LXXXVI
Come lo re Carlo e lo re Piero d'Araona s'ingaggiarono di combattere
insieme a Bordello in Guascogna per la tenza di Cicilia.
In questi tempi essendo lo re Carlo con tutta la sua baronia a corte di
Roma nella città di Roma, e dinanzi a papa Martino e a tutti i suoi cardinali
avea fatto appello di tradigione contro a Piero re d'Araona, il quale gli avea
tolta l'isola di Cicilia, e che il detto re Carlo era apparecchiato di provarlo
per battaglia, il detto re Piero mandati suo' ambasciadori alla detta corte a
contastare al detto appello, e a scusarsi di tradigione, e che ciò ch'avea
fatto era a·llui con giusto titolo, e che di ciò era apparecchiato di
combattere corpo a corpo col re Carlo in luogo comune; onde si prese concordia
sotto saramento in presenza del papa di fare la detta battaglia, ciascuno de'
detti re con C cavalieri, i migliori che sapessono scegliere, a Bordello in Guascogna,
sotto la guardia del balio, overo siniscalco, del re d'Inghilterra, di cui era
la terra; con patti, che quale de' detti re vincesse la detta battaglia avesse
di queto l'isola di Cicilia con volontà della Chiesa, e quelli che fosse vinto
s'intendesse per ricreduto e traditore per tutti i Cristiani, e mai non
s'apalesasse re, dispognendosi d'ogni onore. Per la qual cosa il detto re Carlo
si tenne molto per contento, disiderando la battaglia, e parendogli avere
ragione; e invitarsi a·llui de' migliori cavalieri del mondo d'arme per essere
alla detta battaglia, per parte più di Vc, e feciono apparecchio, la maggiore
parte Franceschi e Provenzali, e alcuno altro baccelliere d'arme nominato,
d'Alamagna, e d'Italia, e di Firenze se ne profersono assai. E simile al re
Piero d'Araona s'invitarono molti cavalieri, i più di suo paese, e alquanti
Spagnuoli, e alcuno Italiano di parte ghibellina, e alcuno Tedesco del
legnaggio di Soave; e il figliuolo del re di Morrocco saracino si proferse al
re d'Araona, e promise, se 'l volesse, di farsi Cristiano quello giorno. E
partissi di Cicilia, e lasciòvi don Giacomo suo secondo figliuolo per re, e
egli n'andò in Catalogna per essere a Bordello alla detta giornata. E 'l detto
re Carlo lasciò Carlo prenze suo figliuolo alla guardia del Regno, e partissi
di corte per andare a Bordello, e passò per Firenze a dì XIIII di marzo, nel
detto anno MCCLXXXII, e da' Fiorentini fu ricevuto con grande onore, e fece in
Firenze VIII cavalieri tra Fiorentini, e Lucchesi, e Pistolesi. E ciò fatto, se
n'andò a Lucca, e alla piaggia di Mutrone si ricolse in XVI galee armate venute
di Proenza, e andonne a Marsilia, e di là in Francia per esser a la detta
battaglia ordinata a Bordello. E dissesi, e fu manifesto, che·lla maggiore
cagione perché lo re d'Araona ingaggiò la detta battaglia, fu fatto per lui con
grande senno e per grande sagacità di guerra, per fare partire lo re Carlo
d'Italia, acciò che non andasse più con armata e sua oste sopra i Ciciliani,
però ch'egli era povero di moneta, e non poderoso al soccorso e riparo de'
Ciciliani contro a re Carlo e della Chiesa di Roma, e temea de' Ciciliani che
non si volgessono per paura o per altra cagione, però che non gli sentiva
costanti, e egli e sua gente Catalani erano ancora co·lloro salvatichi, come
nuovo signore e nuova gente. E così il savio provedimento gli venne fatto.
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