CXIX
Come il
detto anno, e più il seguente, fue grande caro di vittuaglia in Firenze e quasi
in tutta Italia.
Nel detto
anno MCCCXXVIII si cominciò e fu infino nel CCCXXX grande caro di grano e di
vittuaglia in Firenze, che di soldi XVII lo staio ch'era valuto di ricolta, il
detto anno valse XXVIII, subitamente in pochi dì montò in XXX soldi; e poi
entrando il seguente anno CCCXXVIIII, ogni dì venne montando sì, che per la
Pasqua del Risoresso del XXVIIII valse soldi XLII, e innanzi che fosse il
novello per lo contado in più parti valse fiorino uno d'oro lo staio, e
nonn-avea pregio il grano, possendosene avere per danari la gente ricca che
n'avea bisogno, onde fu grande stento e dolore a la povera gente. E non fu
solamente in Firenze, ma per tutta Toscana e in gran parte d'Italia; e fu sì
crudele la carestia che' Perugini, e' Sanesi, e' Lucchesi, e' Pistolesi, e più
altre terre di Toscana per non potere sostentare cacciarono di loro terre tutti
i poveri mendicanti. Il Comune di Firenze con savio consiglio e buona
provedenza, riguardando a la piatà di Dio, ciò non sofferse, ma quasi gran
parte de' poveri di Toscana mendicanti sostenne, e fornì di grossa quantità di
moneta la canova; mandando per grano in Cicilia, faccendolo venire per mare a
Talamone in Maremma, e poi condurlo in Firenze con grande rischio e ispendio; e
così di Romagna e del contado d'Arezzo, e non guardando al grave costo, sempre
ch'era la grave carestia, il tenne a mezzo fiorino d'oro lo staio in piazza,
tuttora col quarto orzo mescolato. E con questo era sì grande rabbia del popolo
in Orto San Michele, che convenia vi stesse a guardia degli uficiali le
famiglie delle signorie armate col ceppo e mannaia per fare giustizia, e
fecionsene intagliare membri. E perdévi il Comune di Firenze in quegli due anni
più di LXm fiorini d'oro per sostentare il popolo; e tutto questo era niente;
se non che infine si provide per gli uficiali del Comune di non vendere grano
in piazza, ma di fare pane per lo Comune a tutti i forni, e poi ogni mattina si
vendea in tre o quattro canove per sesto di peso d'once VI il pane mischiato
per danari IIII l'uno. Questo argomento sostenne e contentò la furia del popolo
e della povera gente, ch'almeno ciascuno potea avere pane per vivere, e tale
avea danari VIII o XII per sua vita il dì, che non potea raunare i danari di
comperare lo staio. E tutto ch'io scrittore non fossi degno di tanto uficio,
per lo nostro Comune mi trovai uficiale con altri a questo amaro tempo, e co la
grazia di Dio fummo de' trovatori di questo rimedio e argomento, onde s'apaciò
il popolo, e fuggì la furia, e si contentò la povera gente sanza niuno scandalo
o romore di popolo o di città. E con questo testimonio di verità che anche in
niuna terra si fece per gli possenti e pietosi cittadini tante limosine a'
poveri, quanto in quella disordinata carestia si fece per gli buoni Fiorentini;
ond'io sanza fallo stimo e credo che per le dette limosine e provedenza fatta
per lo povero popolo, Idio abbia guardata e guarderà la nostra città di grandi
aversitadi. Avemo fatto sì lungo parlare sopra questa materia per dare esemplo
a' nostri cittadini che verranno d'avere argomento e riparo, quando in così
pericolosa carestia incorresse la nostra città, acciò che si salvi il popolo al
piacere e reverenza di Dio, e la città non incorra in pericolo di furore o
rubellazione. E nota che sempre che la pianeta di Saturno saràe ne la fine del
segno del Cancro e infino al ventre del Leone, carestia fia in questo nostro
paese d'Italia, e massimamente nella nostra città di Firenze, però che pare
attribuita a parte di quello segno. Questo non diciamo sia però necessitade,
che Idio può fare del caro vile e del vile caro secondo sua volontà, o per
grazia de' meriti di sante persone o per pulizione de' peccati; ma naturalmente
parlando, Saturno secondo il detto de' poeti e astrolagi è lo Dio de'
lavoratori, ma più vero la sua infruenza porta molto a l'overaggio e semente de
le terre; e quand'egli si truova ne le case e segni suoi aversi e contrarii,
come il Cancro e più il Leone, adopera male le sue vertù ne la terra, però
ch'egli è di naturale isterile, e il segno del Leone isterile; sì che dà caro e
sterelità, e non ubertà e abbondanza. E questo per isperienza avemo veduto per
gli tempi passati, e basti a chi s'intende di queste ragioni, che così fu in
questi tempi, il qual è di XXX in XXX anni, e talora ne le sue quarte, secondo
le congiunzioni di buone o ree pianete.
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