XXVI
D'una
rovina che fece parte della montagna di Falterona.
Nel detto
anno, a dì XV di maggio, una falda de la montagna di Falterona da la parte che
discende verso il Decomano in Mugello, per tremuoto e rovina scoscese più di
quattro miglia infino a la villa si chiamava il Castagno, e quella con tutte le
case, persone e bestie salvatiche e dimestiche e alberi sobissò, e assai di
terreno intorno, gittando abondanza d'acqua ritenuta, oltre a l'usato modo
torbida come acqua di lavatura di cenere; e gittò infinita quantità di serpi, e
due serpenti con quattro piedi grandi com'uno cane, li quali l'uno vivo e
l'altro morto fuoron presi a Decomano. La quale torbida acqua discese nel
Decomano, e tinse il fiume della Sieve; e la Sieve tinse il fiume dell'Arno
infino a Pisa; e durò così torbido per più di due mesi, per modo che dell'acqua
d'Arno a neuno buono servigio si poteva operare, né' cavalli ne voleano bere; e
fue ora che i Fiorentini dubitaro forte di non poterlo mai gioire, né poterne
lavare o purgare panni lini o lani, e che però l'arte della lana non se ne
perdesse in Firenze; poi a poco a poco venne rischiarando, e tornando in suo
stato.
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