LVII
Come fu il trattato e tradimento che l'isola di Cicilia fosse
rubellata al re Carlo.
Ne' detti tempi, cioè negli anni di Cristo MCCLXXVIIII, lo re Carlo re di
Gerusalem e di Cicilia era il più possente re e il più ridottato in mare e in
terra, che nullo re de' Cristiani; e per lo suo grande stato e signoria imprese
(a petizione dello imperadore Baldovino suo genero, il quale era stato
scacciato dello 'mperio di Gostantinopoli per Paglialoco imperadore de' Greci)
di fare uno grande passaggio e maraviglioso per prendere e conquistare il detto
imperio, con intendimento ch'avendo lo 'mperio di Gostantinopoli assai gli era
appresso di raquistare Gerusalem e la Terrasanta; e ordinò e mise in concio
d'armare più di C galee sottili di corso, e XX navi grosse; e fece fare CC
uscieri da portare cavagli, e più altri legni passaggeri grande numero. E
coll'aiuto e moneta della Chiesa di Roma, e col tesoro, che·ll'avea grandissimo,
e coll'aiuto del re di Francia, invitò alla detta impresa tutta la buona gente
di Francia e d'Italia; e' Viniziani col loro isforzo vi doveano venire; e lo re
col detto navilio, e con XL conti, e con Xm cavalieri dovea e s'apparecchiava
di fare il detto passaggio il seguente anno avenire. E di certo gli venia fatto
sanza riparo o contasto niuno, che 'l Paglialoco nonn-avea podere, né in mare
né in terra, di risistere alla potenzia e apparecchiamento del re Carlo, e già
grande parte della Grecia era sollevata a rubellazione. Avenne, come piacque
a·dDio, che fu sturbata la detta impresa per abattere la superbia de'
Franceschi, ch'era già tanto montata in Italia per le vittorie del re Carlo,
che' Franceschi teneano i Ciciliani e' Pugliesi per peggio che servi,
isforzando e villaneggiando le loro donne e figlie; per la qual cosa molta di
buona gente del Regno e di Cicilia s'erano partiti e rubellati, intra' quali fu
per la sudetta cagione di sua mogliera e figlia a·llui tolte, e morto il
figliuolo che·lle difendea, uno savio e ingegnoso cavaliere e signore stato
dell'isola di Procita, il qual si chiamava messer Gianni di Procita. Questi per
suo senno e industria si pensò di sturbare il detto passaggio, e di recare la
forza del re Carlo in basso stato, e in parte gli venne fatto; ch'egli
segretamente andò in Gostantinopoli al Paglialoco imperadore per due volte, e
mostrogli il pericolo che gli venia adosso per la forza del re Carlo e dello
imperadore Baldovino coll'aiuto della Chiesa di Roma, e s'egli volesse credere
e dispendere del suo avere e tesoro, disturberebbe i·detto passaggio, faccendo
rubellare l'isola di Cicilia al re Carlo coll'aiuto de' rubelli di Cicilia, e
cogli altri signori dell'isola, i quali nonn-amavano il re Carlo né·lla
signoria de' Franceschi, e collo aiuto e forza del re d'Araona, mostrandogli
ch'egli imprenderebbe la bisogna per lo retaggio di sua mogliera, figliuola
ch'era stata dello re Manfredi. Il Paglialoco, tutto che ciò gli paresse
impossibile, conoscendo la potenzia del re Carlo, e com'era ridottato più
ch'altro signore, quasi come disperato d'ogni salute e soccorso, seguì il
consiglio del detto messer Gianni, e fecegli lettere come gli ordinò il detto
messer Gianni, e mandò co·llui in ponente suoi ambasciadori con molti ricchi gioelli,
e di moneta gran tesoro. E arrivando messer Gianni cogli ambasciadori del
Paglialoco sagretamente in Cicilia, e' scoperse il detto trattato a messere
Alamo da Lentino, e a messere Palmieri Abate, e a messer Gualtieri di
Catalagirona, i maggiori baroni dell'isola, gli quali non amavano lo re Carlo
né sua signoria; e da' detti prese lettere a lo re di Raona, raccomandandosi
che per Dio gli traesse di servaggio, e promettendo di volerlo per loro
signore. E ciò fatto, il detto messer Gianni venne in corte di Roma sconosciuto
a guisa di frate minore, e tanto adoperò, ch'egli parlò a papa Niccola III
degli Orsini al segreto a uno suo castello che si chiamava Soriana, e
manifestogli il suo trattato; e da parte del Paglialoco, raccomandandolo alla
sua signoria, e presentò a·llui e a messer Orso del suo tesoro riccamente,
secondo che per gli più si disse e si trovò la verità, commovendolo
segretamente colla detta moneta contro al re Carlo. E con questo agiunse
cagione, perché lo re Carlo non s'era voluto imparentare co·llui, come adietro
facemmo menzione; onde il detto papa in segreto e palese sempre adoperò contro
al re Carlo, mentre visse in sul papato, e sturbò quello anno il detto
passaggio di Gostantinopoli, non ategnendo al re Carlo l'aiuto e promessa di moneta
e d'altro che gli avea fatta la Chiesa. E ciò fatto, il detto messer Gianni
avute le lettere del detto papa con segreto suggello al re di Raona,
promettendogli la signoria di Cicilia, vegnendola a conquistare, si partì
messer Gianni di corte e andonne in Catalogna allo re di Raona; e ciò fu l'anno
MCCLXXX. E giunto messer Gianni al re Piero di Raona colle lettere del papa ove
gli promettea il suo aiuto, e le lettere de' baroni di Cicilia ove prometteano
di rubellare l'isola, e le promesse di Paglialoco, sì accettò sagretamente di
fare la 'mpresa; e rimandò adietro messer Gianni e gli altri ambasciadori, che
sollecitassono di dare ordine alle cose, e di fare venire la moneta per fornire
sua armata. Ma in questo mezzo isturbò molto l'opera la morte di papa Niccola,
che morì l'agosto vegnente, come apresso faremo menzione.
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