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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo primo
    • Libro ottavo
      • LXI     Come e per che modo si rubellò l'isola di Cicilia al re Carlo.
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LXI

 

 

Come e per che modo si rubellò l'isola di Cicilia al re Carlo.

 

Negli anni di Cristo MCCLXXXII, i·llunedì di Pasqua di Risoresso, che fu a XXX di marzo, sì come per messer Gianni di Procita era ordinato, tutti i baroni e' caporali che teneano mano al tradimento furono nella città di Palermo a pasquare. E andandosi per gli Palermitani, uomini e femmine, per comune a cavallo e a piè alla festa di Monreale fuori della città per tre miglia (e come v'andavano quelli di Palermo, così v'andavano i Franceschi, e il capitano del re Carlo a diletto), avenne, come s'adoperò per lo nimico di Dio, ch'uno Francesco per suo orgoglio prese una donna di Palermo per farle villania: ella cominciando a gridare, e la gente era tenera, e già tutto il popolo commosso contra i Franceschi, per famigliari de' baroni dell'isola si cominciò a difendere la donna, onde nacque grande battaglia tra' Franceschi e' Ciciliani, e furonne morti e fediti assai d'una parte e d'altra; ma il peggiore n'ebbono quegli di Palermo. Incontanente tutta la gente si ritrassono fuggendo alla città, e gli uomini ad armarsi, gridando: “Muoiano i Franceschi!”. Si raunavano in su la piazza, com'era ordinato per gli caporali del tradimento, e combattendo al castello il giustiziere che v'era per lo re, e lui preso e ucciso, e quanti Franceschi furono trovati nella città furono morti per le case e nelle chiese, sanza misericordia niuna. E ciò fatto, i detti baroni si partirono di Palermo, e ciascuno in sua terra e contrada feciono il somigliante, d'uccidere tutti i Franceschi ch'erano nell'isola, salvo che in Messina s'indugiarono alquanti a ribellarsi; ma per mandato di quegli di Palermo, contando le loro miserie per una bella pistola, e ch'egli doveano amare libertà e franchigia e fraternità co·lloro, sì·ssi mossono i Missinesi a ribellazione, e poi feciono quello e peggio che' Palermitani contra' Franceschi. E trovarsene morti in Cicilia più di IIIIm, e nullo non potea nullo scampare, tanto gli fosse amico, come amasse di perdere sua vita; e se l'avesse nascoso, convenia che 'l rassegnasse o uccidesse. Questa pestilenzia andò per tutta l'isola, onde lo re Carlo e sua gente ricevettono grande dammaggio di persone e d'avere. Queste contrarie e ree novelle l'arcivescovo di Monreale incontanente le fece assapere al papa e al re Carlo per suoi messi.

 




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