XCV
Come il
Bavero, che si facea chiamare imperadore, col suo antipapa si partì di Roma e
venne a Viterbo.
Nel detto
tempo, gli anni di Cristo MCCCXXVIII, essendo il sopradetto Bavero in Roma in
povero stato di moneta, perché gli aveano fallato il re Federigo di Cicilia e
que' di Saona usciti di Genova e gli altri Ghibellini d'Italia di venire con
loro armata e con moneta al tempo promesso; e la sua gente già per difetti
venuta in discordia e da' Romani male veduti, e la gente del re Ruberto già
presa forza in Campagna e in terra di Roma, sì s'avisò il detto Bavero che in
Roma non potea più dimorare sanza pericolo di sé e di sua gente, si mandò il
suo maliscalco a Viterbo con VIIIc cavalieri, ed egli appresso si partì di Roma
col suo antipapa e' suoi cardinali a dì IIII d'agosto del detto anno, e giunse
a Viterbo a dì VI d'agosto. E a la sua partita i Romani gli feciono molta
ligione, isgridando lui e 'l falso papa e loro gente, e chiamandogli eretici e
scomunicati, e gridando: “Muoiano, muoiano, e viva la santa Chiesa!”; e
fedirono co' sassi, e uccisono di loro gente; e lo 'ngrato popolo gli fece la
coda romana, onde il Bavero ebbe grande paura, e andonne in caccia e con
vergogna. E la notte medesima ch'egli s'era il dì dinanzi partito entrò in Roma
Bertoldo Orsini nipote del legato cardinale con sua gente, e la mattina vennero
messer Stefano della Colonna, e furono fatti sanatori del popolo di Roma. E a
dì VIII d'agosto vennono il legato cardinale e messer Nepoleone Orsini con loro
seguaci con grande festa e onore; e riformata la santa città di Roma de la
signoria di santa Chiesa, feciono molti processi contra il dannato Bavero e
contra il falso papa, e su la piazza di Campidoglio arsono tutti i loro ordini
e brivilegi; ed eziandio i fanciugli di Roma andavano a' mortori, ov'erano
sotterrati i corpi de' morti Tedeschi e d'altri ch'aveano seguitato il Bavero,
e iscavati de le monimenta gli tranavano per Roma e gittavangli in Tevero. Le
quali cose per giusta sentenzia di Dio furono al Bavero e al suo antipapa e a'
loro seguaci grande brobbio e abbominazione, e segni di loro rovina e
abassamento. E per la loro partita si fuggirono di Roma Sciarra de la Colonna,
e Iacopo Savelli, e i loro seguaci, i quali erano stati caporali di dare la
signoria di Roma al Bavero, e di molti furono abattuti e guasti i loro palazzi
e beni, e condannati. E poi a dì XVIII d'agosto entrò in Roma messer Guiglielmo
d'Ebole con VIIIc cavalieri del re Ruberto e gente a piè assai con grande
onore: onde la città fu tutta sicura, e riformata a l'ubbidienza di santa
Chiesa e del re Ruberto.
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