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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo secondo
    • Libro undecimo
      • CI               Come don Piero di Cicilia co la sua armata e di quegli di Saona vennono in aiuto del Bavero, e come arrivarono a Pisa, là dov'era il detto Bavero.
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CI

 

           

Come don Piero di Cicilia co la sua armata e di quegli di Saona vennono in aiuto del Bavero, e come arrivarono a Pisa, dov'era il detto Bavero.

           

Nel detto anno MCCCXXVIII, del mese d'agosto, don Piero, che re Piero si facea chiamare, figliuolo di Federigo signore di Cicilia, con LXXXIIII tra galee e uscieri, e con III navi grosse e più legni sottili, tra di Cicilia e degli usciti di Genova ch'abitavano in Saona, vennono al soccorso del Bavero detto imperadore con VIc cavalieri tra Catalani e Ciciliani e Latini; e tutto che secondo l'ordine e promessa giugnessono tardi al suo soccorso, puosono in più parti nel Regno, prima in Calavra, e poi ad Ischia, e poi sopra Gaeta, seguendo la stinea de la marina, faccendo danno e correrie a le terre del re Ruberto sanza contasto niuno. E poi in terra di Roma presono Asturi e vennono in foce di Tevero, credendo che 'l Bavero fosse a Roma; e non trovandolo, guastarono intorno a Orbitello, e arrivarono a Corneto; e di sentendo novelle che 'l Bavero era a Todi, gli mandarono ambasciadori che venisse a la marina a parlamentare co·lloro, il quale Bavero avendo le dette novelle, mutò consiglio del venire verso Firenze per la via d'Arezzo, e partissi da Todi a XXXI d'agosto col suo antipapa e tutta sua corte e gente, e venne a Viterbo, e lasciò il detto antipapa e la 'mperadrice e l'altra gente, e con VIIIc cavalieri andò a Corneto a don Piero; e scendendo que' signori in terra, stettono in parlamento alquanti giorni con grandi contasti e riprensioni, perché l'armata non era venuta al tempo promesso, e domandava il Bavero i danari promessi per gli patti. Don Piero e suo consiglio il richiedea che venisse sopra le terre del re Ruberto, e egli verrebbe co l'armata per mare e darebbegli la moneta promessa, ch'erano XXm once d'oro. In questo contasto ebbono novelle e ambasciadori da' Pisani, come la gente di Castruccio aveano corsa la città di Pisa e cacciatane la signoria del Bavero; e d'altra parte il detto Bavero non si sentia in podere, né in disposizione la sua gente di volere andare nel Regno, sentendo i passi guerniti, e la carestia di vittuaglia grande in tutte parti: sì prese consiglio di venire verso Pisa co la donna sua e con tutta sua gente per terra, e l'armata per mare. E così fu fatto; che a X di settembre si partirono di Corneto, e vegnendo, morì a Montalto il perfido eretico e maestro e conducitore del Bavero maestro Marsilio di Padova; e giunse il Bavero e l'oste sua a Grosseto a XV di settembre; e l'armata di don Piero presono Talamone e guastarlo, e scesono a Grosseto, e col Bavero insieme vi puosono l'oste a petizione degli usciti di Genova e de' conti da Santa Fiore per torre il porto e 'l passo de la mercatantia a' Fiorentini e a' Sanesi e agli altri Toscani che per ischifare Pisa faceano quella via; e stettonvi IIII a l'assedio dandovi grandi battaglie co' balestrieri ch'erano in su l'armata, e salirono più volte in su le mura di Grosseto, e furonne cacciati per forza, e rimasonvene morti più di IIIIc de' migliori; ma per soperchia gente e battaglie non si potea la terra guari tenere. Ma in questa stanza venne novella e ambasciadori di certi imperiali di Pisa al Bavero, come Castruccio signore di Lucca era morto, e che' figliuoli con loro masnade aveano corsa la terra, e che per Dio si studiasse d'andare a Pisa, se non che temeano che non dessono la terra a' Fiorentini. Per la qual cosa il Bavero si partì da Grosseto a XVIII di settembre, e con sollecito cavalcare entrò in Pisa a XXI di settembre, e da' Pisani fu ricevuto con grande allegrezza per essere fuori de la signoria de' figliuoli di Castruccio e de' Lucchesi; i quali sentendo la sua venuta, si partirono di Pisa e tornarono a Lucca, e il Bavero riformò la terra di Pisa a sua signoria, e fece suo vicario Tarlatino de' Tarlati d'Arezzo, il quale fece cavaliere, e diede il gonfalone del popolo, onde i Pisani furono molto contenti, e parve loro tornare in loro libertade per la signoria tirannesca avuta da Castruccio e da' figliuoli. E ciò fatto, don Piero di Cicilia, avuti molti parlamenti col Bavero e coll'altra lega de' Ghibellini, si partì di Pisa co la sua armata a XXVIII di settembre, e simile feciono gli usciti di Genova. Ma a don Piero male avenne, che essendo col suo navilio già presso a l'isola di Cicilia, fortuna gli venne a la 'ncontra, e tutto suo navilio sciarrò in più parti alle piagge di terra di Roma e di Maremma, onde furono in grande pericolo e condizione di scampare; e perirono in mare da XV de le sue galee co la gente che v'era suso, e molte altre ruppono e straccarono in diverse parti; e don Piero con grande pericolo arrivò a Messina con IIII galee solamente; e·rimanente dell'altre arrivarono in diversi porti di Cicilia scemati di gente e d'arnesi, onde i Ciciliani ricevettono una grande sconfitta. Lasceremo alquanto di questa materia, e torneremo a' fatti di Firenze e dell'altra Italia.

 




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