XCVII
Come il
Bavero essendo a Todi ordinò di venire sopra la città di Firenze, e
l'apparecchiamento che feciono i Fiorentini
Ne' detti
tempi essendo il Bavero in Todi, e perseguitando con tanta rovina e Romagna e
'l Ducato, e essendo molto infestato da' Ghibellini usciti di Firenze e gli
Aretini e gli altri Toscani di parte d'imperio, che dovesse venire ad Arezzo
per venire da quella parte a oste sopra la città di Firenze, con ordine fatta,
che Castruccio, che ancora vivea e era molto montato per la vittoria avuta
sopra i Fiorentini de la città di Pistoia, con sua oste dovesse venire per lo
piano di verso Prato, e gli Ubaldini co la forza del conte d'Ottinghe e de'
Ghibellini di Romagna rubellare il Mugello, e da tutte parti chiudere le strade
a' Fiorentini, mostrando al detto Bavero che, vinta la città di Firenze (che
assai gli era possibile), era signore di Toscana e di Lombardia, e poi assai
leggermente potea conquistare il regno di Puglia sopra il re Ruberto; onde il
detto Bavero a·cciò s'accordò, e già avea questo preso per consiglio, e fece
cominciare l'apparecchiamento per la sua venuta ad Arezzo. I Fiorentini ebbono
grandissima paura, e bisognava bene, ch'egli era in sul tempo de la ricolta, e
era carestia e scarso di vittuaglia, onde se fosse seguita la detta venuta del
Bavero, e il detto ordine preso per gli Ghibellini, i Fiorentini erano in
grande pericolo di potere guerentire la cittade, e da molte parti erano
spaventati, veggendosi circundati di sì possenti tiranni e nimici. Ma però non
si disperaro né si gittarono tra vili e cattivi, però che vile perisce chi a
viltà s'appoggia; e piccolo riparo e rispitto molti casi fortuiti passa. Onde i
Fiorentini presono conforto e vigore, e con grande consiglio e sollecitudine
feciono rafforzare le castella di Valdarno, cioè Monteguarchi, e Castello San
Giovanni, e Castello Franco, e l'Ancisa, e guernire di vittuaglia e d'ogni
guernimento da difenzione e guerra; e mandarvi in ciascuna terra due capitani
de' maggiori cittadini, uno grande e uno popolano, con masnade a cavallo e con
grande quantità di buoni balestrieri. E per simile modo feciono guernire Prato
e Signa e Artimino, e tutte le castella di Valdarno di sotto, e feciono
isgombrare di vittuaglia e strame tutto il contado, e recare a la città o a
terre forti e murate, acciò che' nimici non trovassono di che vivere per loro e
per loro bestie. E mandarono per loro amistadi, e grande guardia si facea di dì
e di notte ne la città, e a le porte e a le torri e mura, e faccendo rafforzare
ovunque la città era debole; e come franchi uomini erano disposti a sostenere
ogni passione e distretta per mantenere coll'aiuto di Dio la cittade. E
ordinarono di mandare al re Ruberto e al duca, e così feciono, che rimossa ogni
cagione, il duca personalmente co le sue forze venisse a la difensione della
città di Firenze; e se non venisse, il Comune era fermo, che le CCm di fiorini
d'oro che davano al duca per suoi gaggi secondo i patti, di non pagargli, se
non tanti solamente quanto montassono i gaggi de' cavalieri che tenea messer
Filippo di Sangineto suo capitano, che poteano montare l'anno CXm di fiorini
d'oro; e il rimanente voleano per lo Comune per fornire la guerra. De la quale
richesta il re e 'l duca molto si turbarono; ma veggendo il bisogno de'
Fiorentini, però non volle mettere in aventura la persona del duca contra il
Bavero, ma ordinarono di mandare messer Beltramon del Balzo con IIIIc cavalieri
a suo soldo per contentare i Fiorentini. Ma tardi era il soccorso; ma come
piacque a Dio, che mai non venne meno la sua misericordia a le strette
necessitadi del nostro Comune, in brevissimo tempo ci diliberò del tiranno
Castruccio per sua morte, come adietro facemmo menzione, e poi di diverse e
varie mutazioni e novità ch'avennono al dannato Bavero, come innanzi faremo
menzione; e non solamente Idio ci guarentì, ma ci adirizzò in vittorie,
prosperità, e buono stato.
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