II
D'una
grande questione fatta in Firenze, se 'l detto diluvio venne per iudicio di Dio
o per corso naturale.
In Firenze ebbe
del detto diluvio grande ammirazione e tremore per tutte genti, dubitando non
fosse iudicio di Dio per le nostre peccata, che poi che bassò il diluvio più dì
apresso non finava di piovere con continui tuoni e baleni molto spaventevoli;
per la qual cosa le più delle genti di Firenze ricorsono a la penitenzia e
comunicazione, e fu bene fatto per apaciare l'ira di Dio. E di ciò fu fatta
quistione a' savi religiosi e maestri in teologia, e simile a' filosofi in
natura e a strolaghi, se 'l detto diluvio fosse venuto per corso di natura o
per iudicio di Dio. Per li astrolaghi naturali fu risposto, ponendo inanzi la
volontà di Dio, che gran parte della cagione fu per lo corso celesto e forti
coniunzioni di pianete, assegnandone più ragioni, le quali in parte racconteremo
in brieve e al grosso, per meglio fare intendere, in questo modo, cioè che a dì
XIIII del maggio passato fu ecrissi, o vuoli oscurazione di grande parte del
sole nel segno della fine del Tauro casa di Venus con caput Draconis;
per la quale scurazione infino allora per savi religiosi e per mostramento
d'astrolaghi fu sermonato in pergamo in Firenze, il quale noi udimo, che ciò
significava grande secco nella presente state vegnente, e poi ne l'opposizione
di quello eclissi grande soperchio d'acque, e tremuoti e grandi pericoli e
mortalitade di genti e di bestie; amonendo le genti a penitenzia. E poi apresso
a l'entrante di luglio fu congiunzione a grado di Saturno con Marte alla fine
del segno de la Vergine, casa di Mercurio; il quale significa soperchio d'acque
e sommersione per li due detti pianeti infortuni. Ma quello che dissono che
gravò più, seguendo l'una congiunzione l'altra, sì fu che il dì del diluvio il
sole si trovòe ne l'opposizione del suo eclissi a gradi XVIIII de lo Scorpione
in congiunzione con cauda Draconis e con la stella che·ssi chiama Cuore
de lo Scorpione, che sempre sono infortune e fanno grandi pericoli in mare e in
terra; e Venus pianeta acquosa si trovò ne la fine del detto Scorpione, e per
agiunta il sole in tale congiunzione si trovò assediato intra·lle due
infortunate, cioè Saturno e Mars, congiunte insieme per sestile aspetto;
Saturno nella Libra in sua esaltazione congiunta co·llui la luna, la qual è
portatrice del tempo futuro; e a·llui venne con segni e ascendenti aquatichi
stata nella sua congiunzione dinanzi, cioè ne la Libra medesima con Saturno e
con Venus e Mercurio pianeti aquatichi; e l'ascendente de la sua congiunzione
fu Tauro sua esaltazione e casa di Venus ov'era stato l'eclissi del sole, e
nella sua opposizione di quello lunare dinanzi al diluvio fu il suo ascendente
il Cancro sua casa, che significa abondanza d'acqua; e i detti pianeti
aquatichi, Venus e Mercurio, erano in Iscorpione, segno aquatico e casa di
Marte, e con cauda Dragone. E nel cominciamento e grande parte di quello
lunare dinanzi al diluvio furo grandi piogge in Firenze e in molte parti, e
questo fu segno del futuro diluvio. E da l'altra parte la pianeta di Mars a la
venuta del diluvio si trovò nel segno del Sagittario in sua propietà caldo e
secco, e che volontieri saetta, inviluppato nel detto segno co·Mercurio pianeto
convertivole e reo co' rei, freddo e umido e aquatico, e contra la complessione
di Mars e del detto segno, il quale Mars combattendosi co' raggi di Saturno,
mandaro in terra le loro influenze, cioè soperchi di tuoni e di piove, e baleni
con folgori, e sommersioni e tremuoti. E per agiunta al fatto, la pianeta di
Iove, la qual è fortunata, dolce e buona, in quell'ora si trovòe nel segno de
l'Aquario casa di Saturno, e con Saturno congiunta in trino aspetto, e con Mars
in sestile aspetto, sì che la sua vertù fu vinta da li detti due infortuni, e
