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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo primo
    • Libro ottavo
      • CXXXI     Come i Fiorentini sconfissono gli Aretini a Certomondo in Casentino.
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CXXXI

 

 

Come i Fiorentini sconfissono gli Aretini a Certomondo in Casentino.

 

Nel detto anno e mese di maggio, tornata la cavalleria di Firenze da accompagnare il prenze Carlo, e col loro capitano messer Amerigo di Nerbona, per soperchi ricevuti dagli Aretini incontanente feciono bandire oste sopra la città d'Arezzo, e diedono loro insegne di guerra a XIII di maggio, e la 'nsegna reale ebbe messer Gherardo Ventraia de' Tornaquinci, e incontanente che furono date le portarono alla badia a Ripole, com'era usato, e le lasciarono con guardia, faccendo vista d'andare per quella via sopra la città d'Arezzo. E venuta l'amistà e fornita l'ordine, con segreto consiglio presono ordine e partito d'andare per la via di Casentino, e subitamente a II di giugno, sonate le campane a martello, si mosse la bene aventurosa oste de' Fiorentini, e le bandiere ch'erano a Ripole feciono passare Arno, e tennono la via del Ponte a Sieve, e accamparsi per attendere tutta gente in su Monte al Pruno, e si trovarono da MVIc cavalieri e da Xm pedoni, de' quali v'ebbe VIc cittadini con cavallate, i meglio armati e montati ch'uscissono anche di Firenze, e IIIIc soldati colla gente del capitano messer Amerigo al soldo de' Fiorentini; e di Lucca v'ebbe CL cavalieri, e di Pistoia LX cavalieri e pedoni, di Prato XL cavalieri e pedoni, e di Siena CXX cavalieri, e di Volterra XL cavalieri, e di Bologna loro ambasciadori co·lloro compagnia, e di Samminiato, e di San Gimignano, e di Colle, di ciascuna terra v'ebbe gente a cavallo e a piè; e Maghinardo da Susinana buono capitano e savio di guerra con suoi Romagnuoli. E raunata la detta oste, scesono nel piano di Casentino guastando le terre del conte Guido Novello, ch'era podestà d'Arezzo. Sentendo ciò il vescovo d'Arezzo, cogli altri capitani di parte ghibellina, che assai v'aveva de' nominati, presono partito di venire con tutta loro oste a Bibbiena, perché non ricevesse il guasto, e furono VIIIc cavalieri e VIIIm pedoni, molto bella gente, e di molti savi capitani di guerra ch'avea tra·lloro, che v'era il fiore de' Ghibellini di Toscana, della Marca, e del Ducato, e di Romagna, e tutta gente costumati in arme e in guerra; sì richiesono di battaglia i Fiorentini, non temendo perché i Fiorentini fossono due cotanti cavalieri di loro, ma dispregiandogli, dicendo che·ssi lisciavano come donne, e pettinavano le zazzere, e gli aveano a schifo e per niente. Bene ci fu anche cagione perché gli Aretini si misono a battaglia co' Fiorentini, essendo due cotanti cavalieri di loro, per tema d'uno trattato che 'l vescovo d'Arezzo avea tenuto co' Fiorentini, menato per messer Marsilio de' Vecchietti, di dare in guardia a' Fiorentini Bibbiena, Civitella, e tutte le castella del suo vescovado, avendo ogn'anno a sua vita Vm fiorini d'oro, sicuro in su la compagnia de' Cerchi. il quale trattato messer Guiglielmino Pazzo suo nipote isturbò, perché il vescovo non fosse morto da' caporali ghibellini; e però avacciarono la battaglia, e menarvi il detto vescovo, ov'egli rimase morto cogli altri insieme; e così fu pulito del suo tradimento il vescovo, ch'a un'ora trattava di tradire i Fiorentini e' suoi Aretini. E ricevuto per gli Fiorentini allegramente il gaggio della battaglia, di concordia si schierarono e affrontarono le due osti più ordinatamente per l'una parte e per l'altra, che mai s'affrontasse battaglia in Italia, nel piano a piè di Poppio nella contrada detta Certomondo, che così si chiama il luogo, e una chiesa de' frati minori che v'è presso, e in uno piano che·ssi chiama Campaldino; e ciò fu un sabato mattina, a XI del mese di giugno, il di santo Barnaba appostolo. Messer Amerigo e gli altri capitani de' Fiorentini si schierarono bene e ordinatamente, faccendo CL feditori de' migliori dell'oste, de' quali furono XX cavalieri novelli, che si feciono allora; e essendo messer Vieti de' Cerchi de' capitani, e malato di sua gamba, non lasciò perciò di volere essere de' feditori; e convenendoli eleggere per lo suo sesto, nullo volle di ciò gravare più che·ssi volesse di volontà, ma elesse sé e 'l figliuolo e' nipoti; la qual cosa gli fu messa in grande pregio, e per suo buono esemplo e per