CCCXVIII
Della
materia medesima.
Poi il sabato
mattina, dì V d'ottobre, si levò da Peretola, e arse tutta la villa e quello d'intorno,
e presono e arsono il castello di Capalle e quello di Calenzano sanza riparo
niuno, che que' che v'erano dentro gli abandonaro. Ancora i Fiorentini dentro
pareano per paura amaliati; e ritornatosi Castruccio con sua oste la sera in
Signa, la domenica apresso, dì VI d'ottobre, fece correre e ardere, sì come
avea fatto di qua, di là da Arno Gangalandi, e Sa·Martino la Palma, e 'l
castello de' Pulci, e tutto il piano di Settimo. E poi il martidì, dì VIII
d'ottobre, venne con tutta sua oste infino a Grieve, e' suoi scorridori infino
a San Piero a Monticelli, e salirono in Marignolla infino a Colombaia, rubando
e levando grandi prede sanza contasto niuno; che' Fiorentini temeano molto da
quella parte, perché i borghi di San Piero Gattolino e quello di San Friano, e
d'intorno al Carmino e a Camaldoli non erano murati; ma rimettendo i fossi e
faccendo steccati con C bertesche, in XV dì lavorando di dì e di notte con
grande sospetto e paura. In somma l'assedio e guasto che lo 'mperadore Arrigo
avea fatto a la città di Firenze fu quasi niente a comparazione di questo,
consumando ciò ch'era da le porte in fuori da quelle parti, con levando ogni dì
grandissime prede di gente e di bestiame e di loro arnesi. E così feciono
infino a Torri in Valdipesa, e infino a Giogoli, e poi infino a Montelupo, e
arsono il borgo, e così quello di Puntormo, e la villa di Quarantola, e più
altre villate. E poi, a dì XI d'ottobre, s'arendé la rocca di Carmignano, e poi
il castello degli Strozzi, ch'era ivi presso molto forte e bene fornito,
chiamato Torrebecchi; e andò poi con sua oste scorrendo intorno a Prato.
|