LXVII
Come si ruppe il trattato dell'acordo ch'avea menato il legato dal re
Carlo a' Messinesi.
Come i lettori di Messina ebbono l'acerba risposta dal legato, che lo re
avea fatta al suo camerlingo, i detti XXX buoni uomini raunarono il popolo, e
feciolla loro manifesta, onde tutti come disperati gridando: “In prima mangiamo
i nostri figliuoli, che a questi patti ci arendiamo; che ciascuno di noi
sarebbe di quegli VIIIc ch'egli domanda: innanzi volemo tutti morire dentro
alla città nostra, colle mogli nostre e co' figliuoli, ch'andare morendo per
tormenti e pregioni in istrani paesi”. Come il legato vide i Missinesi così
male disposti a rendersi a lo re Carlo, fu molto cruccioso, e innanzi si
partisse gli pronunziò scomunicati e interdetti, e comandò a tutti i cherici
che infra 'l terzo dì si dovessono partire della terra, e protestò al Comune
che infra i XL dì dovessono mandare per sofficiente sindaco a comparire dinanzi
al papa, e ubbidire e udire sentenzia, e partissi della terra molto turbato.
|