vergogna molti altri nobili cittadini si misono tra' feditori. E ciò fatto, fasciandogli di costa da ciascuna ala della schiera de' pavesari, e balestrieri, e di pedoni a lance lunghe, e la schiera grossa di dietro a' feditori ancora fasciata di pedoni, e dietro tutta la salmeria raunata per ritenere la schiera grossa, e di fuori della detta schiera misono CC cavalieri e pedoni Lucchesi e Pistolesi e altri forestieri, onde fu capitano messer Corso Donati, ch'allora era podestà de' Pistolesi, e ordinaro, che se bisognasse, fedisse per costa sopra i nemici. Gli Aretini dalla loro parte ordinarono saviamente loro schiere, però che v'avea, come detto avemo, buoni capitani di guerra, e feciono molti feditori in quantità di IIIc, intra' quali avea eletti XII de' maggiori caporali che si faceano chiamare i XII paladini. E dato il nome ciascuna parte alla sua oste, i Fiorentini: “Nerbona cavaliere”, e gli Aretini: “San Donato cavaliere”, i feditori degli Aretini si mossono con grande baldanza a sproni battuti a fedire sopra l'oste de' Fiorentini, e l'altra loro schiera conseguente appresso, salvo che 'l conte Guido Novello, ch'era con una schiera di CL cavalieri per fedire di costa, non s'ardì di mettere alla battaglia, ma rimase, e poi si fuggì a sue castella. E la mossa e assalire che feciono gli Aretini sopra i Fiorentini fu, stimandosi come valente gente d'arme, che per loro buona pugna di rompere alla prima affrontata i Fiorentini e mettergli in volta; e fu sì forte la percossa, che i più de' feditori de' Fiorentini furono scavallati, e la schiera grossa rinculò buon pezzo del campo, ma però non si smagaronoruppono, ma costanti e forti ricevettono i nemici; e coll'ale ordinate da ciascuna parte de' pedoni rinchiusono tra·lloro i nemici, combattendo aspramente buona pezza. E messer Corso Donati, ch'era di parte co' Lucchesi e Pistolesi, e avea comandamento di stare fermo, e non fedire, sotto pena della testa, quando vide cominciata la battaglia, disse come valente uomo: “Se noi perdiamo, io voglio morire nella battaglia co' miei cittadini; e se noi vinciamo, chi vuole vegna a noi a Pistoia per la condannagione”; e francamente mosse sua schiera, e fedì i nemici per costa, e fu grande cagione della loro rotta. E ciò fatto, come piacquedDio, i Fiorentini ebbono la vittoria, e gli Aretini furono rotti e sconfitti, e furonne morti più di MDCC tra a cavallo e a piè, e presi più di MM, onde molti ne furono trabaldati pur de' migliori, chi per amistà, e chi per ricomperarsi per danari; ma in Firenze ne vennero legati VIIcXL. Intra' morti rimase messer Guiglielmino degli Ubertini vescovo d'Arezzo, il quale fu uno grande guerriere, e messer Guiglielmino de' Pazzi di Valdarno e' suoi nipoti, il quale fu il migliore e 'l più avisato capitano di guerra che fosse in Italia al suo tempo, e morivvi Bonconte figliuolo del conte Guido da Montefeltro, e tre degli Uberti, e uno degli Abati, e due de' Griffoni da Fegghine, e più altri usciti di Firenze, e Guiderello d'Allessandro d'Orbivieto, nominato capitano, che portava la 'nsegna imperiale, e più altri. Dalla parte de' Fiorentini non vi rimase uomo morto di rinnomea, se non messer Guiglielmo Berardi balio di messer Amerigo di Nerbona, e messer Bindo del Baschiera de' Tosinghi, e Tici de' Visdomini; ma molti altri cittadini e forestieri furono fediti. La novella della detta vittoria venne in Firenze il giomo medesimo, a quella medesima ora ch'ella fu; che dopo mangiare essendo i signori priori iti a dormire e a riposarsi, per la sollecitudine e vegghiare della notte passata, subitamente fu percosso l'uscio della camera con grida: “Levate suso, che gli Aretini sono sconfitti!”; e levati, e aperto, non trovarono persona, e i loro famigliari di fuori non ne sentirono nulla; onde fu grande maraviglia e notabile tenuta, che innanzi che persona venisse dell'oste colla novella, fu ad ora di vespro. E questo fu il vero, ch'io l'udì e vidi, e tutti i Fiorentini s'amirarono onde ciò fosse venuto, e istavano in sentore. Ma quando giunsono coloro che venieno dell'oste, e raportarono la novella in Firenze, si fece grande festa e allegrezza; e poteasi fare per ragione, che alla detta sconfitta rimasono molti capitani e valenti uomini di parte ghibellina, e nemici del Comune di Firenze, e funne abbattuto l'orgoglio e superbia non solamente degli Aretini, ma di tutta parte ghibellina e d'imperio.

 




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