LVI
De la grande e disaventurosa sconfitta che' Franceschi ebbono a
Coltrai da' Fiaminghi.
Dopo la detta rubellazione di Bruggia e morte de' Franceschi i maestri e'
capitani della Comune di Bruggia, parendo loro avere fatte e cominciate grandi
imprese, e grande misfatto contro a·re di Francia e sua gente, e considerando
di non potere per loro medesimi sostenere sì gran fascio, essendo sanza il loro
signore e sanza altro aiuto, sì mandarono in Brabante per lo giovane Guiglielmo
di Giulieri, fratello dell'altro messer Guiglielmo di Giulieri che morì per la
sconfitta di Fornes ad Arazzo in pregione del conte d'Artese, come adietro
facemmo menzione. Questo Guiglielmo era nato per madre della figliuola del
vecchio conte Guido di Fiandra, e figliuolo del conte di Giulieri di Valdireno,
ed era gran cherico. Sì tosto come fu richesto da que' di Bruggia, per vendicare
il suo fratello da' Franceschi, lasciò la chericia e venne in Fiandra, e da
que' di Bruggia fu ricevuto a grande onore, e fatto loro signore. Incontanente
fece gridare oste sopra la villa e terra di Guanto, che si tenea per lo re; ma
la terra era forte de le più del mondo per sito e per mura, fossi, e riviere, e
paduli, sicché il loro assalto fue invano; onde si partirono e andarono a le
terre del Franco di Bruggia de le marine di Fiandra, e quelle quasi tutte con
poca fatica recaro in loro signoria, come fu le Schiuse, Nuovoporto, Berghe, e
Fornes, e Gravalingua, e più altre ville; onde gran popolo crebbe a que' di
Bruggia. E ciò sentendo il giovane Guido figliuolo del conte di Fiandra della
seconda donna, nato della contessa di Namurro, venne in Fiandra, e accozzossi
con Guiglielmo di Giulieri suo nipote, e furono insieme fatti signori e
guidatori del popolo di Fiandra ribello del re di Francia; e tornando da le
terre delle marine, ebbono a patti Guidendalla, il ricco maniere del conte, ove
avea più di Vc Franceschi. E ciò fatto, venne messer Guido a oste sopra Coltrai
con XVm di Fiaminghi a piè, e ebbe la terra, salvo il castello del re, ch'era
molto forte e guernito de' Franceschi a cavallo e a piè. Guiglielmo di Giulieri
andòe all'assedio al castello di Cassella con parte dell'oste, e in questa
istanza quegli della terra d'Ipro e di Camua di loro volontà s'arendero a
messer Guido di Fiandra, onde crebbe gran podere a' Fiaminghi, e ingrossossi
l'oste a Coltrai. Quegli del castello che v'erano per lo re, si difendeano
francamente, e co·lloro ingegni e difici disfeciono e arsono gran parte della
terra di Coltrai; ma per lo improviso assedio de' Fiamminghi non erano guerniti
di vittuaglia quanto bisognava loro; e però mandarono in Francia al re per soccorso
tostano, onde il re sanza indugio vi mandò il buono conte d'Artese suo zio e de
la casa di Francia, con più di VIIm cavalieri gentili uomini, conti, e duchi, e
castellani, e banderesi, onde de' caporali fareno menzione, e con XLm sergenti
a piè, de' quali erano più di Xm balestrieri. E giunti sopra il colle il quale
è di contro a Coltrai, verso la via che va a Tornai, in su quello s'acamparono,
presso del castello a mezzo miglio. E per fornire le spese della cominciata
guerra di Fiandra lo re di Francia, per male consiglio di messer Biccio e
Musciatto Franzesi nostri contadini, sì fece peggiorare e falsificare la sua
moneta, onde traeva grande entrata, però che ella venne peggiorando di tempo in
tempo, sì che la recò a la valuta del terzo, onde molto ne fu abominato e
maldetto per tutti i Cristiani; e molti mercatanti e prestatori di nostro paese
ch'erano co·lloro moneta in Francia ne rimasono diserti. Il buono e valente
giovane messer Guido di Fiandra, veggendo l'esercito de' Franceschi a cavallo e
a piè che gli erano venuti adosso, e conoscendo ch'egli non potea schifare la
battaglia, o abandonare la terra di Coltrai e l'assedio del castello, e
lasciandolo e tornando a Bruggia col suo popolo era morto e confuso, sì mando
per messer Guiglielmo di Giulieri ch'era all'assedio di Cassella che lasciasse
l'assedio, e colla sua oste venisse a·llui, e così fu fatto; e trovarsi insieme
con XXm uomini a piè, che nullo v'avea cavallo per cavalcare se non i signori.
