XXVI
Come l'oste di Curradino e quella del re Carlo s'affrontarono per
combattere a Tagliacozzo.
Lo re Carlo sentendo come Curradino era partito di Roma con sua gente per
entrare nel Regno, si levò da oste da Nocera, e con tutta sua gente a grandi
giornate venne incontro a Curradino, e alla città dell'Aquila in Abruzzi attese
sua gente. E stando lui nell'Aquila, e tenendo consiglio cogli uomini della
terra, amonendogli fossono fedeli e leali, e fornissono l'oste, uno savio
villano e antico si levò, e disse: “Re Carlo, non tenere più consigli, e non
schifare uno poco di fatica, acciò che tu ti possi riposare sempre; togli ogni
dimoranza, e va' contra il nimico, e nol lasciare prendere più campo, e noi ti
saremo leali e fedeli”. Lo re udendosi sì saviamente consigliare, sanza nullo
indugio o più parole di là si partìo per la via traversa delle montagne, e
acozzossi assai di presso all'oste di Curradino nel luogo e piano di San
Valentino, e nonn-avea in mezzo se non il fiume del... Lo re Carlo avea di sua
gente, tra Franceschi e Provenzali e Italiani, meno di IIIm cavalieri, e
veggendo che Curradino avea troppa più gente di lui, per lo consiglio del buon
messere Alardo di Valleri, cavaliere francesco di grande senno e prodezza, il
quale di quegli tempi era arrivato in Puglia tornando d'oltremare dalla
Terrasanta, sì disse al re Carlo se volesse essere vincitore gli convenia usare
maestria di guerra più che forza. Il re Carlo confidandosi molto nel senno del
detto messer Alardo, al tutto gli commise il reggimento dell'oste e della
battaglia; il quale ordinò della gente del re tre schiere, e dell'una fece
capitano messer Arrigo di Cosance, grande di persona e buono cavaliere d'arme:
questi fu armato colle sopransegne reali in luogo della persona de·re, e
guidava Provenzali, e Toscani, e Lombardi, e Campagnini. L'altra schiera furono
de' Franceschi, onde furono capitani messer Gianni di Crarì e messer Guiglielmo
lo Stendardo. E mise i Provenzali a la guardia del ponte del detto fiume, acciò
che l'oste di Curradino non potesse passare sanza disavantaggio della
battaglia. Il re Carlo col fiore della sua baronia, di quantità di VIIIc
cavalieri, fece riporre in aguato dopo uno colletto in una vallea, e col re
Carlo rimase il detto messer Alardo di Valleti con messer Guiglielmo di Villa,
e Arduino prenze della Morea, cavaliere di grande valore. Curradino dall'altra
parte fece di sua gente tre schiere: l'una de' Tedeschi, ond'egli era capitano
col dogi d'Osteric, e con più conti e baroni; l'altra degl'Italiani, onde fece
capitano il conte Calvagno con alquanti Tedeschi; l'altra fu di Spagnuoli,
ond'era capitano don Arrigo di Spagna loro signore. In questa stanza, l'una
oste appetto a l'altra, i baroni del Regno ribelli del re Carlo fittiziamente,
per fare isbigottire lo re Carlo e sua gente, feciono venire nel campo di
Curradino falsi ambasciadori molto parati, con chiavi in mano e con grandi
presenti, dicendo ch'egli erano mandati dal Comune dell'Aquila per dargli le
chiavi e signoria della terra, sì come suoi uomini e fedeli, acciò che gli
traesse della tirannia del re Carlo. Per la qual cosa l'oste di Curradino e
egli medesimo, stimando fosse vero, feciono grande allegrezza; e sentito ciò
nell'oste del re Carlo, n'ebbe grande isbigottimento, temendo non fallisse loro
la vittuaglia che veniva loro di quella parte, e l'aiuto di quegli dell'Aquila.
Lo re medesimo sentendo ciò, n'entròe in tanta gelosia, che di notte tempore si
partì con pochi dell'oste in sua compagnia, e venne all'Aquila la notte
medesima, e faccendo domandare le guardie delle porte per cui si tenea la
terra, rispuosono: “Per lo re Carlo”; il quale entrato dentro sanza ismontare
de' cavagli, amonitigli di buona guardia, incontanente tornò all'oste, e fuvi
la mattina a buona ora, e per l'affanno dell'andare e tornare la notte lo re
Carlo dall'Aquila si posava e dormiva.
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