e volsonsi per Cafaggio,
e la sera se n'andarono in Prato; e ciò fu il dì di santo Martino, a dì XI di
novembre, gli anni di Cristo MCCLXVI.
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