LX
Come il detto re d'Araona s'apparecchiò di fare sua armata, e come il
papa gliele mandò difendendo.
Lo re Piero di Raona com'ebbe fatto il saramento della sopradetta impresa,
e ricevuta la moneta, la quale fu XXXm once d'oro, sanza maggiore quantità che
gli promise il Paglialoco, venuto lui in Cicilia, fece di presente
apparecchiare galee e navilio, e dando soldo a' cavalieri e marinari
largamente; e diede boce e levò stendale d'andare sopra i Saracini. Divolgata
la boce e la fama di suo apparecchiamento, il re Filippo di Francia, il quale
avea avuto per moglie la serocchia del detto re d'Araona, mandò a·llui suoi
ambasciadori per sapere in che paese e sopra quali Saracini andasse,
promettendoli aiuto di gente e di moneta; il quale re Piero non gli volle
manifestare sua impresa, ma ch'egli di certo andava sopra i Saracini, il luogo
e dove non volea manifestare, ma tosto si saprebbe per tutto il mondo; ma
domandogli aiuto di libbre XLm di buoni tornesi, e lo re di Francia gliele
mandò incontanente. E conoscendo il re di Francia che il re Piero d'Araona era
ardito e di gran cuore, ma, come Catalano, di natura fellone, e per la coperta
risposta, mandò a·ddire incontanente, e per suoi ambasciadori il fece assapere
al suo zio lo re Carlo in Puglia, ch'egli si prendesse guardia di sue terre. Lo
re Carlo incontanente venne a corte a papa Martino, e fecegli assapere della
'mpresa del re d'Araona, e quello che il re Filippo di Francia gli aveva
mandato a·ddire; per la qual cosa il papa incontanente mandò al re d'Araona suo
ambasciadore uno savio uomo, frate Jacopo de' predicatori, per volere sapere in
qual parte sopra i Saracini andasse, che volea pur sapere, però che·lla Chiesa
gli volea dare aiuto e favore, e era impresa che molto toccava alla Chiesa; e
oltre a·cciò mandandogli comandando che non andasse sopra niuno fedele
Cristiano. Il quale ambasciadore giunto in Catalogna, e disposta sua
ambasciata, lo re ringraziò molto il papa della larga proferta, raccomandandosi
a·llui; ma di sapere in qual parte andasse, al presente in nulla guisa il potea
sapere; e sopra ciò disse uno motto molto sospetto, che se·ll'una delle sue
mani il manifestasse all'altra, ch'egli la taglierebbe. Non potendo
l'ambasciadore del papa avere altra risposta, si tornò in corte, e dispuose al
papa e al re Carlo la risposta del re di Raona, la quale ispiacque assai a papa
Martino. Lo re Carlo, ch'era di sì grande cuore e teneasi sì possente, poco o
niente ne curò, ma per dispetto disse a papa Martino: “Non vi diss'io che Piero
d'Araona era uno fellone briccone?”. Ma non si ricordò lo re Carlo del
proverbio del comune popolo che dice: “Se t'è detto "Tu hai meno il naso',
ponviti la mano”; anzi si diede a non calere, e non si mise a sentire i
trattati e tradimenti che si faceano in Cicilia per messer Gianni di Procita, e
per gli altri baroni ciciliani; ma cui Idio vuole giudicare, è apparecchiato
chi fa tosto l'esecuzione.
|