LXX
Del parlamento che 'l re d'Araona tenne in Palermo per soccorrere la
città di Messina.
Quando il re Piero fu coronato in Palermo, fece grande parlamento sopra
ciò ch'avesse a·ffare, ove furono tutti i baroni dell'isola. I baroni veggendo
il picciolo podere del re d'Araona apo la grande potenzia del re Carlo, sì furono
molto isbigottiti, e feciono di loro parlatore messer Palmieri Abati, il quale
ringraziò molto lo re di sua venuta, e che·lla sua promessa era venuta bene
fornita, se fosse venuto con più gente d'arme, però che·llo re Carlo avea più
di Vm cavalieri e popolo infinito, e temiamo che Messina non sia già renduta,
sì era stretta di vivanda; e consigliava che·ssi raunasse gente, e si
richiedessono gli amici di tutte parti, sicché l'altre città e terre dell'isola
si potessono difendere. Come il re Piero intese il consiglio de' baroni di
Cicilia, ebbe grande dottanza, e parvegli esser in mal luogo, e pensò di
partirsi dell'isola, se il re Carlo o sua gente venisse verso Palermo. Avenne
che stando quello parlamento, al re d'Araona venne da Messina una saettia armata
con lettere, nelle quali si contenea che Messina era sì stretta di vivanda, che
non si potea tenere più di VIII giorni, e che gli piacesse di soccorrergli; se
non, sì·lli convenia di necessità arendere al re Carlo. Come lo re Piero ebbe
le dette novelle, le mostrò a' baroni, e domandò consiglio. Levossi messer
Gualtieri di Catalagirona, e disse che per Dio si soccorresse Messina, che
s'ella si perdesse, tutta l'isola e eglino tutti erano in grande pericolo e
aventura; e pareali che 'l re Piero con tutta sua gente cavalcasse verso
Messina pressovi a L miglia, per avventura lo re Carlo si leverà da oste.
Messer Gianni di Procita si levò, e poi disse che·llo re Carlo nonn-era garzone
che·ssi movesse per lieva lieva, “ma colla buona e grande cavalleria ch'ha seco
ci verrebbe incontro per la battaglia; ma parmi che il nostro re gli mandi suoi
messaggi a dirgli ch'egli si parta di sua terra, la quale gli scade per
retaggio di sua mogliera, e fugli confermata per la Chiesa di Roma per papa
Niccola terzo degli Orsini; e se ciò non vuole fare, il disfidi. Ciò fatto,
incontanente si mettessono in concio tutte le galee sottili, e che l'amiraglio
andasse su per lo Fare, prendendo trite e ogni legno di carico ch'a l'oste
portasse vittuaglia, e per questo modo con poco rischio e fatica asseccheremo
il re Carlo, e sua oste converrà si parta dall'asedio; e se rimane in terra,
egli e sua gente morranno di fame”. Incontanente per lo re e per tutti i baroni
fu preso il consiglio di messere Gianni, e furono mandati due cavalieri
catalani con lettere e coll'ambasciata assai oltraggiosa e villana, e questa fu
la forma della lettera.
|