CXXXII
Come i Fiorentini assediarono e guastarono intorno la città d'Arezzo.
Avuta la detta vittoria il Comune di Firenze sopra quello d'Arezzo,
sonata colle trombe la ritratta della caccia dietro a' fuggiti, si schierò
l'oste de' Fiorentini in su il campo, e ciò fatto, se n'andarono a Bibbiena, e
quella ebbono sanza nullo contasto; e rubata e spogliata d'ogni sustanzia e di
molta preda, le feciono disfare le mura e le case forti infino alle fondamenta,
e più altre castelletta intorno, soggiornatovi VIII dì. Che se lo seguente dì
fosse l'oste de' Fiorentini cavalcata ad Arezzo, sanza niuno dubbio s'avea la
terra; ma in quello soggiorno gli scampati della battaglia vi ritornarono, e
de' contadini d'intorno vi fuggirono, e presono ordine al riparo e guardia
della terra. L'oste de' Fiorentini vi venne alquanti giorni appresso, e puosono
l'assedio intorno alla città, faccendo il guasto al continuo, e prendendo le
loro castella, che quasi tutte s'ebbono, quali per forza, e quali s'arrenderono
a patti; e molte ne feciono disfare i Fiorentini, e ritennero Castiglione
Aretino, e Montecchio, e Rondine, e Civitella, e Laterino, e Monte Sansavino. E
andarono in quella oste due de' priori di Firenze a provedere; e' Sanesi
vennero per comune molto isforzatamente, popolo e cavalieri, dopo la sconfitta
fatta, per racquistare loro terre prese per gli Aretini; e ebbono Licignano
d'Arezzo e Chiusura di Valdichiane a patti. E stando la detta oste de'
Fiorentini ad Arezzo, in sul vescovado vecchio, per XX dì, la guastarono tutta
intorno, e fecionvi correre il palio per la festa di san Giovanni, e rizzarvisi
più dificii, e manganarvisi asini colla mitra in capo, per dispetto e
rimproccio del loro vescovo; e ordinarvisi molte torri di legname e altri
ingegni per combattere la terra, e dandovisi aspra battaglia, grande pezza
dello steccato, che non v'avea allora altro muro da quella parte, fu arso e
abbattuto; e se i capitani dell'oste avessono ben fatto pugnare a' combattitori,
per forza s'avea la terra, ma quando doveano combattere, feciono sonare la
ritratta, onde furono abominati, che ciò fu fatto per guadagneria; per la qual
cosa il popolo e' combattitori amollati si ritrassono da' badalucchi e dalle
guardie; onde la notte vegnente quegli d'Arezzo uscirono fuori, e misero fuoco
in più torri di legname, e arsolle con molti altri dificii. E ciò fatto, i
Fiorentini perduta la speranza d'avere la terra per battaglia, per lo migliore
si partì l'oste, lasciando fornite le sopradette castella forti, perché
guerreggiassono al continuo la terra; e tornò l'oste in Firenze a dì XXIII di
luglio con grande allegrezza e triunfo, andando loro incontro il chericato a
processione, e' gentili uomini armeggiando, e 'l popolo colle insegne e
gonfaloni di ciascuna arte con sua compagnia, e recossi palio di drappo ad oro
sopra capo di messer Amerigo di Nerbona, portato sopra bigordi per più
cavalieri, e simile sopra messer Ugolino de' Rossi da Parma, ch'allora era
podestà di Firenze. E nota che tutta la spesa della detta oste si fornì per lo
nostro Comune per una libbra di libbre VI e soldi V il centinaio, che montò più
di XXXVIm di fiorini d'oro, sì era allora bene ordinato l'estimo della città e
del contado, con altre cose e rendite del Comune simiglianti bene ordinate.
Bene avenne che tornata la detta oste, i popolani ebbono sospetto de' grandi,
che per orgoglio della detta vittoria non gli gravassono oltre al modo usato; e
per questa cagione le VII arti maggiori si rallegarono con loro le V arti
consequenti, e feciono tra·lloro imporre arme, e pavesi, e certe insegne, e fu
quasi uno cominciamento di popolo, onde poi si prese la forma del popolo
che·ssi cominciò nel MCCLXXXXII, come innanzi fareno memoria. Della sopradetta
vittoria la città di Firenze esaltò molto, e venne in felice e buono stato, il
migliore ch'ella avesse avuto infino a quelli tempi; e crebbe molto di genti e
di ricchezze, ch'ognuno guadagnava d'ogni mercatantia, arte, o mestieri; e durò
in pacefico e tranquillo stato più anni appresso, ogni dì montando. E per
allegrezza e buono stato ogni anno per calen di maggio si faceano le brigate e
compagnie di genti giovani vestiti di nuovo, e faccendo corti coperte di
zendadi e di drappi, e chiuse di legname in più parti della città; e simile di
donne e di pulcelle, andando per la terra ballando con ordine, e signore
accoppiati, cogli stormenti e colle ghirlande di fiori in capo, stando in
giuochi e in allegrezze, e in desinari e cene.
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