con neente di podere; ma convenne ch'agiugnesse alla infortuna de' rei per lo
segno d'Aquario ov'era. E nota, lettore, e raccogli, se neente intenderai de la
detta scienza, tu troverai al punto e giorno che venne il diluvio congiunte
quasi tutte e sette le pianete del cielo insieme corporalmente, o per diversi
aspetti e in case e termini di segni, da commuovere l'aria e' cieli e gli elementi
a darne le sopradette influenze. Domandati ancora i detti astrolaghi perché il
detto diluvio avenne più a Firenze che a Pisa, ch'era in su l'Arno medesimo, e
là giù dovea esere e fu più grosso, o ad altre terre di Toscana, fu risposto
che prima ci fu la cagione de la mala provedenza de' Fiorentini, come detto è,
per l'altezze de le pescaie; l'altra secondo istorlomia, Saturno, il quale dà
infortuna, e sumersione, e ruine, e diluvii ne la sua opposizione, era nel
segno de la Libra, in sua esaltazione; la quale Libra s'atribuisce a la città
di Pisa, e a l'opposito del segno de l'Ariete, il quale Ariete pare
s'atribuisca a la città di Firenze, e l'ascendente de l'entrare del sole
nell'Ariete nello detto anno fu segnore; la Libra e l'Ariete si trovò... di ponente
col sole in cadimento; il quale (di cui l'Ariete è esaltazione) si trovò
congiunto e assediato al tempo del diluvio in mala parte e infortuni, come
detto è. E Mars, il quale è segnore del segno de l'Ariete, si trovò congiunto
con Saturno e vinto da·llui per lo modo che di sopra è fatta menzione. E queste
contrarietà e congiunzioni paiono cagione del soperchio diluvio e damaggio a la
città di Firenze più che a Pisa. E basti quello che in questo avemo raccolto di
più lunghe disposizioni de li astrolaghi sopra questa questione. Sopra la detta
questione i savi religiosi e maestri in teologia rispuosono santamente e
ragionevolmente, dicendo che·lle ragioni dette delli astrolaghi poteano in
parte essere vere, ma non di necessità, se non in quanto piacesse a Dio; però
che Idio è sopra ogni corso celesto, e elli il fa movere e regge e governa; e
'l corso di natura è apo Dio, quasi come al fabro è il martello, che con esso
può foggiare diverse spezie di cose, come averà imaginato nella sua mente. Per
simile modo e maggiormente il corso di natura e delli elementi, e eziandio le
demonia, per lo comandamento di Dio sono flagella e martella a' popoli per
punire le peccata; e a la nostra fragile natura non è possibile d'antivedere
l'abisso e etterno consiglio del predestino e prescienza de l'Altissimo, ma
eziandio male si conoscono per noi l'opere sue fatte e a noi visibili. Ed acciò
che di questa questione utile si tragga per li lettori, diciamo che Idio ha
signoria di mandare e premettere i suoi iudicii al mondo, e secondo corso di
natura, e quando a·llui piace sopra natura, e ancora contra natura, sì come
omnipotente segnore de l'universo; e fallo a due fini, o per graziosa
misericordia, o per aseguizione di iustizia. Ed acciò che per chi leggerà sia
più chiaro e aperto ad intendere, di molte e lunghe ragioni e sottili
allegagioni de' detti savi ritrarremo al grosso e ricoglieremo, dicendo
alquanti veri e chiari esempli e miracoli della sacra Scrittura sopra la detta
materia; e cominceremo dal principio del Genesi, ove dice: “In principio creò
Idio il cielo e la terra; et dixit, et fatta sunt etc.”. Questo fue grazia e
sopra natura a fare per la sua infinita potenzia il corso del cielo e di natura
per una sola parola, che prima era neente; e chi ha podere di fare la cosa, pur
materialmente parlando, la può disfare e mutare: maggiormente Idio può tutto
fare, e alterare, disfare, e mutare. Apresso in quello medesimo Genesi,
capitolo VIII, disse Idio a Noè: “Fa' l'arca, ch'io voglio mandare il diluvio
dell'acque sopra terra, perché muoiano tutte creature per le peccata delle
