VI
Come il
legato perdéo Argenta, e poco apresso fu cacciato di Bologna.
Nel detto
anno, a dì VII di marzo, essendo i marchesi da Ferrara co·lloro oste stati a
l'assedio della terra d'Argenta più mesi, nella quale era la gente della Chiesa
e del legato, l'arcivescovo d'Ambruno mandato per lo papa in Lombardia, volle
essere a parlamento co' collegati di Lombardia a Peschiera, e in quello
richiese per lo papa tre cose: che lega più non fosse, promettendo pace
onorevole per li collegati; la seconda, che si levasse l'oste da Argenta; la
terza che i marchesi dovessono liberare il conte d'Armignacca e li altri
pregioni sanza costo. Fu risposto per messer Mastino per bocca d'uno delli
ambasciadori di Firenze che·lla lega non si potea partire; ma in caso che Parma
rimanesse libera alla Chiesa, si cesserebbe l'oste ordinata. Quella d'Argenta e
de' pregioni, fu risposto per li detti ambasciadori di Firenze che in quanto
Ferrara rimanesse a' marchesi per lo censo usato, e Argenta per uno piccolo
censo, s'accorderebbono col legato cardinale. L'arcivescovo prese termine di
rispondere, e partìsi e venne a Bologna al legato. In questa stanza Argenta
essendo forte stretta dell'assedio, e non possendo essere soccorsi, fallendo
loro la vittuaglia, s'arendero; però che, dapoi che·lla gente della Chiesa furo
sconfitti a Ferrara, non ardiro di tenere campo contra la gente della lega,
onde molto abassò la potenzia del legato. E avuta i marchesi la vittoria
d'Argenta, pochi dì apresso cavalcaro in sul contado di Bologna col loro
sforzo. Il legato del papa cardinale ch'era in Bologna mandòe al riparo quasi
tutta sua cavalleria, e volea mandare fuori nella detta cavalcata i due
quartieri del popolo di Bologna; e già erano armati in sulla piazza, con tutto
che mal volontieri andavano, e male parea loro essere trattati. Onde avenne,
come piacque a Dio, e di vero sanza ordine proveduta, uno messer Brandaligi de'
Goggiadini con... de' Beccadelli, uomini poveri al bisogno del loro stato e
vaghi di mutazioni e di novitadi, parendo loro male stare sotto la segnoria del
legato, e veggendo abassato lo stato suo per la sconfitta da Ferrara e per la
perdita d'Argenta, essendo saliti in sulla ringhiera del palazzo di Bologna
colle spade ignude in mano, sì cominciaro a gridare: “Povolo, povolo, e muoia
il legato, e chi è di Linguadoco!”. Alle quali grida e romore il popolo armato
fu scommosso seguendo il romore cominciato, si partiro di su la piazza
iscorrendo per la terra: e combattero il palagio del grano e il vescovado, dove
stavano il maliscalco e li altri officiali del legato; e in quelli misono
fuoco, e rubaro e uccisono tutti li oltramontani che trovaro per la terra; e
ciò fatto, assaliro e combattero il nuovo castello ov'era il legato, per
uccidere lui e sua gente che v'erano fuggiti dentro, e misonvi l'assedio di dì
e di notte; e questa rubellazione fu fatta a dì XVII del detto mese di marzo
MCCCXXXIII. E nota che tutta questa rovina avenne al legato perch'era male co'
Fiorentini, che·sse fosse stato bene di loro, la sconfitta ch'ebbe a Ferrara la
sua gente non avrebbe avuta, né perduta Argenta, né 'l popolo di Bologna li
sarebbe rubellato per dotta de' Fiorentini, né·lla Romagna; ma la disordinata
cupidità di volere segnoria fa montare in superbia e in ingratitudine contro
all'amico, spezialmente i cherici; e questo principalmente il fece cadere in
questo errore, e di somma prosperità in poco di tempo cadere in grande pericolo
e abassamento. Sentendosi la novella in Firenze, i Fiorentini la maggior parte
ne furo lieti, e non crucciosi, per la lega che i·legato avea fatta col re
Giovanni; ma per tema di sua persona e reverenza de la Chiesa vi mandaro
incontanente IIII ambasciadori, de' maggiori cittadini di Firenze, e co·lloro
IIIc cavalieri di loro masnade e delle vicherie a piè di Mugello, per
guarentire il legato e sua gente; e giunti a Bologna con molta fatica, e lusinghe
e prieghi faccendo al popolo di Bologna per parte del Comune di Firenze,
trassono del castello il legato e sua gente e suoi arnesi, il lunidì d'Alba, dì
XXVIII di marzo, per la porta di fuori del castello, fasciato intorno con li
detti ambasciadori e colla nostra gente armata; e con tutto questo fue in
grande pericolo il legato di perder la vita, che lo sfrenato popolo di Bologna
li vennero dietro isgridandolo con villane parole, e con armata mano per
offendere e rubare lui e sua gente, insino al ponte a San Ruffello; e poi i
loro contadini correndo alle strade infino a Leurignano in su l'alpe. E di
certo, se 'l soccorso de' Fiorentini non fosse stato, e il loro proveduto
argomento, il legato rimanea morto e rubato con tutta sua gente. E partito lui
di Bologna, il popolo a furore abattero e disfecero il castello, in modo che in
pochi dì non vi rimase pietra sopra pietra, ch'era uno ricco e nobile lavorio.
I Fiorentini condussono il legato in Firenze a dì XXVI di marzo, e fu ricevuto
a grande onore e processione, e presentatoli per lo Comune IIm fiorini d'oro
per ispese; no·lli volle ricevere, ringraziando molto il Comune del grande e
onorevole servigio allui fatto, riconoscendo per loro la vita e lo stato. E di
Firenze si partì a dì II d'aprile; e fue acompagnato per ambasciadori e gente
d'arme da' Fiorentini infino presso a Pisa; e di là n'andò a corte, e giunse a
Vignone a dì XXVI d'aprile. E come fue dinanzi al papa e a' cardinali in
piuvico consistoro si dolfe de la fortuna a·llui incorsa, e vergogna e danno
fattoli per li Bolognesi, dimandando vendetta per sé e per la Chiesa, lodandosi
in palese del soccorso e onore ricevuto da' Fiorentini; ma in segreto al papa
disse che ogni disaventura si riputava avuta per la gente che' Fiorentini
mandaro al soccorso di Ferrara, onde la sua oste fue sconfitta. Per la qual
cosa il papa non volle poi vedere né udire i Fiorentini, con tutto che prima
avea cominciato a disamarli per la mala informazione fattali per lettere dal
detto legato contro a Fiorentini sì per la 'mpresa della lega. E di certo se
papa Giovanni fosse più lungamente vivuto, elli avrebbe adoperato ogni
abassamento e damaggio di Fiorentini, e già l'avea ordito, però che sopra tutti
i cardinali amava messer Beltramo dal Poggetto cardinale d'Ostia suo nepote, ma
per li più si dicea piuvicamente ch'elli era suo figliuolo, e di molte cose il
simigliava.
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