CLXXXI
Come messer
Galeasso Visconti fu cacciato di Milano.
Nel detto
anno MCCCXXII, del mese di novembre, dopo la rubellazione che quegli di
Piagenza aveano fatta di messer Galeasso Visconti, i nobili e 'l popolo di
Milano veggendosi scomunicati e in sentenza della Chiesa per la signoria di
messer Maffeo Visconti e de' figliuoli, sì elessono XII de' migliori de la
città, grandi e popolani, che trattassono accordo dal Comune di Milano al
legato cardinale, i quali più volte furono al legato con volontà del capitano
di Milano, promettendo di lasciare la signoria, acciò che·lla città di Milano
avesse sua pace colla Chiesa. La quale promessa fatta infintamente per messer
Galeasso, non volendo assentire all'accordo, si levò a romore la città di
Milano a petizione de' detti XII caporali, volendo che messer Galeasso
lasciasse la signoria, come aveano promesso al cardinale; e recaro da·lloro
parte grande parte de le masnade de' Tedeschi per impromesse e danari diedono
loro, e per cagione che più tempo messere Galeasso non gli avea pagati, e
a·ffurore il popolo e' cavalieri corsono al palazzo gridando “Pace, pace, e
viva la Chiesa!”. Messer Galeasso, credendosi riparare co' soldati italiani e
altri che gli erano rimasi, si mise al contasto, e in tre parti nella città
ebbe battaglia, e in ciascuna parte ebbe il peggiore con danno di sua gente:
veggendo che non potea durare, con poca di sua gente si partì di Milano, e
andossene a Lodi a dì VIII di novembre, e de la città di Milano rimasono
signori i detti XII, i quali erano messer Luis Visconti consorto di messer
Galeasso, messer Giacomino da Postierla, messere Simone Cravelli, messer
Francesco da Barbagnano e altri grandi cattani e varvassori, che non sapemmo di
tutti il nome. Di questa mutazione di Milano ebbe in Firenze grande allegrezza,
e fecesene grande festa e belle giostre, istimando che la guerra di Lombardia
avesse fine. Ma se avessono saputo la mutazione futura e contraria che fue
assai di presso, e quello danno che ne seguì a' Fiorentini, come innanzi si
potrà vedere, avrebbono non fatta festa, ma il contrario; e però di felicità
mondana non si dee l'uomo troppo allegrare, né d'aversità troppo turbare, però
ch'ell'è fallace, e con diverse e varie mutazioni.
|