CCXIV
Come Castruccio
venne ad oste a Prato, e come i Fiorentini vi cavalcarono, e le novità che ne
furono in Firenze.
Nel detto
anno MCCCXXIII Castruccio signore di Lucca prese audacia e baldanza de la cavalcata
che poco dinanzi aveva fatta sopra le terre del Valdarno sanza contasto de'
Fiorentini: il dì di calen di luglio subitamente cavalcò in sul contado del
castello di Prato, perché i Pratesi non gli voleano dare tributo come i
Pistolesi, e puosesi a campo a la villa d'Aiuolo presso a Prato a poco più
d'uno miglio con VIcL uomini a cavallo e con IIIIm pedoni, con tutto si
credesse in Firenze che fossero presso a due cotanti genti. I Fiorentini
incontanente saputa la novella, serrate le botteghe e lasciata ogni arte e
mestiere, cavalcarono a Prato popolo e cavalieri isforzatamente; e ciascuna
arte vi mandò gente a piede e a cavallo, e molte case di Firenze grandi e
popolani vi mandaro masnade a piè a loro spese; e per gli priori si mandò bando
che qualunque isbandito guelfo si rassegnasse ne la detta oste sarebbe fuori
d'ogni bando; il quale bando non saviamente fatto, ne seguì poi grande pericolo
a la città. Avenne poi appresso che il dì seguente si trovarono i Fiorentini in
Prato MD cavalieri e ben XXm pedoni, che i IIIIm e più erano isbanditi, molto
fiera gente; e ordinarono il seguente dì d'uscire a battaglia contra
Castruccio, e spianando le vie il detto Castruccio, la mattina III dì di luglio
si levò da campo, e con grande paura de' Fiorentini, e ancora di tradimento de'
Pistolesi, si partì d'Aiuolo, e colla preda ch'avea fatta in sul contado di
Prato passò l'Ombrone, e sanza arresto, e di buono andare di galoppo, si
ridusse a Serravalle: e con tutto che Castruccio n'andasse a salvamento per la
discordia de' Fiorentini, fu tenuta la sua venuta folle condotta. Che se i
Fiorentini avessono mandata di loro gente, come poteano, tra Serravalle e
l'oste di Castruccio, a certo Castruccio e sua gente rimanevano morti e presi;
ma a cui Idio vuol male gli toglie il senno. I Fiorentini rimasi in Prato con
poca ordine e con difettuoso capitano, e per vizio de' nobili, che non voleano
vincere la guerra in onore e stato di popolo, scisma e discordia nacque ne la
detta oste; che il popolo tutto volea seguire dietro a Castruccio, o almeno
andare a oste in su quello di Lucca, e' nobili quasi tutti non voleano,
assegnando loro ragioni ch'era il peggio. Ma la cagione era perché parea loro
esser gravati degli ordini della giustizia, che non voleano essere tenuti l'uno
per lo malificio dell'altro; la qual cosa per lo popolo non s'aconsentia, e per
questa cagione più dì stettono in quello errore, e mandarono a Firenze
ambasciadori per la diliveragione del cavalcare o tornare l'oste in Firenze.
Consigliando sopra ciò in Firenze in sul palazzo del popolo, simigliante errore
nacque tra nobili e popolani, e adurando di pigliare partito di consiglio in
consiglio, il popolo minuto ch'era di fuori, cominciando da' pargogli
fanciugli, raunandosi in quantità innumerabile di gente, gridando: “Battaglia,
battaglia, e muoiano i traditori!”, e gittando pietre a le finestre del
palazzo, essendo già notte, per tema del detto romore del popolo i signori
priori col detto consiglio, quasi per nicessità e per acquetare il popolo
minuto a romore, stanziaro che l'oste procedesse. Questo fu a dì VII di luglio.
E fatta la detta diliberazione, tornati gli ambasciadori a l'oste a Prato, si
partì la detta oste di Prato, dì VIIII di luglio, con mala voglia e infinta per
gli nobili, se n'andarono per la via di Carmignano a Fucecchio, e giunti a
Fucecchio, sanza niuno buono fare, od onore del Comune di Firenze: ma se in
Prato avea errore tra' nobili e 'l popolo del cavalcare, maggiore fue a
Fucecchio di non valicare né entrare in sul contado di Lucca. E sì era
cresciuta l'oste e crescea tutto dì, che 'l Comune di Bologna vi mandò CC
cavalieri, e 'l Comune di Siena altri CC; e oltre a quegli tutti i nobili de le
case di Siena a gara, chi meglio meglio, vennono in quantità di CCL a cavallo
molto bella gente, e i Conti e altre terre e amici; onde l'oste era sì
possente, se vi fosse stato l'accordo, ch'a l'assedio di Lucca e più innanzi
poteano con salvezza andare, che Castruccio s'era ritratto a la guardia di
Lucca con grande paura, e poca di sua gente mandati a guardare i passi sopra la
Guisciana. Ma sempre ov'è la discordia è il minore podere, tutto sia più gente;
e ancora per difetto del non sofficiente duca, il conte Novello, che non era
capitano a conducere sì fatto esercito, per necessità convenne tornassono a
Firenze sanza nulla fare, con grande onta e vergogna di loro e del Comune di
Firenze. E oltre a questo, crescendo peggio al male, che certi nobili
scommossono gli sbanditi, che non sarebbono dal Comune tratti di bando, onde a
bandiere levate vennono i detti isbanditi innanzi a la città, credendo per
forza entrare dentro, la sera, dì XIIII di luglio. Sentendo ciò il popolo a
suono di campane s'armò, e trassono a la guardia de la città, del palazzo del
popolo; e tutta la notte guardaro francamente, temendo di tradimento dentro
ordinato per gli detti certi de' nobili. Gli sbanditi perduta la speranza, e la
mattina vegnente, dì XV di luglio, tornando la cavalleria e l'altra oste, si
fuggirono i detti isbanditi, e la città si racquetò con molta riprensione. Avemo
seguito per ordine questo processo de' Fiorentini, perché siamo di Firenze e
fummo presenti, e il caso fu nuovo e con più contrari, e per quello seguì
apresso, per dare esemplo a' nostri successori per lo nanzi d'esser più franchi
e più interi e di migliore consiglio, vogliendo onore e stato de la repubblica
e di loro.
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