XLII
Come papa Ghirigoro colla corte venne in Firenze, e fece fare pace
tra' Guelfi e' Ghibellini.
Negli anni MCLXXII Gregorio decimo di Piagenza, tornato lui della
legazione d'oltremare, fu consegrato e coronato papa, e per lo grande affetto e
volontà ch'egli avea del soccorso della Terrasanta, e che generale passaggio si
facesse oltremare, incontanente che fu fatto papa, ordinò concilio generale
a·lLeone sopra Rodano in Borgogna, e fece che per suo mandato gli elettori
dello 'mperio d'Alamagna elessono re de' Romani Ridolfo conte di Furimborgo, il
quale era valente uomo d'arme, tutto che fosse di piccola potenza; ma per sua
prodezza conquistò Soavia e Osteric: e [in] Osteric che vacava per lo dogio che
fu morto con Curradino dal re Carlo fece dogio Alberto suo figliuolo. Il
sopradetto papa l'anno appresso la sua coronazione si partì colla corte da Roma
per andare a Leone su Rodano al concilio per lui ordinato, e entrò in Firenze
co' suoi cardinali, e collo re Carlo, e collo imperadore Baldovino di
Gostantinopoli, il quale fu del legnaggio della casa prima di Fiandra. Questo
Baldovino fu figliuolo d'Arrigo fratello del primo Baldovino, che conquistò
Gostantinopoli co' Viniziani, come addietro facemmo menzione. E col papa e col
re Carlo vennero in Firenze e più altri signori e baroni a dì di XVIII di
giugno, gli anni di Cristo MCCLXXIII, e da' Fiorentini furono ricevuti
onorevolemente. E piaccendogli la stanza di Firenze per l'agio dell'acqua, e
per la sana aria, e che la corte avea ogni agiamento, sì ordinò di soggiornare
e di fare la state in Firenze. E trovando lui che sì buona città, com'era
Firenze, era guasta per cagione delle parti, che n'erano fuori i Ghibellini,
volle che tornassono in Firenze, e facessono pace co' Guelfi, e così fu fatta;
e a dì II di luglio nel detto anno il detto papa co' suoi cardinali, e col re
Carlo, e col detto imperadore Baldovino, e con tutta la baronia e gente della
corte, e congregato il popolo di Firenze nel greto d'Arno a piè del capo del
ponte Rubaconte, fatti in quello luogo grandi pergami di legname ove stavano i
detti signori, in presenzia di tutto il popolo diede sentenzia, sotto pena di
scomunicazione chi la rompesse, e sopra la differenzia ch'era tra la parte
guelfa e la ghibellina, faccendo basciare in bocca i sindachi di ciascuna
parte, e fare pace, e dare mallevadori e stadichi; e tutte le castella che'
Ghibellini teneano renderono in mano del re Carlo, e gli stadichi ghibellini
andarono in Maremma a la guardia del conte Rosso. La qual pace poco durò, sì
come appresso faremo menzione. E quello dì il detto papa fondò la chiesa di
Santo Gregorio, e per lo suo nome così la titolòe, la qual feciono fare quegli
della casa de' Mozzi, i quali erano mercatanti del papa e della Chiesa, e in
picciolo tempo venuti in grande ricchezza e stato, e ne' loro palagi in capo
del ponte Rubaconte di là da Arno abitò il detto papa, mentre soggiornò in
Firenze; e lo re Carlo abitò al giardino de' Frescobaldi, e lo 'mperadore
Baldovino al vescovado. Ma al quarto dì appresso il papa si partì di Firenze, e
andonne a soggiornare in Mugello col cardinale Attaviano ch'era della casa
degli Ubaldini, da' quali fu ricevuto, e fatto grande onore. Alla fine della
state si partì il papa, e' suo' cardinali, e il re Carlo, e andarne oltremonti
a Leone sopra Rodano in Borgogna. E la cagione perché il papa si partì così
tosto di Firenze si fu che avendo fatti venire in Firenze i sindachi della
parte ghibellina, e fattigli basciare in bocca pace faccendo, come detto avemo,
co' sindachi de' Guelfi, e rimasi in Firenze per dare compimento a' contratti
della pace, e tornando ad albergo a casa i Tebalducci in Orto Sammichele, o
vero o non vero che fosse, a·lloro fu detto che 'l maliscalco del re Carlo a
petizione de' grandi Guelfi di Firenze gli farebbe tagliare per pezzi, se non
si partissono di Firenze. Alla quale cagione diamo fede per la iniquità delle
parti; e incontanente si partirono di Firenze, e andarsene, e fu rotta la detta
pace; onde il papa si turbò forte, e partissi di Firenze lasciando la città
interdetta, e andonne, come detto avemo, in Mugello; e col re Carlo per questa
cagione rimase in grande isdegno.
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