genti etc.”. E questo fue per la sua giustizia. Apresso si legge nel XXIII
capitolo del detto Genesi delli angeli che vennero ad Abraam e a Lot, i quali
per lo peccato contra natura distrussono le cinque città di Sogdoma e Gomorra e
l'altre; e questa fue eseguizione di giustizia, e sopra corso di natura. E se
pur X uomini giusti e sanza il detto peccato vi fossono trovati, disse Idio ad
Abraam ch'avrebbe perdonato a li altri, tanta è la sua clemenzia e misericordia
infinita. E nel XX capitolo del Genesi Idio anunziò ad Abraam, ch'avea C anni,
e a Sarra sua moglie, ch'avea anni LXXXX ed era sterile, ch'ella conceperebbe
Isaac padre d'Israel, e così fu; e ancora questo fu sopra natura, e per grazia
di Dio, acciò che di quello nascesse il suo popolo e il suo unigenito figliuolo
Gesù Cristo. E che leggiamo ancora nel libro de l'Esodo, cominciando al X
capitolo, delle pestilenzie che Idio mandò sopra Faraone e il suo popolo
d'Egitto per li prieghi di Moisè e d'Aron, e per la crudeltà che faceano al
popolo di Dio; e alla fine per grazia al popolo Israel aperse il mare, ove
passarono salvi, e Faraone colla cavalleria e popolo suo in quello mare la
sommerse. E la detta grazia del popolo Israel, e le dette pestilenzie sopra
Faraone, furo per operazioni e iudicio divino e sopra natura, e non per corso
di stelle. Ancora al detto suo populo per grazia e sopra natura, e contra
natura, Idio li nutricò XL anni nel deserto di manna, e con la guida della
colonna de la nuvola e del fuoco. E parte di quello popolo per lo peccato de la
'nfedelità li consumò per ferro; e parte per lo peccato de la golosità li
perseguitò colle trafitte de' serpenti; e parte di loro per superbia e
ribellazione l'inghiottì la terra; ciò fu Abi e Daviron e loro seguaci; e parte
di loro per lo peccato d'usare il fare il sacrificio indegnamente, per fuoco li
pulì e distrusse; e tutte queste pestilenzie furo sopra natura e per iudicio di
Dio per le peccata del popolo. La grande città di Ninive era giudicata da Dio a
pericolare per li loro peccati, e per li sermoni di Giona profeta mandato da
Dio si corressero e tornaro a penitenzia, e ebbono grazia e misericordia da
Dio; onde si manifesta chiaramente che Idio rimuove per li prieghi e penitenzia
i suoi giudicii, e però maggiormente può e dee seguire il corso di natura il
volere di Dio, e adoperare sopra natura come a·llui piace, però che la fece,
com'è detto dinanzi. Che diremo della grazia e miracolo che Idio fece sopra
natura e contra 'l corso di natura per li prieghi di Iosuè suo servo, e
capitano e re del suo popolo, di fare tornare il sole braccia X adietro del suo
corso? Nelli libri de' Re intra gli altri miracoli, per lo peccato della
vanagloria che commise Davit a fare numerare il suo popolo, molto del popolo di
Dio per pestilenzia morire contra corso di loro natura. E quante diverse
persecuzioni di battaglie si leggono in quelli libri de' Re, e nelli altri
libri, che Idio permise quando in pro e quando incontro al suo popolo per li
loro peccati o meriti? Che Nabucdonosor distrusse la prima volta la città di
Ierusalem, e tutti i Giudei menò in servaggio, quelli che scamparo di morte; e
poi Nabucdonosor per li suoi peccati d'uomo fu bestia per VII anni, e poi per
simile modo distrusse la seconda volta Ierusalem Antioco re; e tutto fu per li
peccati de' figliuoli Israel e per le loro abominazioni. E quando si
riconobbono a Dio, con piccolo podere e cominciamento, Giuda Maccabeo il padre
e' fratelli feciono la vendetta, e distrussono il regno d'Antioco, e tutti i
detti giudicii di Dio furo per li peccati, e sopra ogni corso di natura. E però
disse Idio al suo popolo: “Io sono lo Idio Sabaot”, cioè a dire, in latino, lo
Idio de l'oste e delle battaglie, “e doe vinto e perduto a cui mi piace,
secondo i meriti e peccati, e la vittoria delle battaglie è nella mia destra”.
