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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo secondo
    • Libro decimo
      • XX               Come lo 'mperadore Arrigo ebbe la città di Brescia per assedio.
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XX

 

           

Come lo 'mperadore Arrigo ebbe la città di Brescia per assedio.

           

Nel detto anno MCCCXI, essendo lo 'mperadore ad oste a Brescia, più assalti v'ebbe, ove morì gente assai di que' d'entro e di que' di fuori, intra' quali fu morto a uno assalto, d'uno quadrello di balestro grosso, messer Gallerano di Luzzimborgo, fratello carnale e maliscalco dello 'mperadore, e più altri baroni buoni cavalieri; onde fu grande spavento a tutta l'oste. E per quella baldanza i Bresciani uscendo ispesso fuori ad assalire l'oste, del mese di giugno parte di loro furono rotti e sconfitti, e furonne presi da XL de' maggiori della terra, e morti ben CC, intra' quali presi fue messere Tebaldo Brusciati, il quale era capo della gente d'entro, e uomo di grande valore, ed era stato amico dello 'mperadore, e avealo rimesso in Brescia quando ne furono cacciati i Guelfi: fecelo isquartare a quattro cavagli come traditore, e più altri fece dicapitare, onde il podere de' Bresciani molto affiebolìo; ma però que' d'entro non lasciarono la difensione della città. In quello assedio si corruppe l'aria per la puzza de' cavalli e della lunga stanza del campo, onde v'ebbe grandissima infermità e d'entro e di fuori, e amalaro gran parte degli oltramontani, e molti grandi baroni vi morirono, e se ne partirono per la malatia, e morirne poi in cammino. Intra gli altri vi morì il valente messer Guido di Namurro fratello del conte di Fiandra, che fu capo de' Fiamminghi a la sconfitta di Coltrai, uomo di gran valore e rinnomea; per la quale cagione i più dell'oste consigliavano lo 'mperadore se ne partisse. Egli sentendo maggiormente la difalta dentro, sì de la 'nfertà e mortalità, e sì di vittuaglia, si fermò di non partirsi, ch'egli avrebbe la terra. Quegli di Brescia, fallendo loro la vivanda, per mano del cardinale dal Fiesco si renderono a la misericordia dello 'mperadore a XVI di settembre nel detto anno. Com'ebbe la città, le fece disfare tutte le mura e le fortezze, e condannogli in LXXm fiorini d'oro, e con gran fatica in più tempo per loro male stato gli ebbe; e C de' migliori della città, grandi e popolari, mandò a' confini in diverse parti. Partito dall'oste da Brescia con sua grande perdita e dammaggio, che il quarto de la sua gente non gli era rimasa, e quella gran parte inferma, fece suo parlamento in Chermona. Quivi per sodduzione e conforto de' Pisani e de' Ghibellini e Bianchi di Toscana, si fermò di venire a Genova e riformare suo stato, e in Milano lasciò per vicaro e capitano messer Maffeo Visconti, e in Verona messer Cane della Scala, e in Mantova messer Passerino di Bonaposi, e in Parma messer Ghiberto da Coreggia, e così in tutte l'altre terre di Lombardia lasciò a tiranni, non possendo altro per lo suo male stato, e da ciascuno ebbe moneta assai, e brivileggiogli de le dette signorie.

 




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