CXLV
Come i
signori di Milano sotto trattato d'accordo colla Chiesa corruppono il dogio
d'Ostericchi, sì che si tornò in Alamagna.
Messer
Ramondo di Cardona era col legato a Valenza con MD uomini a cavallo e con gente
a piè innumerabile crociati per venire verso Milano da la parte di Pavia. Il
detto capitano veggendosi così assalire da tutte parti da la forza de la
Chiesa, mandò XII de' maggiori cittadini di Milano per ambasciadori al legato
cardinale per acconciarsi co la Chiesa, però che 'l popolo di Milano veggendosi
sì fatti eserciti di gente venire adosso, non voleano essere scomunicati, né
distrutti per quegli della casa de' Visconti. Essendo i detti ambasciadori col
legato a Valenza trattando d'accordo, il detto capitano di Milano mandò
segretamente suoi ambasciadori in Alamagna, e eziandio moneta assai a Federigo
dogio d'Ostericchi, mostrando come facea contra lo 'mperio e contro a·ssé
medesimo; e che se la Chiesa e 'l re Ruberto avessono la signoria di Milano,
avrebbono tutta Lombardia, e' fedeli dello imperio di Lombardia e di Toscana,
distrutti per modo che mai non porrebbe passare in Italia né avere la corona
dello 'mperio. Il Tedesco per queste ragioni e per la cupidigia della moneta
fue scommosso, e mandòe al suo fratello Arrigo, ch'era a Brescia, che cogliesse
alcuna cagione e si tornasse addietro. Il quale avuto il mandato del fratello,
e disparte dal capitano di Milano e dagli altri tiranni di Lombardia moneta
assai, avendo ordinato co' Bresciani e col patriarca d'Aquilea e con loro
séguito d'andare ad oste sopra la città di Bergamo, ch'era in trattato
d'arendersi a·lloro, mosse quistione a' Bresciani, che in prima che si partisse
volea la signoria di Brescia. I Bresciani negando che no·lla poteano dare,
perché vacando imperio s'erano dati al re Ruberto, incontanente sanza niuno
ritegno si partì de la terra a dì XVIII di maggio MCCCXXII, e con tutta sua
gente se n'andò a Verona, il quale da messer Cane della Scala signore di Verona
onorevolemente fu ricevuto e presentato di ricchi doni; poi appresso sanza
dimoro se n'andò in Alamagna, guastando a la Chiesa sì grande impresa e sì
bello servigio incominciato, per sì fatto tradimento.
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