E tutto questo è per la divina potenzia e sopra 'l corso d'ogni natura. Assai è
detto sopra miracoli che sono sopra natura e contra natura che Idio fece nel
vecchio Testamento. Del nuovo alquanto diremo. Può esere, o fu mai, o sarà
maggiore grazia, che la divina potenzia degnò d'incarnare nella graziosa
vergine Maria, ed esere Idio e uomo nato di vergine, e sofferire passione e
morte, e ne la passione scurò tutto il sole nel mezzodì, e era la luna in suo
opposito, che secondo corso di natura non potea scurare; ma fu sopra natura,
perché il fattore de la natura sofferia pena. E così grande e sì fatto misterio
fu sopra ogni potenzia naturale, e ciò piacque a l'Altissimo per osservare
giustizia per lo peccato del primo uomo, e per fare grazia e misericordia per
ricomperare l'umana generazione; e nullo verbo è impossibile a Dio. I miracoli
che fece Gesù Cristo vangelizzando in terra, e poi i suo' apostoli e li altri
santi e martiri e vergini per lo suo nome, sono ancora tutto dì; i quali sono
sopra ogni natura e corso celesto; sopra le quali dette vere ragioni e
argomenti principalmente la soluzione della nostra questione [è] molto chiara.
Che diremo de la rovina de la città di Ierusalem la terza volta, e per la
persecuzione e scerramento de' Giudei fatto per Tito e per Vespasiano
imperadori di Roma, per la vendetta del peccato commesso della giusta e non
giusta morte di Cristo figliuolo di Dio? Certo questo fue chiaro ed evidente
iudicio di Dio, e non per corso di natura, che mai poi non ebbero i Giudei
istato né ricetto di loro segnoria, e sono passati più di MCCC anni ch'è durato
il loro esilio. Dell'altre molte persecuzioni, rovine, pestilenzie, diluvii, e
battaglie, naufragi, avenute al tempo de' Romani e de' pagani per iudicio di
Dio e pulimento de' peccati oltre al corso di natura, prima e poi che venne
Cristo, a raccontarle sarebbono infinite e confusione del nostro trattato; e
simile poi al tempo de' Cristiani per la venuta de' Gotti, e Vandali, e Saracini,
e di Lungobardi, de li Ungheri, de' Teotonici, Spagnuoli, e Catalani, e
Franceschi, e Guaschi, che sono venuti in Italia, e tutto dì vengono; delle
quali pestilenzie assai chiaramente a' buoni intenditori si possono comprendere
per questa cronica, e per altri libri che di ciò fanno menzione, le quali tutte
sono state e sono per lo giudicio di Dio per pulire li peccati. E però tornando
al proposito della nostra questione e a sentenzia, e racogliendo i sopradetti
esempli veri e chiari, tutte le pestilenzie e battaglie, rovine e diluvii,
arsioni e persecuzioni, naufragii e esilii avengono al mondo per permissione de
la divina giustizia per pulire i peccati, e quando per corso di natura, e
quando sopra natura, come piace e dispone la divina potenzia. E nota ancora,
lettore, che, la notte che cominciò il detto diluvio, uno santo eremita ch'era
nel suo solitario romitoro di sopra a la badia di Valombrosa stando in orazione
sentì e visibilmente udì un fracasso di demonia di sembianza di schiere di
cavalieri armati, che cavalcassero a furore. E ciò sentendo il detto romito
fecesi il segno della croce, e si fece al suo sportello, e vide la moltitudine
de' detti cavalieri terribili e neri; e scongiurando alcuno da la parte di Dio
che·lli dicesse che ciò significava, e li disse: “Noi andiamo a somergere la
città di Firenze per li loro peccati, se Idio il concederà”. E questo io autore
per saperne il vero ebbi da l'abate di Valombrosa, uomo religioso e degno di
fede, che disaminando l'ebbe dal detto suo romito. E però non credano i
Fiorentini che la presente pestilenzia, ond'è fatta questione, sia loro avenuto
altro che per giudicio di Dio, bene che in parte il corso del sole s'accordasse
a ciò per punire i nostri peccati, i quali sono soperchi e dispiacevoli a Dio,
sì di superbia l'uno vicino coll'altro in volere segnoreggiare e tiranneggiare
e rapire, e per la infinita avarizia e mali guadagni di Comune, di fare
frodolenti mercatantie e usure, recati da tutte parti de l'ardente invidia
l'uno fratello e vicino coll'altro; sì della vanagloria de le donne e
disordinate spese e ornamenti; sì de la golosità nostra di mangiare e bere
disordinato, che piùe vino si logora oggi in uno popolo di Firenze a taverne,
