XCII
Come i Genovesi sconfissono i Pisani a la Meloria.
Negli anni di Cristo MCCLXXXIIII, del mese di luglio, i Pisani non
istanchi delle sconfitte avute da' Genovesi, come di sopra avemo fatta
menzione, feciono loro isforzo per vendicarsi delle 'ngiurie ricevute da'
Genovesi, e armarono, tra di loro genti e di soldati toscani e altri, da LXX
galee, onde fu amiraglio messer Benedetto Buzacherini, e andarono insino nel
porto di Genova, e in quello stettero, e balestrarono, com'altra volta aveano
fatto, quadrella d'argento, e feciono grande onta e soperchio a' Genovesi, e presono
più barche e altri legni, e rubarono e guastarono in più parti della riviera, e
con grande pompa e romore, essendo nel porto di Genova, richiesono i Genovesi
di battaglia. I Genovesi non ordinati né disposti alla battaglia, però
ch'aveano disarmate le loro galee, con leggiadra e signorile risposta feciono
loro iscusa, e dissono che perch'eglino combattessono co·lloro, e vincessongli
nel loro porto e contrada, non avrebbono fatta loro vendetta né sarebbe loro
onore, ma ch'eglino si tornassono al loro porto, e eglino si metterebbono in
concio, e sanza indugio gli verrebbono a vedere, e sarebbono signori della
battaglia. E così fu fatto, che' Pisani si partirono faccendo grandi grida, di
rimprocci e schernie de' Genovesi, e tornaronsi in Pisa. I Genovesi sanza
indugio niuno armarono CXXX tra galee e legni, e suso vi montarono tutta la
buona gente di Genova e della riviera, ond'era amiraglio messer Uberto Doria, e
del mese d'agosto vegnente vennero colla detta armata nel mare di Pisa. I
Pisani sentendo ciò, a grido e a romore entrarono in galee, chi a Porto Pisano,
e la podestà, e il loro amiraglio, e tutta la buona gente montarono in galee
tra' due ponti di Pisa in Arno. E levando il loro istendale con grande festa, e
essendo l'arcivescovo di Pisa in sul ponte parato con tutta la chericia per
fare all'armata la sua benedizione, la mela e la croce ch'era in su l'antenna
dello stendale cadde; onde per molti savi si recòe per mala agura del futuro
danno. Ma però non lasciarono, ma con grande orgoglio, gridando: “Battaglia,
battaglia!”, uscirono della foce d'Arno, e accozzarsi colle galee del porto, e
furono da LXXX tra galee e legni armati; e' Genovesi colla loro armata
aspettando in alto mare, s'affrontarono alla battaglia co' Pisani all'isoletta,
overo scoglio, il quale è sopra Porto Pisano, che si chiama la Meloria, e ivi
fu grande e aspra battaglia, e morìvi molta buona gente d'una parte e d'altra
di fedite, e d'anegati in mare. Alla fine, come piacque a·dDio, i Genovesi
furono vincitori, e' Pisani furono sconfitti, e ricevettono infinito dammaggio
di perdita di buone genti, che morti e che presi, bene XVIm uomini, e rimasono
prese XL galee de' Pisani, sanza l'altre galee rotte e profondate in mare; le
quali galee co' pregioni menarono in Genova, e sanza altra pompa, se non di
fare dire messe e processioni rendendo grazie a·dDio; onde furono molto
commendati. In Pisa ebbe grande dolore e pianto, che non v'ebbe casa né
famiglia che non vi rimanessero più uomini o morti o presi; e d'allora innanzi
Pisa non ricoverò mai suo stato né podere. E nota come il giudicio d'Iddio
rende giusti e debiti meriti e pene, e tutto che talora s'indugino e sieno
occulti a noi. Ma in quello luogo propio ove i Pisani sursono e anegarono in
mare i prelati e' cherici che venieno d'oltremonti a Roma al concilio l'anno
MCCXXXVII, come addietro facemmo menzione, ivi furono sconfitti e morti e
gittati in mare i Pisani da' Genovesi, come detto avemo. Lasceremo a·ddire
alquanto de' Pisani, e torneremo a quello che fu ne' detti tempi della guerra
di Cicilia dal re Carlo a quello d'Araona, ch'ancora ne surge materia.
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