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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo secondo
    • Libro nono
      • CI               Per che modo fue eletto imperadore di Roma Arrigo conte di Luzzimborgo.
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CI

 

           

Per che modo fue eletto imperadore di Roma Arrigo conte di Luzzimborgo.

           

Nel detto anno MCCCVIII, essendo morto lo re Alberto de la Magna, come dicemmo addietro, per la cui morte vacava lo 'mperio, e i lettori de la Magna erano in grande discordia tra·lloro di fare la lezione, lo re di Francia, sentendo la detta vacazione, sì·ssi pensò che gli verrebbe fornito il suo intendimento con poca fatica per la sesta promessa che gli avea fatta papa Chimento segretamente, quando gli promise di farlo fare papa, come adietro facemmo menzione; e raunò suo segreto consiglio con messer Carlo di Valos suo fratello, e quivi scoperse il suo intendimento, e i·lungo disiderio ch'egli avea avuto di fare eleggere a la Chiesa di Roma a re de' Romani messer Carlo di Valos, e eziandio vivendo Alberto re de la Magna, co la sua forza e podere e dispendio, e col podere del papa e de la Chiesa: ch'altre volte per antico avea rimossa la lezione de' Greci ne' Franceschi, e de' Franceschi negli Italiani, e degl'Italiani negli Alamanni, ora maggiormente ci dee venire fatto, dapoi che vaca lo 'mperio, e massimamente per la detta promessa e saramento che gli avea fatta papa Clemento, quando il fece fare papa. E scoperse tutto il segreto contratto co·llui, e fatto ciò, domandò il loro consiglio e fece giurare credenza. A questa impresa fue lo re confortato per tutti gli suoi consiglieri, e che in ciò s'aoperasse tutto il podere de la corona e di suo reame, sì che venisse fatto, sì per l'onore di messer Carlo di Valos che n'era degno, e perché l'onore e dignità dello 'mperio tornasse a' Franceschi, sì come fu per antico lungo tempo per gli loro anticessori, Carlo Magno e gli suoi successori. Inteso per lo re e per messer Carlo il conforto e buon volere del suo consiglio, sì furono molto allegri, e ordinaro che sanza indugio lo re e messer Carlo con grande forza di baroni e cavalieri d'arme andassono a Vignone al papa innanzi che gli Alamanni facessono altra lezione, mostrando e dando boce che la sua andata fosse per la richesta fatta contra la memoria di papa Bonifazio; e che quando il re fosse a corte, richiedesse al papa la sesta segreta promessa, cioè d'eleggere e confermare imperadore di Roma messer Carlo di Valos, e trovassesiforte di sua gente, che nullo cardinale né altri, né eziandio il papa, non l'ardisse a rifusare. E ciò ordinato, sì comandò a' baroni e cavalieri che s'aparecchiassono d'arme e di cavagli a fare compagnia al re per andare a la corte a Vignone, e quegli del siniscalco di Proenza fossono apparecchiati, e doveano essere in numero di più di VIm cavalieri d'arme. Ma come piacque a Dio, per non volere che la Chiesa di Roma fosse al tutto sottoposta a la casa di Francia, questo apparecchiamento del re e il suo intendimento fu fatto segretamente assentire al papa per uno del segreto consiglio del re di Francia. Il papa temendo della venuta del re con tanta forza, e ricordandosi della sua promessa fatta, riconoscendo ch'era molto contraria a la libertà della Chiesa, sì ebbe segreto consiglio solamente con messer d'Ostia cardinale da Prato, che già aveano preso isdegno col re di Francia per le disordinate richeste, e perché se la Chiesa avesse condannata la memoria di papa Bonifazio, ciò ch'avea fatto era casso e annullato, e 'l cardinale di Prato fue per Bonifazio fatto cardinale con certi altri, come detto avemo in altra parte. Il detto cardinale udendo quello che sentia il papa della 'ntenzione e della venuta del re di Francia, sì disse: “Padre santo, qui nonn-ha che uno remedio, cioè che innanzi ti faccia la richesta il re, per te s'ordini co' prencipi de la Magna segretamente e con istudio ch'eglino facciano lezione d'imperio”. Al papa piacque il consiglio, ma disse: “Cui volemo per imperadore?”. Allora il cardinale molto antiveduto, non tanto solamente per la libertà della Chiesa, quanto a sua propietà e di sua parte ghibellina rilevare in Italia, disse: “Io sento che 'l conte di Luzzimborgo è oggi il migliore uomo de la Magna, e il più leale e il più franco, e più cattolico, e non mi dubito, se viene per te a questa dignità, ch'egli non sia fedele e obbediente a te e a santa Chiesa, e uomo da venire a grandissime cose”. Al papa piacque per la buona fama che sentia di lui; disse: “Questa lezione come si può fornire per noi segretamente, mandando lettere con nostra bolla, che nol senta il collegio de' nostri frati cardinali?”. Rispuose il cardinale: “Fa'llui e a' lettori tue lettere col piccolo e segreto suggello, e io scriverò loro per mie lettere più a pieno il tuo intendimento, e manderolle per mio famigliare”; e così fu fatto. E come piacquedDio, giunti i messaggi ne la Magna e presentate le lettere, in otto i prencipi de la Magna furono congregati a Midelborgo, e ivi sanza niuno discordante elessero a re de Romani Arrigo conte di Luzzimborgo; e ciò fu per la industria e studio del detto cardinale, che scrisse a' prencipi infra l'altre parole: “Fate d'essere in accordo del tale, e sanza indugio, se non, io sento che la lezione e la signoria dello 'mperio tornerà a' Franceschi”. Fatto ciò, la lezione fu pubblicata in Francia e in corte di papa incontanente; non sappiendo il modo il re di Francia, che facea l'apparecchiamento per andare a corte, si tenne ingannato, e mai non fu poi amico del detto papa.

 




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