E diliberato al nome di Dio e di messer san Giorgio di prendere la battaglia,
uscirono della terra di Coltrai, e levarono il loro campo, ch'era di là dal
fiume de la Liscia, e passarono in su uno rispianato poco di fuori della terra,
per lo cammino che va a Guanto, e quivi si schieraro incontro a' Franceschi; ma
segacemente presono vantaggio, che a traverso di quella pianura corre uno fosso
che raccoglie l'acque della contrada e mette nella Liscia, il quale è largo il
più V braccia e profondo III, e sanza rilevato che si paia di lungi, che prima
v'è altri su, che quasi s'acorga che v'abbia fossato. In su quello fosso dal
loro lato si schieraro a modo d'una luna come andava il fosso, e nullo rimase a
cavallo, ma ciascuno a piè, così i signori e' cavalieri come la comune gente,
per difendersi da la percossa delle schiere de' cavalli de' Franceschi, e
ordinarsi uno con lancia (che l'usano ferrate, tegnendole a guisa che si tiene
lo spiedo a la caccia del porco salvatico), e uno con uno grande bastone
noderuto come manica di spiedo, e dal capo grosso ferrato e puntaguto, legato
con anello di ferro da ferire e da forare; e questa salvaggia e grossa armadura
chiamano godendac, cioè in nostra lingua buono giorno. E così aringati uno ad
uno, che altre poche armadure aveano da offendere o da difendere, come genti
povere e non usi in guerra, come disperati di salute, considerando il grande
podere de' loro nimici, si vollono innanzi conducere a morire al campo, che
fuggire e essere presi e per diversi tormenti giudicati: feciono venire per
tutto il campo uno prete parato col corpo di Cristo, sì che ciascuno il vide, e
in luogo di comunicarsi, ciascuno prese uno poco di terra e si mise in bocca.
Messer Guido di Fiandra e messer Guiglielmo di Giulleri andavano dinanzi a le
schiere confortandogli e amonendo di ben fare, ricordando loro l'orgoglio e
superbia de' Franceschi, e 'l torto che faceano a' loro signori e a·lloro, e a
quello che verrebbono per le cose fatte per loro, se' Franceschi fossono
vincitori; e mostrando loro ch'essi combatteano per giusta causa, e per iscampare
loro vita e di loro figliuoli, e che francamente dovessero principalmente
intendere pure amazzare e fedire i cavalli. E messer Guido di sua mano in su 'l
campo fece cavaliere il valente Piero le Roi con più di XL de la Comune,
promettendo, se vincessono, a ciascuno dare retaggio di cavaliere. Il conte
d'Artese capitano e duca dell'oste de' Franceschi, veggendo i Fiamminghi usciti
a campo, fece stendere il campo suo, e scese più al piano contro a' nemici, e
ordinò i suoi in X schiere in questo modo: che de la prima fece guidatore
messer Gianni di Barlas con MCCCC cavalieri soldati, Provenzali, Guasconi,
Navarresi, Spagnuoli, e Lombardi, molto buona gente; de la seconda fece
conduttore messere Rinaldo d'Itria valente cavaliere con Vc cavalieri; la terza
schiera fu di VIIc cavalieri, onde fu capitano messer Rau di Niella,
conestabile di Francia; la quarta battaglia fu di VIIIc cavalieri, la quale
guidava messer Luis di Chiermonte della casa di Francia; la quinta, il conte
d'Artese generale capitano con M cavalieri; la sesta, il conte di San Polo con
VIIc cavalieri; la settima, il conte d'Albamala, e il conte di Du, e il
ciamberlano di Francavilla con M cavalieri; l'ottava, messer Ferri figliuolo
del duca de·Loreno, e il conte di Sassona con VIIIc cavalieri; la nona
battaglia guidava messer Gottifredi fratello del duca di Brabante, e messer
