LXXXVII
Come morì il
duca Castruccio signore di Pisa e di Lucca e di Pistoia, e messer Galeasso de'
Visconti di Milano.
Come
Castruccio ebbe racquistata Pistoia per suo grande senno e studio e prodezza
per lo modo che detto avemo, sì riformò e rifornì la terra di gente e di
vittuaglia, e rimisevi i Ghibellini, e tornò a la città di Lucca con grande
trionfo e gloria a modo di triunfante imperadore, e trovossi in sul colmo
d'essere temuto e ridottato, e bene aventuroso di sue imprese, più che fosse
stato nullo signore o tiranno italiano, passati CCC anni, ritrovandone il vero
per le croniche; e con questo, signore della città di Pisa, e di Lucca, e di
Pistoia, e di Lunigiana, e di gran parte de la riviera di Genova di levante, e
trovossi signore di più di IIIc castella murate. Ma come piacque a Dio, il
quale per lo debito di natura raguaglia il grande col piccolo, e·ricco col
povero, per soperchio di disordinata fatica presa nell'oste a Pistoia, stando
armato, andando a cavallo e talora a piè a sollecitare le guardie e' ripari di
sua oste, faccendo fare fortezze e tagliate, e talora cominciava colle sue mani
acciò che ciascuno lavorasse al caldo del sole leone, sì gli prese una febbre
continua, onde cadde forte malato. E per simile modo partendosi l'oste da
Pistoia, molta buona gente di quella di Castruccio amalaro e morirne assai.
Intra gli altri notabili uomini messer Galeasso de' Visconti di Melano, il
quale era in servigio di Castruccio, amalò al castello di Pescia, e in quello
in corto termine morì scomunicato assai poveramente, ch'era stato così grande
signore e tiranno, che innanzi che 'l Bavero gli togliesse lo stato era signore
di Melano e di VII altre città vicine al suo séguito, com'era Pavia, Lodi,
Chermona, Commo, Bergamo, Noara, e Vercelli, e morì vilmente soldato a la mercé
di Castruccio. E così mostra che i giudici di Dio possono indugiare, ma non
preterire. Castruccio innanzi ch'egli amalasse, sentendo che 'l Bavero tornava
da Roma, e parendogli averlo offeso in isturbargli la sua impresa del Regno per
lo suo dimoro in Toscana, e presa la città di Pisa a sua signoria contra sua
volontà e mandamento, temette di lui, e ch'egli nol levasse di signoria e di
stato, come avea fatto Galeasso di Melano, si fece cercare trattato d'accordo
segretamente co' Fiorentini; ma, come piacque a Dio, gli sopravenne la malatia,
sì che si rimase, e lui agravato ordinò suo testamento, lasciando Arrigo suo
primo figliuolo duca di Lucca; e che sì tosto come fosse morto, sanza fare
lamento, dovesse andare in Pisa co la sua cavalleria e correre la città, e
recarla a sua signoria. E ciò fatto, passò di questa vita sabato a dì III di
settembre MCCCXXVIII. Questo Castruccio fu della persona molto destro, grande,
d'assai avenante forma, schietto, e non grosso, bianco, e pendea in palido, i
capegli diritti e biondi con assai grazioso viso: era d'etade di XLVII anni
quando morì. E poco innanzi a la sua morte conoscendosi morire, disse a più de'
suoi distretti amici: “Io mi veggo morire, e morto me, vedrete disasseroncato”,
in suo volgare lucchese, che viene a dire in più aperto volgare: “Vedrete
revoluzione”, overo in sentenzia lucchese: “Vedrai mondo andare”. E bene
profetezzò, come innanzi potrete comprendere.
E per quello
che poi sapemmo da' suoi più privati parenti, egli si confessò e prese il
sagramento e l'olio santo divotamente; ma rimase con grande errore, che mai non
riconobbe sé avere offeso a Dio per offensione fatta contra santa Chiesa,
faccendosi coscienza che giustamente avesse operato per lo 'mperio e suo
Comune. E poi che in questo stato passò, e tennesi celata la sua morte infino a
dì X di settembre, tanto che com'egli avea lasciato, corse Arrigo suo figliuolo
co la sua cavalleria la città di Lucca e quella di Pisa, e ruppono il popolo di
Pisa combattendo ovunque trovarono riparo. E ciò fatto, tornò in Lucca e
feciono il lamento, vestendosi tutta sua gente a nero, e con X cavagli coverti
di drappi di seta e con X bandiere; dell'arme dello 'mperio due, e di quelle
del ducato due, e della sua propia due, e una del Comune di Pisa, e simile di
quello di Lucca e di Pistoia e di Luni. E soppellissi a grande onore in Lucca
al luogo de' frati minori di san Francesco a dì XIIII di settembre. Questo
Castruccio fu uno valoroso e magnanimo tirannno, savio e accorto, e sollecito e
faticante, e prode in arme, e bene proveduto in guerra, e molto aventuroso di
sue imprese, e molto temuto e ridottato, e al suo tempo fece di belle e
notabili cose, e fu uno grande fragello a' suoi cittadini, e a' Fiorentini e a'
Pisani e Pistolesi e a tutti i Toscani in XV anni ch'egli signoreggiò Lucca:
assai fu crudele in fare morire e tormentare uomini, ingrato de' servigi
ricevuti in suoi bisogni e necessitadi, e vago di gente e amici nuovi, e
vanaglorioso molto per avere stato e signoria; e al tutto si credette essere
signore di Firenze e re in Toscana. Della sua morte si rallegrarono e
rassicurarono molto i Fiorentini, e appena poteano credere che fosse morto. Di
questa morte di Castruccio ci cade di fare memoria a noi autore, a cui avenne
il caso. Essendo noi in grande turbazione della persecuzione che facea al
nostro Comune, la quale ci parea quasi impossibile, dogliendone per nostra
lettera a maestro Dionigio dal Borgo a San Sepolcro, nostro amico e divoto,
dell'ordine degli agostini, maestro in Parigi in divinità e filosofia, pregando
m'avisasse quando avrebbe fine la nostra aversità, mi rispuose per sua lettera
in brieve, e disse: “Io veggio Castruccio morto; e alla fine della guerra voi
avrete la signoria di Lucca per mano d'uno ch'avrà l'arme nera e rossa, con
grande affanno, ispendio, e vergogna del vostro Comune, e poco tempo la
gioirete”. Avemmo la detta lettera da Parigi in quegli giorni che Castruccio
avea avuta la vittoria di Pistoia di su detta, e riscrivendo al maestro
com'elli Castruccio era nella maggiore pompa e stato che fosse mai, rispuosemi
di presente: “Io raffermo ciò ti scrissi per l'altra lettera; e se Idio nonn-ha
mutato il suo giudicio e il corso del cielo, io veggio Castruccio morto e
sotterrato”. E com'io ebbi questa lettera, la mostrai a' miei compagni priori,
ch'era allora di quello collegio, che pochi dì innanzi era morto Castruccio, e
in tutte le sue parti il giudicio del maestro Dionigio fu profezia.
Lasceremo
alquanto delle novità di Toscana, e faremo incidenza faccendo menzione d'altre
cose che in questi tempi furono in più parti del mondo, e degli andamenti del
Bavero, il quale era rimaso a Roma, tornando poi a nostra materia de' fatti di
Firenze.
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