LXV
Come lo re Carlo si puose a oste a Messina per mare e per terra.
Lo re Carlo ordinata sua oste a Napoli per andare in Cicilia, tutta sua
cavalleria e gente a piè mandò per terra in Calavra alla Catona incontra a
Messina, il Faro in mezzo, e lo re n'andò a Brandizio, ov'era in concio il suo
navilio, il quale avea apparecchiato più tempo dinanzi per passare in
Gostantinopoli, e furono CXXX tra galee, e uscieri, e legni grossi, sanza gli
altri legni di servigio, che furono in grande quantità; e di Brandizio sì
partirono col detto navilio, e giunse incontra Messina a dì VI di luglio, gli
anni di Cristo MCCLXXXII, e puosesi a campo da la parte di Tavermena a Santa
Maria di Rocca Maiore; e poi ne venne a le Paliare, assai presso alla città di
Messina, e il navilio nel Fare incontro al porto. E fu lo re con più di Vm
uomini a cavallo tra Franceschi, e Provenzali, e Italiani, e popolo sanza numero.
E ciò veggendo i Missinesi impaurirono forte, veggendosi abandonati d'ogni
salute, e la speranza del soccorso del re d'Araona pareva loro lunga e vana, sì
mandarono incontanente loro ambasciadori nel campo al re Carlo e al legato,
pregandogli per Dio che perdonasse il loro misfatto, e avesse di loro
misericordia, e mandasse per la terra. Lo re insuperbito no·lli volle torre a
misericordia, che di certo a queto avea la terra e poi tutta l'isola, però
ch'erano i Missinesi e Ciciliani isproveduti, e non ordinati a difensione, né
con nullo capitano; ma fellonescamente gli disfidò lo re a morte loro e' loro
figliuoli, siccome traditori della Chiesa di Roma e della corona, ch'elli si
difendessono, s'avessono podere, e mai con patti gli venissono innanzi; onde lo
re fallò troppo apo Idio, e in suo danno; ma a cui Iddio vuole male gli toglie
il senno. I Missinesi udendo la crudele risposta del re, non sapeano che·ssi
fare, e per IIII dì istettono in contesa tra·lloro d'arrendersi o di difendersi
con grande paura.
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