LXXXIX
Come il
detto re di Francia sconfisse i Fiamminghi a Cassella.
Ne' detti tempi,
essendo quegli di Bruggia e di tutte le terre de la marina di Fiandra rubellato
a Luis conte di Fiandra loro signore, come adietro in alcuna parte facemmo
menzione, e Luis uscito di loro pregione, stando nella villa di Guanto, più
volte gli feciono oste adosso, e l'assalirono, e cacciarono del paese tutti i
nobili e i grandi borgesi; onde il detto conte andò in Francia e al suo sovrano
signore, cioè a Filippo di Valos nuovo re di Francia, dolendosi di quello che
gli faceano i Fiamminghi suoi vassalli, a' quali il detto re di Francia mandò
comandando che dovessono tenere il conte per loro signore e rimetterlo in suo
stato: i quali disobedienti, e con orgoglio rispondendo che non erano aconci
d'ubbidire né 'l conte né lui, lo re ricordandosi de le 'ngiurie e vergogne
fatte per gli Fiamminghi a' suoi anticessori e a la casa di Francia, sì
s'aparecchiò d'andare ad oste sopra loro; e con grande esercito si mosse con
tutta la baronia di Francia, e oltre a' Franceschi menò seco il conte di
Savoia, e 'l Dalfino di Vienna, e 'l conte d'Analdo, e quello di Bari, e quello
di Namurro, e più altri baroni di Brabante e di confini de la Magna, i quali
erano suoi amici e al suo servigio, e con numero di più di XIIm cavalieri e
popolo grandissimo a piè, e co la detta oste si mosse di Francia, e andonne in
Fiandra. I Fiamminghi non ispaventati sentendosi venire adosso sì grande
esercito, ma come valorosi e franchi lasciando ogni loro arte e mestiere, per
comune vennono tutti a piede a le frontiere di Fiandra, e puosonsi a campo in
sul poggio di Cassella per contradiare il re di Francia che non entrasse in
loro paese. Lo re di Francia con sua oste s'acampò a piè del detto poggio, e
quivi stettono più giorni sanza assalire l'una oste l'altra, se non di
scaramucci e badalucchi, però che ciascuna oste era in luogo forte. A la fine
tanto s'asicurarono le due osti, che quasi nullo stava armato per lo soperchio
caldo ch'era allora. E' Fiamminghi sagacemente, per sapere lo stato e essere
dell'oste de' Franceschi, vi mandarono uno pesciaiuolo di Bruggia a vendere
pesci, molto savio e aveduto, e che sapeva bene il francesco, il quale avea
nome Gialucola, ed era de' maggiori maestri dell'oste, il quale per la sua
patria si mise a pericolo di morte, e più giorni vendendo i suoi pesci, usò e
stette nell'oste de' Franceschi, e vide e conobbe loro condizione e stato; e
tornato a' suoi, disse tutto, com'era a·lloro leggere di prendere il re di
Francia e sconfiggere tutta sua oste, se volessono essere valenti, però che per
lo caldo non istavano armati né in nulla guardia. E fé ordinare di fare
richiedere il re di battaglia ordinata il dì di santo Bartolomeo d'agosto, ch'è
a dì XXIIII del mese; la qual cosa per lo re e per tutta sua gente fu accettata
allegramente. E poi disse a' suoi: “A noi conviene usare inganno con prodezza.
Il re attende la giornata ordinata di battaglia, e in questo mezzo non fa quasi
guardia, e spezialemente il meriggio per lo caldo si spogliano e dormono tutti.
Armianci
segretamente, e subitamente assaliamo l'oste, e io con certi eletti n'anderò
diritto a la tenda del re, che la so bene”. E com'ebbe detto e ordinato, così
fu fatto, che a dì XXIII d'agosto, gli anni di Cristo MCCCXXVIII, dì II innanzi
il giorno de la battaglia ordinata, i Fiamminghi armati di corazze in sul pieno
meriggio, sanza fare nullo romore né di trombe né d'altro stormento, scesono
del poggio di Cassella, e assalirono il campo e l'oste del re di Francia, che
non se ne prendeano nulla guardia, con grande danno e mortalità de' Franceschi
per modo che, come aveano ordinato i Fiamminghi, venia fatto di mettere
inn-isconfitta il re di Francia e sua oste. E già il sopradetto pesciaiuolo con
sua compagnia era venuto sanza contasto niuno infino a la tenda del re, il
quale re da' detti assalitori fu a condizione di morte, e con grande fatica e
rischio apena poté ricoverare a cavallo. Ma che impedì i Fiamminghi, come
piacque a Dio, il venire soperchio armati di corazze, e 'l caldo era grande,
onde non si poteano per istanchezza del corso ch'aveano fatto reggere, ma molti
ne traffelaro, e d'altra parte il conte d'Analdo e quello di Bari e quello di
Namurro con loro gente, i quali erano co·lloro tende a l'estremità dell'oste, e
non istavano nell'agio né morbidezze de' Franceschi, ma sanza dormire stavano
armati a la tedesca, come s'avidono della scesa de' Fiamminghi, montarono a
cavallo e misonsi al contasto, onde i Franceschi ebbono alcuno riparo, e
vennonsi armando e montando a cavallo. Per la qual cosa la battaglia de'
Franceschi rinforzò, e i Fiamminghi per istraccamento di loro soperchie armi
affieboliro, onde in quello giorno, come piacque a Dio, furono sconfitti i
Fiamminghi, e morirne in sul campo più di XIIm, e gli altri si fuggirono chi
qua e chi là per lo paese. E ciò fatto, il re con sua oste ebbe incontanente
Popolinghe, e poi la buona villa d'Ipro, e venne verso Bruggia. Quegli ch'erano
rimasi in Bruggia contradi del re e del conte si teneano forte, credendo
guarentire la terra; ma come piacque a Dio, e quasi fu uno miracolo, le donne e
femmine di Bruggia congregate insieme, presono bandiere dell'arme del conte
correndo in su la piazza dell'Alla di Bruggia, gridando in loro lingua: “Viva
il conte, e muoiano i traditori!”; per la quale sommozione i detti caporali per
paura si partirono, e le donne mandarono per lo conte, il qual era ad
Andriborgo, e diedongli la signoria della terra; e poi vi venne il re di
Francia con grande festa, e risagì signore il detto conte de la contea di
Fiandra dal fiume de la Liscia in là, aquetandolo d'ogni spesa ch'avea fatta ne
la detta oste, e amonendolo che fosse buono signore, e si guardasse che per sua
difalta non perdesse la contea più; che se ciò gli avenisse, gli torrebbe la
terra. E ciò fatto, si tornò lo re in Francia con grande vittoria e trionfo, e
'l conte rimase in Fiandra e fece abattere tutte le fortezze di Bruggia e
d'Ipro, e fece morire tra più volte di mala morte più di Xm Fiamminghi de la
Comune, i quali erano stati caporali e cominciatori de la disensione e
rubellazione. Questa fu notabile e grande vendetta e mutazione di stato che
Idio permise de' Fiamminghi per abbattere l'orgoglio e ingratitudine che 'l
detto scomunato popolo aveano presa sopra i Franceschi per la vittoria
ch'aveano avuta sopra loro l'anno del MCCCI a Coltrai, e più altre, come in
que' tempi facemmo menzione, e però n'avemo fatta più distesa memoria.
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