Gianni figliuolo del conte d'Analdo con Vc cavalieri brabanzoni e anoieri; la
decima fu di CC cavalieri e di Xm balestrieri, la quale guidava messere Giache
di san Polo con messer Simone di Piemonte e Bonifazio di Mantova, con più
d'altri XXXm sergenti d'arme a piè, Lombardi, Franceschi, e Provenzali, e
Navarresi, detti bidali, con giavellotti. Questa fu la più nobile oste di buona
gente che mai facesse il detto re di Francia, dov'era il fiore de la baronia e
baccelleria de' cavalieri de·reame di Francia, di Brabante, d'Analdo, e di
Valdireno. Essendo aringate le battaglie dell'una parte e dell'altra per
combattere, messer Gian di Burlas, e messer Simone di Piemonte, e Bonifazio,
capitani di soldati e balestrieri forestieri, molto savi e costumati di guerra,
furono al conastabole e dissono: “Sire, per Dio lasciamo vincere questa
disperata gente e popolo di Fiaminghi sanza volere mettere a pericolo il fiore
della cavalleria del mondo. Noi conosciamo i costumi de' Fiaminghi: e' sono
usciti di Coltrai come disperati d'ogni salute, o per combattere o per
fuggirsi, e sono acampati di fuori, e lasciato nella terra i loro poveri arnesi
e vivanda. Voi starete schierati co la vostra cavalleria, e noi co' nostri
soldati che sono usi di fare assalti e correrie, e co' nostri balestrieri, e
cogli altri pedoni, che n'avemo due cotanti di loro, enterremo tra loro e la
terra di Coltrai, e gli assaliremo da più parti, e terregli in badalucchi e scheremugi
gran parte del dì. I Fiaminghi sono di grande pasto, e tutto dì sono usi di
mangiare e di bere; tegnendoli noi in bistento e digiuni, gli straccheremo, e
non potranno durare, perché non si potranno rinfrescare; si partiranno del
campo a rotta da·lloro schiere, e come voi vedrete ciò, spronate loro adosso
con vostra cavalleria, e avrete la vittoria sanza periglio di vostra gente”. E
di certo così veniva fatto, ma a cui Idio vuole male gli toglie il senno, e per
le peccata commesse si mostra il giudicio di Dio; e intra gli altri peccati il
conte d'Artese avea dispregiate le lettere di papa Bonifazio, e con tutte le
bolle gittate nel fuoco. Udito questo consiglio il conastabole, sì gli piacque
e parve buono, e venne co' detti conostaboli al conte d'Artese, e dissegli il
consiglio, e come gli parea il migliore. Il conte d'Artese rispuose per
rimproccio: “Pru diable, ce sont de guiglie di Lombars, e vos conostable aves
ancore du pol del lu”; cioè volle dire ch'e' non fosse leale al re, perché la
figliuola era moglie di messer Guiglielmo di Fiandra. Allora il conestabole
irato per lo rimproccio udito, disse al conte: “Sire, se vos verres u gie irai
vos ires bene avant”. E come disperato, stimandosi d'andare a la morte, fece
muovere sue bandiere, e brocciò a·ffedire francamente, non prendendosi guardia,
né sappiendo del fosso a traverso dov'erano schierati i Fiamminghi, come
adietro facemmo menzione. E giugnendo sopra il detto fosso, i Fiamminghi
ch'erano dall'una parte e dall'altra cominciarono a fedire di loro bastoni
detti godendac a le teste de' destrieri, e facevagli rivertire e ergere
adietro. Il conte Artese e l'altre schiere e battaglie de' Franceschi, veggendo
mosso a fedire il conastabole con sua gente, il seguiro l'uno appresso l'altro
a sproni battuti, credendo per forza de' petti de' loro cavalli rompere e
partire la schiera de' Fiamminghi; a·lloro avenne tutto per contrario, che per
lo pingere e urtare, i cavagli dell'altre schiere per forza pinsono il
conostabole, e il conte Artese, e sua schiera a traboccare nel detto fosso
