XXIII
Come il giovane Curradino figliuolo del re Currado venne d'Alamagna in
Italia contro al re Carlo.
Istando lo re Carlo in Toscana, i Ghibellini usciti di Firenze co' Pisani
e' Sanesi sì feciono lega e compagnia, e ordinaro con don Arrigo di Spagna, il
quale era sanatore di Roma, fatto già nemico del re Carlo suo cugino; e con
certi baroni di Puglia e di Cicilia fece congiurazione e cospirazione di rubellargli
certe terre di Cicilia e di Puglia, e di mandare in Alamagna, e fare sommuovere
Curradino figliuolo che fu del re Currado figliuolo dello 'mperatore Federigo,
che passasse in Italia per torre Cicilia e il Regno al re Carlo. E così fu
fatto, che subitamente in Puglia si rubellò Nocera de' Saracini, e Aversa in
Terra di Lavoro, e molte terre in Calavra, e in Abruzzi quasi tutte, se non fu
l'Aguglia, e in Cicilia quasi tutta o gran parte dell'isola di Cicilia, se non
fu Messina e Palermo. E don Arrigo rubellò Roma, e tutta Campagna, e 'l paese
d'intorno; e' Pisani, e' Sanesi, e l'altre terre ghibelline gli mandarono di
loro danari Cm fiorini d'oro per sommuovere il detto Curradino, il quale molto
giovane, di XVI anni, si mosse d'Alamagna a contradio della madre, ch'era
figliuola del duca d'Osteric, che per la sua giovanezza nol volea lasciare
venire. E giunse a Verona del mese di febbraio, gli anni di Cristo MCCLXVII,
con molta baronia e buona gente d'arme d'Alamagna in sua compagnia; e dicesi il
seguiro infino a Verona presso a Xm uomini tra a cavallo e ronzini, e per
necessità di moneta gran parte si tornò in Alamagna; ma de' migliori si ritenne
da IIImD cavalieri tedeschi. E di Verona passò per Lombardia, per la via di
Pavia venne nella riviera di Genova, e arrivò di là da Saona a la piaggia di
Varagine, e ivi entrò in mare, e per la forza de' Genovesi co·lloro navilio di
XXV galee passò per mare a Pisa, e là giunse di maggio MCCLXVIII, e da' Pisani
e da tutti i Ghibellini d'Italia fu ricevuto a grande onore, quasi come
imperadore. La sua cavalleria venne per terra passando le montagne di
Pontriemoli, e arrivarono a Serrezzano, che si tenea per gli Pisani, e poi
feciono la via della marina con iscorta infino a Pisa. Lo re Carlo sentendo
come Curradino era passato in Italia, e sentendo la rubellazione delle sue
terre di Cicilia e di Puglia fatta per gli baroni del Regno traditori, i quali
i più avea lasciati di pregione, e per don Arrigo di Spagna, sì si partì
incontanente di Toscana, e a grandi giornate n'andò in Puglia, e in Toscana
lasciò messer Guiglielmo di Berselve suo maliscalco, e co·llui messer
Guiglielmo lo Stendardo con VIIIc cavalieri franceschi e provenzali, per
mantenere le città di Toscana a sua parte, e per contastare Curradino che non
potesse passare. E sentendo papa Chimento la venuta di Curradino, sì gli mandò
suoi messi e legati, comandando sotto pena di scomunicazione ch'egli non
dovesse passare, né essere contra lo re Carlo campione e vicario di santa
Chiesa. Il quale Curradino però non lasciò sua impresa, né volle obbedire i
comandamenti del papa, parendogli avere giusta causa, e che 'l Regno e Cicilia
fosse sua e di suo patrimonio; e però cadde in sentenzia di scomunicazione
della Chiesa, la quale ebbe a dispetto, e poco curò; ma istando lui in Pisa,
raunò moneta e genti, e tutti i Ghibellini e chi era di parte imperiale si
ridusse a·llui, onde gli crebbe grandissima forza. E stando in Pisa, venne a
oste sopra la città di Lucca, la quale si tenea per la parte di santa Chiesa, e
eravi dentro il maliscalco del re Carlo con sua gente, e il legato del papa e
della Chiesa, e colla forza de' Fiorentini e degli altri Guelfi di Toscana e di
più gente di croce segnati, i quali per predicazione, e indulgenzia, e perdoni
dati dal papa e da' suoi legati erano venuti contra Curradino. E stette sopra
Lucca dieci dì a oste; e aboccarsi insieme per combattere le dette due osti a
Pontetetto a due miglia presso di Lucca, ma non combattero, ma ciascuno schifò
la battaglia, e era in mezzo la Guiscianella, e però si tornaro chi a Pisa e
chi a Lucca.
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