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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo secondo
    • Libro undecimo
      • XXII               Come il prenze della Morea fratello del re Ruberto e il legato cardinale entrarono in Roma, e furonne cacciati con onta e danno.
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XXII

 

           

Come il prenze della Morea fratello del re Ruberto e il legato cardinale entrarono in Roma, e furonne cacciati con onta e danno.

           

[...] il legato cardinale degli Orsini e messer Nepoleone Orsini feciono rompere le mura del giardino di San Piero de la città detta Leonina, e entrarono in Roma con Vc cavalieri e altrettanti pedoni; ma messer Stefano della Colonna non vi volle entrare; e la detta gente presono la chiesa di San Piero, e la piazza e 'l borgo de' rigattieri, e uccisono tutti i Romani che la notte v'erano a la guardia, e feciono barre al detto borgo verso Castello Santo Angiolo. Ma faccendosi giorno, la parte de' Romani ch'aveano promesso di cominciare battaglia ne la terrappetizione degli Orsini non ne feciono niente, né la gente del prenze e del legato non si trovarono nullo séguito da' Romani, ma il contradio. Il popolo di Roma, sonando la campana di Campidoglio a stormo, la notte furono a l'arme, e vennero assalire il detto prenzelegato e loro gente, e a le sbarre fatte ebbe gran battaglia e fuvi morto uno degli Anibaldeschi, e altri assai Romani; ma a la fine soprastando il popolo, e crescendo in forza da tutte parti, la gente del prenze, ch'erano da C cavalieri e pedoni assai a difendere le sbarre, furono sconfitti e rotti, e morìvi messer Giuffrè di Gianville, e altri cavalieri intorno di XX, e a piè assai. E ciò veggendo il prenzelegato, ch'erano schierati coll'altra cavalleria nella piazza di San Piero, feciono mettere fuoco nel detto borgo, acciò che 'l popolo non premesse loro adosso, ch'altrimenti tutti erano morti e presi, e si ricolsono salvamente, e partirsi di Roma con danno e disinore, e si ritornaro ad Orti; e ciò fu a XXVIII di settembre. Lasceremo de' fatti del re Ruberto e del prenze e de' Romani, e torneremo adietro a raccontare de' nostri fatti di Firenze e di Toscana e di Lombardia, che furono nell'avento del detto Bavero.

 




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