LXII
Come si cominciò la quistione e nimistà tra papa Bonifazio e 'l re
Filippo di Francia.
Nel detto tempo, benché fosse cominciato assai dinanzi la sconfitta di
Coltrai lo sdegno del re di Francia contro a papa Bonifazio, per cagione che la
promessa che 'l detto papa avea fatta al re e a messer Carlo di Valos suo
fratello di farlo essere imperadore quando mandò per lui, come addietro facemmo
menzione, la qual cosa non attenne, quale che si fosse la cagione, anzi nel
detto anno medesimo avea confermato a re de' Romani Alberto d'Osteric figliuolo
che fu del re Ridolfo; per la qual cosa il re di Francia forte si tenne ingannato
e tradito da·llui, e per suo dispetto ritenea e facea onore a Stefano della
Colonna suo nimico, il quale era in Francia sentendo la discordia mossa, e lo
re favorava lui e' suoi a suo podere. E oltre a·cciò il re fece pigliare il
vescovo di Palmia in Carcascese, opponendogli ch'era paterino, e ogni vescovado
vacante del reame godeva i beni, e voleva fare le 'nvestiture. Onde papa
Bonifazio, il quale era superbo e dispettoso, e ardito di fare ogni gran cosa,
come magnanimo e possente ch'egli era e si tenea, veggendosi fare quegli
oltraggi al re, mescolò lo sdegno co la mala volontà, e fecesi al tutto nimico
del re di Francia. E in prima per giustificare sue ragioni fece richiedere
tutti i grandi parlati di Francia che dovessono venire a corte; ma il re di Francia
contradisse, e non gli lasciò partire, onde il papa maggiormente s'inanimò
contro al re, e trovò per sue ragioni e decreti che 'l re di Francia, come gli
altri signori cristiani, dovea riconoscere da la sedia appostolica la signoria
del temporale, come dello spirituale: e per questo mandò in Francia per suo
legato uno cherico romano arcidiacano di Nerbona, che protestasse e amonisse lo
re sotto pena di scomunicazione di ciò fare, e di riconoscere da·llui, e se ciò
non facesse, lo scomunicasse, e lasciasse lo 'nterdetto. E 'l detto legato
vegnendo nella città di Parigi, il re non gli lasciò piuvicare le sue lettere e
privilegi, anzi gliele tolse la gente del re, e accomiatarlo del reame. E
venute le dette lettere papali innanzi al re e suoi baroni al tempio, il conte
d'Artese, ch'allora vivea, per dispetto le gittò nel fuoco e arsele, onde
grande giudicio glie n'avenne, e lo re ordinò di fare guardare tutti i passi di
suo reame, che messo o lettere di papa non entrasse in Francia. Sentendo ciò
papa Bonifazio, iscomunicò per sentenzia il detto Filippo re di Francia. E lo
re di Francia per giustificare sé, e per fare suo appello, fece in Parigi uno
grande concilio di cherici e prelati e di tutti i suoi baroni, discusando sé, e
opponendo a papa Bonifazio più accuse con più articoli di resia, e simonia, e
omicidia, ed altri villani peccati, onde di ragione dovea esser disposto del
papato. Ma l'abate di Cestella non volle consentire all'apello, anzi si partì,
e tornossi in Borgogna, male del re di Francia: e per così fatto modo si
cominciò la discordia da papa Bonifazio al re di Francia, la quale ebbe poi
male fine; onde poi nacque grande discordia tra·lloro, e seguìne molto male,
come appresso faremo menzione. In questi tempi avenne in Firenze una cosa bene
notabile, che avendo papa Bonifazio presentato al Comune di Firenze uno giovane
e bello leone, ed essendo nella corte del palagio de' priori legato con una
catena, essendovi venuto uno asino carico di legne, veggendo il detto leone, o
per paura che n'avesse, o per lo miracolo, incontanente assalì ferocemente il
leone; con calci tanto il percosse, che l'uccise, non valendoli l'aiuto di
molti uomini ch'erano presenti. Fu tenuto segno di grande mutazione e cose a
venire, ch'assai n'avennero in questi tempi alla nostra città. Ma certi
alletterati dissono ch'era adempiuta la profezia di Sibilla, ove disse: “Quando
la bestia mansueta ucciderà il re delle bestie, allora comincerà la disoluzione
della Chiesa etc.”; e tosto si mostrò in papa Bonifazio medesimo, come si troverrà
nel seguente capitolo.
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