l'uno sopra l'altro; e 'l polverio era grande, che que' di dietro non poteano
vedere, né per lo romore de' colpi e grida intendere i·loro fallo, né·lla
dolorosa isventura di loro feditori; anzi credendo ben fare pignevano pure innanzi
urtando i loro cavagli, per modo ch'eglino medesimi per l'ergere e cadere di
loro cavagli l'uno sopra l'altro s'afollavano, e faceano affogare e morire gran
parte, o i più, sanza colpo di ferri, o di lance, o di spade. I Fiamminghi
ch'erano aserrati e forti in su la proda del fosso, veggendo traboccare i
Franceschi e' loro cavagli, non intendeano ad altro che amazzare i cavalieri,
e' loro cavagli isfondare e isbudellare, sicché in poco d'ora non solamente fu
ripieno il fosso d'uomini e di cavagli, ma fatto gran monte di carogna di
quegli. Ed era sì fatto giudicio, che' Franceschi non poteano dare colpo a'
loro nemici, ma eglino medesimi afollavano, e uccideano l'uno l'altro per lo
pignere che faceano, credendo per urtare rompere i Fiaminghi. Quando i
Franceschi furono quasi tutte loro schiere radossati l'uno sopra l'altro, e
confusi per modo che per loro medesimi convenia o che traboccassono co' loro
cavagli, o fossono sì stretti e annodati a schiera che non si poteano reggere,
né andare innanzi né tornare adietro, i Fiaminghi ch'erano freschi, e poco
travagliati i capi de' corni de la loro schiera, onde dell'uno era capitano
messer Guido di Fiandra, e dell'altro messer Guiglielmo di Giulieri, gli quali
in quello giorno feciono maraviglie d'arme di loro mano, essendo a piè, passaro
il fosso, e rinchiusono i Franceschi, per modo che uno vile villano era signore
di segare la gola a' più gentili uomini. E per questo modo furono sconfitti e
morti i Franceschi, che di tutta la sopradetta nobile cavalleria non iscampò se
non messer Luis di Chiermonte, e il conte di San Polo, e quello di Bologna con
pochi, perché si disse che non si strinsono al fedire; onde sempre portarono
poi grande onta e rimproccio in Francia. Tutti gli altri duchi, conti, e
baroni, e cavalieri furono morti in su il campo, e alquanti fuggendo per le
fosse e maresi morti furono; in somma più di VIm cavalieri, e di pedoni a piè
sanza numero, rimasono morti a la detta battaglia sanza menarne nullo a
pregione. E questa dolorosa e sventurata sconfitta de' Franceschi fue il dì di
santo Benedetto, a dì XI di luglio, gli anni di Cristo MCCCII; e non sanza
grande giudicio divino, però che fu quasi uno impossibile avenimento. E bene ci
cade la parola che Dio disse al popolo suo d'Israel, quando la potenzia e
moltitudine di loro nimici venia loro adosso, i quali erano con piccola forza
a·lloro comparazione, e temendo di combattere, disse: “Combattete francamente,
ché la forza della battaglia nonn-è solo ne la moltitudine de le genti, anzi è
in mia mano, però ch'io sono lo Idio Sabaoth, cioè lo Idio dell'oste”. Di
questa sconfitta abassò molto l'onore, e lo stato, e fama de l'antica nobilità
e prodezza de' Franceschi, essendo il fiore della cavalleria del mondo
isconfitta e abbassata da' loro fedeli, e la più vile gente che fosse al mondo,
tesserandi, e folloni, e d'altre vili arti e mestieri, e non mai usi di guerra,
che per dispetto e loro viltade da tutte le nazioni del mondo i Fiaminghi erano
chiamati conigli pieni di burro; e per queste vittorie salirono in tanta fama e
ardire, ch'uno Fiamingo a piè con uno godendac in mano avrebbe atteso due
cavalieri franceschi.
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