LVIII
Come lo re di Francia rifece sua oste, e con tutto suo podere venne
sopra i Fiaminghi; e tornossi in Francia con poco onore.
Dopo la detta sconfitta di Coltrai incontanente s'arrendero a messer
Guido di Fiandra quegli di Guanto, e que' di Lilla, e Doai, e Cassella, sì che
non rimase terra né villa piccola né grande in Fiandra, che non tornasse a le
comandamenta di messer Guido; e per la detta vittoria la Comuna d'ogni terra di
Fiandra presono ardire e signoria, e cacciarne i loro grandi borgesi, perché
amavano i Franceschi; e non tanto in Fiandra, simile avenne in Brabante, e in
Analdo, e in tutte loro circustanzie, per lo favore della Comuna di Fiandra.
Come in Francia fue la dolorosa novella della detta sconfitta, nonn-è da
domandare se v'ebbe dolore e lamento, che non v'ebbe villa, castello, maniero,
o signoraggio, che per gli cavalieri e scudieri che rimasono morti a Coltrai
non v'avesse dame e damigelle vedove. Lo re di Francia, passato il dolore, fece
come valente signore, che incontanente fece bandire oste generale per tutto il
reame; e per fornire sua guerra sì fece falsificare le sue monete; e la buona
moneta del tornese grosso, ch'era a XI once e mezzo di fine, tanto il fece
peggiorare, che tornò quasi a metade, e simile la moneta prima; e così quelle
dell'oro, che di XXIII e mezzo carati le recò a men di XX, faccendole correre
per più assai che non valeano: onde il re avanzava ogni dì libbre VIm di
parigini e più, ma guastò e disertò il paese, che la sua moneta non tornò a la
valuta del terzo. E fornito lo re, e apparecchiata la sua grande e ricca oste,
si mosse da Parigi, e del mese di settembre presente del detto anno MCCCII, fue
ad Arazzo in Artese con più di Xm cavalieri, e con più di LXm pedoni; e in
Italia mandò per messer Carlo di Valos suo fratello, che rimossa ogni cagione
dovesse tornare in Francia; e così fece poco appresso. I Fiaminghi sentendo
l'apparecchio e venuta del re di Francia, mandaro in Namurro per lo conte
messer Gianni figliuolo del conte di Fiandra, e maggiore di messer Guido, il
quale era molto savio e valente; e lui venuto, il feciono loro generale
capitano dell'oste, e come gente calda, e baldanzosa della vittoria da Coltrai,
s'apparecchiaro di tende, e padiglioni, e trabacche, con tutto che assai aveano
di quelle de' Franceschi; e ciascuna terra e villa per sé si soprasegnaro di
soprasberghe e d'arme, e ciascuno mestiere per sé, e raunarsi a Doai, e furono
più di LXXXm uomini a piè bene armati e soprasegnati, e con tanto carreggio che
portava il loro arnese, che copria tutto il paese, e in somma era a vedere la
più bella e ricca oste di gente a piè, che mai fosse tra' Cristiani. Lo re di
Francia colla sua grande e nobile oste uscì fuori d'Arazzo per entrare in
Fiandra, e acampossi a una villa che si chiama Vetri, tra Doai e Arazzo, e era
sì grande, che tenea di giro più di X miglia. I Fiaminghi come franca gente, e
bene guidati e condotti, non attesero l'oste a Doai, ma uscirono di Doai, e
s'afrontarono incontro a l'oste del re, gridando dì e notte: “Battaglia,
battaglia!”, e innanimati di combattere, e sovente aveano insieme scarmugi e
badalucchi, e non v'avea Fiammingo a piè con suo godendac in mano che non
attendesse il cavaliere francesco, per la baldanza presa sopra loro, e'
Franceschi per contradio inviliti. E ciò fu del mese d'ottobre, nel quale
cominciò grandi piogge, e 'l paese è pieno di paduli e di fosse, e sempre
terreno che mai non si puote osteggiare il verno; onde il carreggio del re
ch'aducea la vivanda all'oste per li fondati cammini non poteano venire, né i
cavalieri co·lloro cavalli apena uscire del campo. Per la quale confusione
l'oste del re venne in tanti difetti, e di vittuaglia e d'altro, che non
poterono più tenere campo, e convenne che di necessità si levasse da oste, con
sua grande onta e vergogna, faccendo triegua per uno anno: e tornossi addietro
ad Arazzo, e poi a Parigi, con grande spendio, e con grande mortalità de' suoi
cavagli. Alcuno disse in Francia che intra l'altre cagioni della partita
dell'oste del re fu per inganno del re Adoardo d'Inghilterra, il quale amava i
Fiaminghi, e per favoragli disse a la moglie, la quale era serocchia del re di
Francia, in segreto segacemente e con frode: “Io temo che 'l re di Francia non
riceva vergogna e pericolo in questa oste, ch'io sento che vi sarà tradito da
certi suoi baroni medesimi”. La reina prese a vero la parola, e incontanente la
significò al re di Francia suo fratello, ond'egli entrò in sospetto e gelosia
de' suoi baroni, ma non sapea di cui, e partissi per lo modo che detto avemo
con onta e vergogna: e potrebbe esser stata l'una cagione e l'altra della sua
partita. E partita l'oste del re, i Fiaminghi si tornarono in loro terre con
grande festa e allegrezza. Avemo sì distesamente innarrate queste storie di
Fiandra, perché furono nuove e maravigliose, e noi ci trovammo in quegli tempi
nel paese, che con oculata fede vedemmo e sapemmo la veritade. Lasceremo
alquanto di questa materia, infino che verranno i tempi del termine e fine di
questa guerra tra 'l re di Francia e' Fiaminghi, che fu assai piccolo tempo
appresso, e torneremo a nostra materia a raccontare le novità d'Italia e della
nostra città di Firenze che furono in quegli tempi, seguendo nostro trattato.
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