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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo primo
    • Libro ottavo
      • LXVI     Come la gente del re ebbono Melazzo, e come i Missinesi mandarono per lo legato per trattare accordo col re Carlo.
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LXVI

 

 

Come la gente del re ebbono Melazzo, e come i Missinesi mandarono per lo legato per trattare accordo col re Carlo.

 

Avenne in questa stanzia che lo re fece passare co suo' uscieri per lo Fare dinanzi a Messina il conte di Brenna e quello di Monforte con VIIIc cavalieri e più pedoni, dall'altra parte di Messina verso Melazzo, guastando il paese d'intorno. Per la qual cosa certi di quegli di Messina venendo al soccorso di Melazzo, e per non lasciargli prendere terra, con que' di Melazzo insieme furono sconfitti dalla gente del re Carlo, e furonne morti presso di mille, tra di Messina e di Melazzo, chi alla battaglia, e molti traffelando, fuggendo verso Messina; e fu presa la terra e castello di Melazzo per la gente del re. E come i Missinesi ebbono la detta novella, incontanente mandarono nel campo al legato cardinale, che per Dio venisse in Messina per acconciargli col re Carlo. Il legato venuto, v'entrò incontanente con grande buono volere per accordargli, e appresentò le lettere del papa al Comune di Messina, per le quali gli mandava molto riprendendo della follia fatta per loro contro allo re Carlo e sua gente; e questa fu la forma: “A' perfidi e crudeli dell'isola di Cicilia, Martino papa terzo quelle salute che voi sete degni, siccome corrompitori di pace, e de' Cristiani ucciditori, e spargitori del sangue de' nostri fratelli. A voi comandiamo che vedute le nostre lettere, dobbiate rendere la terra al nostro figliuolo e campione Carlo re di Gerusalem e Cicilia per autorità di santa Chiesa, e che dobbiate lui e noi ubbidire, siccome vostro legittimo signore; e se ciò non faceste, mettiamo voi scomunicati e interdetti secondo la divina ragione, anunziandovi giustizia spirituale”. E lette le dette lettere per lo legato cardinale, sì comandò che sotto pena di scomunicazione, e d'esser privati d'ogni benificio di santa Chiesa si dovessono accordare col re, e rendergli la terra, e ubbidirlo come loro signore e campione di santa Chiesa; e 'l detto legato con savie parole amonendogli e consigliandogli che ciò dovessono fare per lo loro migliore; per la qual cosa i Missinesi elessono XXX buoni uomini della città a trattare l'accordo col legato, e vennero a volere questi patti, cioè: “Che·llo re ci perdoni ogni misfatto, e noi gli renderemo la terra dandogli per anno quello che' nostri antichi davano al re Guiglielmo; e volemo signoria latina, e non FranceschiProvenzali, e sarello obbedienti e buoni fedeli”. I quali patti il legato mandò dicendo al re per lo suo camerlingo, pregandolo per Dio dovesse loro perdonare e prendere i detti patti, però che da poi saranno indurati e messisi alla difensione, ogni peggiorrebbe patti; ma avendo egli la terra con volontà de' cittadini medesimi, ogni gli potrebbe allargare: ed era sano e buono consiglio. Come lo re ebbe la detta risposta s'adirò forte, e disse fellonosamente: “I nostri suditi che contro a noi hanno servita morte domandano patti, e voglionne torre la signoria, e vogliommi rendere censo all'uso del re Guiglielmo, che quasi nonn-avea niente; non ne farei nulla; ma dapoi che al legato piacce, io perdonerò loro in questo modo, ch'io voglio di loro VIIIc stadichi quali io vorrò, e farne mia volontà, e tenendo da me quella signoria che a·mme piacerà, sì come loro signore, pagando quelle colte e dogane che sono usati; e se questo vogliono fare, sì 'l prendano, e se non, sì·ssi difendano”. La qual risposta fu molto biasimata da' savi; che se·llo re non gli avea voluti prendere a' primi patti, quando si puose all'asedio, ch'erano per lui più larghi e onorevoli, a' secondi fece fallo del doppio, e non considerò gli avenimenti e casi fortunosi ch'agli assedi delle terre possono avenire, e che avennerollui, come innanzi faremo menzione: onde fu esemplo, e sarà sempre a quegli che saranno, di prendere i patti che·ssi possono avere da' nemici, potendo avere la terra assediata. Ma cui vince il peccato universale della superbia e dell'ira in nullo caso può prendere buono consiglio.

 




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