LXXXII
Come i Fiorentini e' Lucchesi assediarono e vinsono la città di
Pistoia.
Negli anni di Cristo MCCCV, avendo i Fiorentini avute le mutazioni dette
adietro de la cacciata de' Bianchi a le porte, e quella parte bianca e
ghibellina scacciata e vinta in tutte parti quasi di Toscana, salvo de la città
di Pistoia, la quale si tenea per parte bianca col favore de' Pisani, e degli
Aretini, e eziandio de' Bolognesi, i quali si reggeano a parte bianca, si
dubitaro che non crescesse la loro potenzia sostegnendo Pistoia, sì·ssi
providono e chiamaro loro capitano di guerra Ruberto duca di Calavra, figliuolo
e primogenito rimaso del re Carlo secondo, il quale venne in Firenze del mese
d'aprile del detto anno con una masnada di CCC cavalieri araonesi e catalani, e
molti mugaveri a piè, la quale fu molto bella gente, e avea tra·lloro di
valenti e rinomati uomini di guerra; il quale da' Fiorentini fu ricevuto a modo
di re molto onorevolemente. E riposato alquanto in Firenze, s'ordinò l'oste
sopra la città di Pistoia per gli Fiorentini e Lucchesi e gli altri della
compagnia di parte guelfa di Toscana: e mossono bene aventurosamente col detto
duca loro capitano a dì XX del presente mese di maggio; e' Lucchesi e l'altra
amistà vennero da l'altra parte, e circundarono la città intorno intorno co le
dette osti, e guastarla d'intorno; e poco tempo appresso l'afossaro e steccaro
al di fuori con più battifolli, sì che nullo vi potea entrare né uscire; dentro
v'erano tutti i Pistolesi bianchi e ghibellini, e messer Tosolato degli Uberti
con masnada di CCC cavalieri e pedoni assai, soldati per gli Bianchi e
Ghibellini di Toscana. E stando i Fiorentini nella detta oste intorno a
Pistoia, si teneano un'altra piccola oste in Valdarno di sopra a l'assedio del
castello d'Ostina, il quale aveano fatto rubellare i Bianchi; e quello ebbono a
patti i Fiorentini del presente mese di giugno, e feciongli disfare le mura e le
fortezze. Per la detta oste ch'era sopra la città di Pistoia messer Nepoleone
degli Orsini cardinale e 'l cardinale da Prato, a petizione de' Bianchi e
Ghibellini, richiesono papa Chimento ch'egli si dovesse interporre di mettere
pace tra' Fiorentini e' loro usciti, com'avea cominciato il suo antecessoro
papa Benedetto per bene del paese d'Italia, e ch'egli facesse levare l'oste da
Pistoia: onde il detto papa mandò due suoi legati cherici guasconi, e del mese
di settembre furono in Firenze e nell'oste; e comandarono al Comune, e simile
al duca Ruberto, e a' Lucchesi, e agli altri capitani dell'oste, che si
dovessono levare da l'assedio di Pistoia sotto pena di scomunicazione. Al quale
comandamento i Fiorentini e' Lucchesi furono disubidienti e non si partirono
dall'assedio di Pistoia; per la qual cosa i detti legati iscomunicaro i rettori
de la cittade e' capitani dell'oste e puosono lo 'nterdetto a la città di
Firenze e al contado. Il duca Ruberto per non disubbidire al papa si partì
dell'oste con sua privata famiglia, e andonne a corte a Bordello, e lasciò
nell'oste il suo maliscalco, messer Dego de la Ratta catalano, e tutti i
cavalieri i quali v'avea menati al servigio de' Fiorentini e al loro soldo; e'
Fiorentini e' Lucchesi, ricrescendo l'assedio al continuo, e' convenia che
tutti i cittadini v'andassono o mandassono come toccava per vicenda, o
pagassono una imposta per capo d'uomo com'era tassato, la quale si chiamò la
Sega. Nel detto assedio ebbe molti assalti e badalucchi a cavallo e a piè, e
dammaggio dell'una parte e dell'altra, però che dentro avea franche masnade; e
chiunque era preso che n'uscisse, a l'uomo era tagliato il piè, e a la femmina
il naso, e ripinto adietro nella città per uno ser Lando d'Agobbio, crudele e
dispietato oficiale, il quale per gli Fiorentini fu sopranomato Longino. E così
istette e durò la detta oste tutta la vernata, non lasciando per nevi né per
piove né ghiacci. A la fine vegnendo a que' d'entro meno la vivanda, e sentendo
che di Bologna era cacciata la parte bianca, avendo perduta ogni speranza di
soccorso, sì s'arendero salve le persone, e tennonsi insino a tanto che nulla
vi rimase a mangiare, avendo mangiati i cavagli, e pane di saggina e di semola,
nero come mora e duro come ismalto, e quello ancora fallito; e ciò fu a dì X
del mese d'aprile, gli anni di Cristo MCCCVI. E renduta la terra, se n'uscirono
le masnade e' caporali de' Bianchi e Ghibellini. E avuta la detta vittoria di
Pistoia, i Fiorentini e' Lucchesi feciono tagliare le mura della città e gli
steccati, e rovinare ne' fossi; e più torri e fortezze feciono disfare; e il
contado di Pistoia partiro per metade, e la parte di verso levante e del monte
di sotto con tutte le castella e 'l piano infino presso a la città ebbono in
parte i Fiorentini, privileggiandolsi a perpetuo. E feciono disfare la rocca di
Carmignano per levarlasi da la vista di Firenze, la quale i Fiorentini aveano
comperata da messer Musciatto Franzesi, che gliel'avea data messer Carlo di
Valos, quando fue paciaro in Toscana. E' Lucchesi ebbono da la parte di ponente
da la città in là verso Serravalle, e tutta la montagna di sopra; e la signoria
della città di Pistoia rimase a' Fiorentini e Lucchesi, dell'uno podestà, e
dell'altro capitano. E per questo modo fue abattuta la superbia e grandezza de'
Pistolesi, e puliti de' loro peccati, e recati a tanto servaggio. E ciò fatto,
tornarono i Fiorentini in Firenze con grande allegrezza e trionfo; e a messer
Bino Gabrielli d'Agobbio, allora podestà di Firenze e capitano dell'oste,
entrando in Firenze, gli fu recato sopra capo il palio di drappo ad oro per gli
cavalieri di Firenze a piede a modo di re; e per simile modo feciono i Lucchesi
a la loro tornata in Lucca. Nel detto anno dell'asedio di Pistoia fu grande
caro in Toscana, e valse in Firenze lo staio del grano a la misura rasa mezzo
fiorino d'oro.
|