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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo terzo
    • Libro dodecimo
      • VII               Di novità ch'ebbe in Bologna dopo la cacciata de·legato.
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VII

 

           

Di novità ch'ebbe in Bologna dopo la cacciata de·legato.

           

Appresso la cacciata del legato di Bologna la terra rimase in grande scandalo tra' cittadini, che ciascuno de' maggiorenti volea essere segnore, e quelli cittadini ch'erano stati amici del legato v'erano sospetti. E se non fosse che i Fiorentini vi mandaro di presente CC cavalieri con due savi e grandi cittadini per ambasciadori e consiglieri dello stato della terra, e per guardia di quella, di certo i Bolognesi si sarebbono stracciati insieme, e datisi per loro discordia a meser Mastino della Scala, o a' marchesi, o ad altri tiranni; e stettevi la detta gente de' Fiorentini per due mesi, avendo dirizzata la terra in assai buono stato secondo la loro fortuna, con tutto ch'assai fossero pregni di male volontadi tra·lloro. Incontanente che li ambasciadori e' cavalieri di Firenze si furono partiti di Bologna, partoriro le loro niquitadi; e i figliuoli di Romeo di Peppoli, e' Goggiadini, e' loro seguaci ch'aveano rubellata la terra al legato, a romore e a furore ne cacciarono i Sabatini, e' Rodaldi, e' Bovattieri, e parte de' Beccadelli, e più altre case e famiglie de' grandi e di popolo, e arsono loro le case, e tali disfeciono, e più confinati fecero ne la terra; onde tra cacciati e confinati n'uscirono più di MD cittadini; e ciò fue a di giugno MCCCXXXIIII. E se non fosse che' Fiorentini vi rimandaro incontanente loro ambasciadori e cavalieri al riparo de la loro fortuna, Bologna era al tutto guasta e deserta, o venuta in mano di tiranno. E nota che questo giudicio di Dio non fue sanza cagione e giustizia, che con tutto che fosse giusta la cacciata del legato di Bologna per la sua superbia e tirannia, lo ingrato popolo di Bologna non l'avea a fare, sì per reverenza di santa Chiesa, e sì per l'utile che' Bolognesi traevano della stanza del legato in Bologna, che tutti n'aricchiano; ma la parola di Dio non puote preterire, cioè: “Io ucciderò il nimico mio col nimico mio”.

 




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