XXI
Come il re
Ruberto mandò il prenze della Morea suo fratello con M cavalieri ne le terre di
Roma.
Lo re
Ruberto, sentendo la venuta del detto Bavero in Lombardia, mandò messer Gianni prenze
de la Morea suo fratello con M cavalieri a l'Aquila per avere a sua signoria le
terre ch'erano in su i passi, e dell'entrate del Regno; e ebbe Norcia del
Ducato a sua guardia, e poi la città di Rieti, ne la quale lasciò il duca
d'Atene con gente d'arme; e poi fornì tutte le terre di Campagna con rettore
che v'era per lo papa, a sua guardia e de la Chiesa. E poi credette potere
entrare in Roma co la forza de' nobili; ma da' Romani non volle essere
ricevuto. Per la qual cosa venne a oste a Viterbo, e guastogli intorno e prese
assai del loro contado, perché non gli vollono dare la terra. E infra 'l detto
tempo che 'l prenze de la Morea guerreggiava le terre di Roma lo re Ruberto
mandò in Cicilia contra don Federigo LXX galee con Vc cavalieri, la quale armata
partì di Napoli a dì VIII di luglio anni MCCCXXVII, e all'isola di Cicilia in
più parti feciono danno assai, e presono più legni de' nimici. In questa stanza
V galee di Genovesi de la detta armata per mandato del re Ruberto vennono a la
guardia de la foce del fiume del Tevero, acciò che grascia e vittuaglia non
entrasse per la via di mare ne la città di Roma; le quali galee presono la
cittadella d'Ostia a dì V d'agosto nel detto anno, e rubarla tutta. Per la qual
cosa il popolo di Roma furiosamente e non ordinati vi corsono parte di loro a
Ostia, e assalendo la terra molti ne furono fediti e morti di moschetti di
balestri di Genovesi, e ritornarsi in Roma. E ciò fatto, i Genovesi misono
fuoco ne la terra e partirsi, e tornarono a loro galee; de la qual cosa il
popolo di Roma molto si turbò contra il re Ruberto, e certi trattati ch'aveano
co·llui d'accordo ruppono; onde il legato cardinale ch'era in Firenze n'andò
verso Roma a dì XXX d'agosto nel detto anno per riconciliare i Romani col re
Ruberto, e per entrare in Roma con messer Gianni prenze della Morea e co'
nobili di Roma, che n'erano fuori a' confini; ma il popolo di Roma nulla ne
volle udire. Onde veggendo che per accordo non poteano entrare in Roma, sì
ordinarono d'entrarvi per inganno e forza; onde lunidì notte, a dì XXVIII di
settembre nel detto anno, il detto prenze [...]
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