che non soleano logorare li nostri antichi in tutta la città; sì per le
disordinate lussurie delli uomini e delle donne; e sì per lo pessimo peccato
della ingratitudine di non conoscere da Dio i nostri grandi beneficii e il
nostro potente stato, soperchiando i vicini d'intorno. Ma è grande maraviglia
come Dio ci sostiene (e forse parràe a molti ch'io dica troppo, e a me
peccatore non sia lecito di dire), ma se non ci volemo ingannare noi
Fiorentini, tutto è il vero; di quante battiture e discipline ci ha date Idio
al nostro presente tempo, pur da li anni MCCC in qua, sanza le passate che
scritte sono in questa cronica: prima la nostra divisione di parte bianca e
nera; poi la venuta di meser Carlo di Francia, e 'l cacciamento che fece di
parte bianca, e le sequele e rovina che furono per quella; poi il giudicio e pericolo
del grande fuoco che fue nel MCCCIIII, e poi di più altri apresso stati nella
città di Firenze per li tempi con grande damaggio di molti cittadini; apresso
della venuta d'Arrigo di Luzimborgo imperadore nel MCCCXII, e il suo assedio a
Firenze e guastamento del nostro contado, e conseguente la mortalità e
corruzione che poi fu in cittade e in contado; appresso la sconfitta da
Montecatino nel MCCCXV; apresso la persecuzione e guerra castruccina, e la
sconfitta d'Altopascio nel MCCCXXV, e la sequela della sua rovina, e la
sformata spesa fatta per lo Comune di Firenze per le dette guerre fornire;
apresso il caro e la fame l'anno MCCCXXVIIII, e la venuta del Bavero si dicea
imperadore; apresso la venuta del re Giovanni di Boemia, e poi il presente
diluvio; ond'è nata la questione, che raccogliendo tutte l'altre dette
aversitadi inn-una, non furono maggiori di questa. E però istimate, Fiorentini,
che queste tante minacce di Dio e battiture non sono sanza cagione di soperchi
peccati, e paiono a l'aversitadi li detti giudicii, che di nostri antichi. Ed
io autore sono di questa sentenzia sopra questo diluvio: che per li oltraggiosi
nostri peccati Idio mandò questo giudicio mediante il corso del cielo, e
apresso la sua misericordia, però che poco duròe la rovina per non lasciarne al
tutto perire, per li prieghi delle sante persone e religiose abitanti nella
nostra città e d'intorno, e per le grandi limosine che·ssi fanno in Firenze. E
però carissimi fratelli e cittadini, che al presente sono e che saranno, chi
leggerà e intenderà, dee avere assai gran matera di correggersi e lasciare i
vizii e' peccati per lo tremore e minacce de la iustizia di Dio, per lo
presente e per lo tempo a venire; e acciò che l'ira di Dio più non si spanda
sopra noi, e che pazientemente e con forte animo sostegnamo l'aversità,
riconoscendo Idio onnipotente, e ciò faccendo, e con vertù bene adoperando
meritiamo misericordia e grazia da·llui, la quale fia dupplicata, e esaltazione
e magnificenza de la nostra città. Di questo diluvio e sùbito avenimento a la
nostra città di Firenze corse la fama e novella tra tutti i Cristiani, e ancora
più grave e pericolosa che non fu, con tutto fosse quasi inestimabile. E
vegnendo al cospetto della maestà del re Ruberto, amico, e per fede e devozione
di noi segnore nostro, si dolfe di noi di tutto suo cuore, e come il padre fae
al figliuolo, per suo sermone per lui dittato ci mandò amonendo e confortando,
e il suo podere profferendo per la forma e modo che conterà il detto suo
sermone, overo pistola; la quale in questa nostra opera ci pare degna di
mettere in nota verbo a verbo a perpetua memoria, acciò che i nostri successori
cittadini che verranno e leggeranno quella, sia manifesta la sua clemenza e
sincero amore che 'l detto re portava al nostro Comune, e di ciò possano
[trarre] uttilità di buoni e santi esempli e amunizioni e conforto, però che
tutta è piena d'auttoritadi della divina scrittura, sì come quelli ch'è sommo
filosofo e maestro, più che re che portasse corona già fa mille e più anni; e
con tutto che in latino, come la mandòe, fosse più nobile e di più alti verbi e
intendimenti per li belli latini di quella, ci parve di farla volgarizzare,
acciò che seguisse la nostra materia volgare, e fosse utile a' laici come a li
alletterati.
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