XXIX
Come Curradino con certi suoi baroni furono presi dal re Carlo, e fece
loro tagliare la testa.
Curradino col dogio d'Ostaric e con più altri, i quali del campo erano
fuggiti co·llui, sì arrivarono alla piaggia di Roma in su la marina a una terra
ch'ha nome Asturi, ch'era degl'Infragnipani di Roma, gentili uomini; e in
quella arrivati, feciono armare una saettia per passare in Cicilia, credendo
scampare dal re Carlo, e in Cicilia, che era quasi tutta rubellata a lo re,
ricoverare suo stato e signoria. Essendo loro già entrati in mare sconosciuti
nella detta barca, uno de' detti Infragnipani ch'era in Asturi, veggendo
ch'erano gran parte Tedeschi, e begli uomini, e di gentile aspetto, e sappiendo
della sconfitta, sì s'avisò di guadagnare e d'esser ricco, e però i detti
signori prese; e saputo di loro esser, e com'era tra quegli Curradino, sì gli
menò al re Carlo pregioni, per gli quali lo re gli donò terra e signoraggio a
la Pilosa, tra Napoli e Benevento. E come lo re ebbe Curradino e que' signori
in sua balia, prese suo consiglio quello ch'avesse a·ffare. Alla fine prese
partito di fargli morire, e fece per via di giudicio formare inquisizione
contro a·lloro, come a traditori della corona e nemici di santa Chiesa; e così
fu fatto; che a dì.... fu dicollato Curradino, e 'l duca d'Osteric, e 'l conte
Calvagno, e 'l conte Gualferano, e 'l conte Bartolomeo e due suoi figliuoli, e
'l conte Gherardo de' conti da Doneratico di Pisa in sul mercato di Napoli
lungo il ruscello dell'acqua che corre di contra alla chiesa de' frati del
Carmino; e non sofferse il re che fossono soppelliti in luogo sacro, ma in su il
sabbione del mercato, perch'erano scomunicati. E così in Curradino finì il
legnaggio della casa di Soave, che fu in così grande potenzia d'imperadori e di
re, come adietro è fatta menzione. Ma di certo si vede per ragione e per
isperienza che chiunque si leva contra santa Chiesa e è scomunicato conviene
che·lla fine sia rea per l'anima e per lo corpo; e però è sempre da temere la
sentenza della scomunicazione di santa Chiesa giusta o ingiusta, che assai
aperti miracoli ne sono stati, chi legge l'antiche croniche, e per questa il
può vedere per gl'imperadori e signori passati, che furono ribelli e
persecutori di santa Chiesa. Della detta sentenzia lo re Carlo ne fu molto
ripreso, e dal papa, e da' suoi cardinali, e da chiunque fu savio, però ch'egli
avea preso Curradino e' suoi per caso di battaglia, e non per tradimento, e
meglio era a tenerlo pregione che farlo morire. E chi disse che 'l papa
l'asentì; ma non ci diamo fede, perch'era tenuto santo uomo. E parve che·lla
innocenzia di Curradino, ch'era di così giovane etade a giudicarlo a morte,
Iddio ne mostrasse miracolo contra lo re Carlo, che non molti anni appresso
Iddio gli mandò di grandi aversitadi quando si credea essere in maggiore stato,
sì come innanzi nelle sue storie faremo menzione. Al giudice che condannò
Curradino Ruberto figliuolo del conte di Fiandra, genero del re Carlo, com'ebbe
letta la condannagione, gli diede d'uno stocco, dicendo ch'a·llui nonn-era
licito di sentenziare a morte sì grande e gentile uomo; del quale colpo il
giudice, presente lo re, morì, e non ne fu parola, però che Ruberto era molto
grande apo lo re, e parve al re e a tutti i baroni ch'egli avesse fatto come
valente signore. Don Arrigo di Spagna, il quale era de' pregioni del re, però
ch'egli era suo cugino carnale, e perché l'abate di Montecascino che·ll'avea
dato preso al re, per non essere inregolare, per patti l'avea dato che nol
farebbe morire, nol fece giudicare il re a morte, ma condannollo a perpetuale
carcere, e mandollo in pregione al castello del Monte Sante Marie in Puglia;
molti degli altri baroni di Puglia e d'Abruzzi ch'erano stati contro a lo re
Carlo e suoi ribelli fece morire con diversi tormenti.
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