XCVI
Come il prenze figliuolo del re Carlo fu condannato a morte da'
Ciciliani, e poi per la reina Gostanza mandato in Catalogna preso.
Nel detto anno partiti i detti cardinali legati di Cicilia, e perché
nonn-aveano potuto fare accordo, fortemente agravarono di scomuniche, e di
torre ogni benificio e grazie spirituali, a·re d'Araona e a' Ciciliani. Per
questa cagione e per la morte de·re Carlo que' di Messina si mossono a·ffurore,
e corsono alle pregioni dov'erano i Franceschi per uccidergli, e egli
difendendosi, i Missinesi misono fuoco nelle pregioni, e a grande dolore e
stento gli feciono morire. E fu bene giudicio di Dio, che l'orgoglio e superbia
de' Franceschi usata in Cicilia fosse pulita per così disordinata e furiosa
sentenzia de' Ciciliani, come fu a questa volta, e era suta alla rubellazione,
come addietro facemmo menzione. Dopo questo fatto tutte le terre di Cicilia
feciono sindaco con ordine, e congregati insieme di concordia, condannarono a
morte il prenze Carlo, il quale aveano in pregione, e che gli fosse tagliata la
testa, siccome lo re Carlo suo padre avea fatto a Curradino. Ma come piacque
a·dDio, la reina Gostanza moglie del re Piero d'Araona, la quale allora era in
Cicilia, considerando il periglio ch'al suo marito e a' suoi figliuoli poteva
avenire della morte del prenze Carlo, prese più sano consiglio, e disse a'
sindachi delle dette terre che nonn-era convenevole che·lla loro sentenzia
procedesse sanza la volontà del re Piero loro signore, ma le parea che 'l
prenze si mandasse a·llui in Catalogna, e egli come signore ne facesse a·ssua
volontà; e così fu preso, e poi fatto. Lasceremo di questa materia, e torneremo
a' fatti di Firenze.
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