LIX
Come la
città di Pistoia fu presa per lo capitano del duca e de' Fiorentini.
Nel detto
anno MCCCXXVII, a l'uscita di gennaio, essendo messo innanzi segretamente a
messer Filippo di Sangineto, capitano di guerra per lo duca rimaso in Firenze,
per uno Baldo Cecchi e Iacopo di messer Braccio Bandini Guelfi usciti di
Pistoia come potea avere la città di Pistoia per imbolìo e forza, se si volesse
assicurare, il detto messer Filippo cautamente intese al trattato, e
segretamente fece fare nel castello dello 'mperadore di Prato ponte di legname,
e scale e bolcioni e altri difici da combattere terre; e mercolidì sera, a dì
XXVII di gennaio, serrate le porte, si partì il detto messere Filippo di
Firenze con VIc uomini di cavallo di sua gente, e non menò seco nullo
Fiorentino, se non messer Simone di messer Rosso della Tosa, che ordinò il
trattato col detto messer Filippo. E anzi mezzanotte giunsono a Prato,
dov'erano apparecchiati i detti difici di legname, e caricandogli in muli e
aportatori mandati di Firenze, si mise in via menando seco IIm fanti a piè tra
Pratesi e soldati de' Fiorentini ch'erano ordinati in Prato; e giunse a Pistoia
anzi il giorno di costa a la porta di San Marco da la parte ov'era il fosso con
meno acqua, e il luogo de la terra più solitario e peggio guardato. I detti
Baldo e Iacopo passaro il fosso su per lo ghiaccio, e con iscala salirono in su
le mura che non furono da nulli sentiti, e ivi su misono le bandiere del duca e
del Comune di Firenze, e per simile modo ne misono dentro da C fanti; e
trovandogli l'uficiale ch'andava ricercando le guardie, levò il romore, e egli
e sua compagnia furono morti di presente, e la terra fu tutta ad arme. In
quello la gente di messer Filippo puosono il ponte sopra il fosso, e con più
scale messe a le mura molta gente vi misono dentro, e co' bolcioni dentro e di
fuori pertugiarono il muro in due parti, per modo che vi poteano mettere il
cavallo, onde menando a mano più ve ne furono messi; e messer Filippo in
persona con alquanti di sua gente v'entrò dentro, e incontanente seminarono
triboli di ferro, ch'aveano portati, per le vie d'onde i nemici poteano loro
venire adosso, per impedire loro e' loro cavagli; e come vi furono ingrossati
dentro, la cavalleria e gente di fuori e quegli entrati dentro combatterono la
torre de la porta a Sa·Marco, e misono fuoco nel ponte e porta dell'antiporta.
La gente di Castruccio, che v'erano dentro da CL cavalieri e Vc pedoni soldati
a la guardia, sanza i cittadini, francamente parte di loro rimagnendo armati in
su la piazza, e parte vennono a combattere la gente ch'era entrata da le mura,
e per forza gli ripinsono allo stretto e rottura de le mura, e molti se ne
gittavano fuori, se non fosse la virtù e sollecitudine del detto messer Filippo
e di sua compagna, ch'erano dentro già con centocinquanta cavalieri, i quali
montando in su i loro cavagli con grande vigore percossono a' nemici e per due
riprese gli rimisono in rotta; e intanto arsa l'antiporta, e per quelli
ch'erano dentro tagliata la porta, e le guardie de la torre morti e fuggiti,
tutta la cavalleria e gente di fuori con grande vigore e grida e spavento di
trombe e di nacchere entrarono ne la terra. E ciò sentendo la gente di
Castruccio, con due suoi figliuoli piccoli che dentro v'erano, Arrigo e
Galerano, si ridussono al Prato nel castello fatto per Castruccio chiamato Bellaspera,
il quale tutto non fosse compiuto era molto maraviglioso e forte. Gli
spaventati cittadini, uomini e femmine di Pistoia, de la sùbita presa non
proveduti, e ancora non era giorno, a nulla difesa della città intesono se non
a lo scampo di loro e di loro cose, correndo come ismarriti qua e là per la
terra. La cavalleria e gente del capitano, e' Fiorentini e' Pratesi la maggior
parte, si sparsono per la terra a la preda e ruberia, che quasi il capitano e
messer Simone non rimasono con LXXX a cavallo co le bandiere ducali e del
Comune di Firenze, i quali traendo dietro a' nimici nel Prato, i Tedeschi di
Castruccio vigorosamente percossono al capitano e a sua gente, e diedono loro
molto a·ffare per più assalti; e furono in pericolo d'essere sconfitti e cacciati
i nostri della terra per mala condotta de' Borgognoni soldati, che s'erano
sparti per la città a la ruberia, e lasciate le bandiere e 'l capitano; ma
ischiarando il giorno, la gente cominciò ad andare al Prato al soccorso del
capitano. I nimici veggendo la gente nostra ingrossare, e già di loro e morti e
presi, si rinchiusono nel castello, e intesono di quello per la porta Luccese
co' detti figliuoli di Castruccio sanza ritegno scampare, e fuggendo verso
Serravalle, e lasciando molti l'arme e' cavagli, e presine e morti alquanti. Ma
se per lo capitano fosse stato meglio proveduto, o da' suoi cavalieri meglio
obbidito, che parte di loro fossono cavalcati di fuori a la porta Luccese, i
figliuoli di Castruccio e tutta sua gente erano morti e presi. In questo modo
fu presa la città di Pistoia giuovidì a dì XXVIII di gennaio anni MCCCXXVII, e
tutta fu corsa e rubata sanza nullo ritegno, e durò la ruberia più di X dì,
rubando Guelfi e Ghibellini, onde molto fu ripreso il capitano; che se a·cciò
avesse riparato, e co la sua gente e con Vc cavalieri della Chiesa, ch'allora
erano in Prato, fosse di presente cavalcato, avrebbe avuto Serravalle,
Carmignano, Montemurlo, e Tizzano, o alcuno de' detti castelli. Ma il vizio
della covidigia guasta ogni buono consiglio. Raquetata la ruberia, il capitano
riformò la terra per lo re Ruberto e per lo duca, e lasciòvi per capitano il
detto messer Simone de la Tosa con CCL soldati e M pedoni al soldo del Comune
di Firenze, e il detto messer Filippo tornò in Firenze, domenica a dì VII di
febbraio, con grande onore e trionfo fattogli per gli Fiorentini d'armeggiatori
con bandiere e coverti di zendadi, e andargli incontro co la cavalleria e
popolani a piè, ciascuna compagnia col suo gonfalone, e fattogli palio per
mettere sopra capo, ma ciò non volle acconsentire, ma fecevi mandare sotto
innanzi a·llui il pennone dell'arme del duca, ch'elli usava portare sopra capo,
che gli fu posto in gran senno e conoscenza, e menonne seco molti pregioni
pistolesi e altri, e uno figliuolo del traditore messer Filippo Tedici e uno
suo nipote piccoli garzoni, e più altri cari figliuoli de' Ghibellini di
Pistoia, e molta roba, drappi, arnesi, e gioelli.
Avemo sì
distesamente inarrato la presura della città di Pistoia, però che per sì fatto modo
e così forte città di mura e di fossi e guernita di gente d'arme non fu presa
in Toscana già fa grandissimo tempo, e ancora per la sequela ch'avenne poi
della detta presura, come diremo appresso. E per l'aquisto di Pistoia a dì VI
di febbraio s'arendé la castellina ch'è sopra Puntormo, la quale molta guerra
avea fatta a la strada che vae a Pisa.
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