XXXIX
Come i
Fiorentini criarono di nuovo l'uficio del conservadore, e quello ne seguì.
Nel detto
anno, per calen di novembre, i Fiorentini che reggeano la città feciono u·nuovo
reggimento di segnoria, il quale chiamaro il capitano della guardia e
conservatore di pace e di stato de la città. E il primo fue meser Iacopo
Gabrielli d'Agobbio; e il detto dì entrò in segnoria con L cavalieri e con C
fanti a piè, con salario di Xm fiorini d'oro l'anno con grande arbitrio e balìa
sopra li sbanditi; e sotto il suo titolo de la guardia stendea il suo uficio di
ragione e di fatto a modo di bargello e sopra ogni altra signoria, e faccendo
iustizia di sangue come li piacea, sanza ordine di statuti. E tornò a stare ne
palagi che fuoro de' figliuoli Petri dietro e di costa a la chiesa di San Piero
Scheraggio, i quali in quelli tempi si comperarono per lo Comune di Firenze da'
creditori de la compagnia delli Scali fiorini VIIm d'oro. Questo uficio feciono
e criarono quelli cittadini popolari che reggeano la terra per fortificare loro
stato e per paura di non perderlo, quasi al modo dell'anno dinanzi aveano fatti
i VII bargellini, come adietro facemo menzione. Il detto messere Iacopo stette
in segnoria uno anno faccendo aspro uficio, e faccendosi molto temere a'
cittadini grandi e popolani; e li sbanditi quasi si cessaro tutti di città e di
contado; però che prese Rosso figliuolo di Gherarduccio de' Bondelmonti, il
quale avea bando di contumace de la testa per certa riformagione, e non per
istatuto né micidio per lui fatto, ma per una cavalcata ch'elli con certi avea
fatta a Monte Alcino in servigio de' Tolomei di Siena; e feceli tagliare il capo
contro al volere de la maggiore parte de' Fiorentini, però che non avea fatta
offensione a nullo cittadino né in nostro distretto, ma per farsi temere: però
che chi a uno offende molti minaccia. E poi più altri per simile modo giudicò a
morte, e condannò quasi tutti i Comuni e popoli di contado per cagione di
ritenere sbanditi a diritto e a torto, come li piacque. E così menando rigido e
crudo il suo oficio, molte cose inlicite e di fatto fece in Firenze, a
petizione di coloro che l'aveano chiamato e reggeano la città, e ancora per non
licito guadagno. Poi compiuto l'anno se n'ando ad Agobbio ricco di molti
danari. E in suo luogo ci venne in calen di novembre MCCCXXXVI, per uno anno
apresso, messer Accorrimbono da Tolentino, uomo d'età di più di LXXV anni, il
quale altra volta stato in Firenze per podestà fu buono rettore. Al
cominciamento di suo uficio cominciò bene; ma poco appresso dilatando suo
uficio, che l'avea di fatto, infino a' piati minuti intese per guadagneria di
sé e di sua corte. E infra 'l suo tempo, a dì XIII di luglio MCCCXXXVII,
essendo a sindacato uno meser Niccola de la Serra d'Agobbio stato podestà di
Firenze, e trovandosi in defetto, e per l'esecutore delli ordinamenti de la
giustizia suo parente, il quale era del contado d'Agobbio, col favore del detto
meser Accorrimbono e della nuova podestà, ch'era nipote del detto meser
Accorrimbono, non lasciando a' sindachi in ciò fare loro officio, gente minuta
si commosse, e fue in parte la città a romore in su le piazze de le segnorie,
perché non si facea iustizia de la podestà e di sua famiglia; e co' sassi
cacciati fuoro e fediti, e alquanti morti delle famiglie delle dette segnorie
a·lloro gran difetto, spezialmente quella del detto meser Accorrimbono, onde
tutta la città si comosse. E volendo il detto meser Accorrimbono fare iustizia
in persone di certi che avea presi per lo detto romore, per paura del popolo
minuto non ebbe l'ardire, e non l'avrebbe potuto fare per la furia del popolo;
e convenne fosse condannata la podestà vecchia, e certi de' detti che feciono
il romore, in pecunia. Per la quale cosa e cagioni si fece decreto che infra X
anni nullo rettore di Firenze potesse esser d'Agobbio o del contado.
Conseguendo l'uno errore sopra l'altro, il detto meser Accorrimbono, a
petizione di certi caporali che reggeano la città, per cagione di setta fece
una inquisizione del mese di settembre contra meser Pino della Tosa, ch'era
morto il giugno dinanzi, ch'elli e Feo di meser Odaldo de la Tosa e Maghinardo
delli Ubaldini aveano tenuto trattato con meser Mastino de la Scala di tradire
Firenze; e fune costretto e martoriato il figliuolo di meser Pino per farlo
confessare ciò, ed altri gentili uomini di Firenze amici di messer Pino, per
disfare la sua memoria e distruggere i suoi amici; e ciò fu fatto per invidia,
e chi disse per operazione d'alcuno consorto del detto messer Pino. La qual
cosa non fu né si trovò vero; e il detto Maghinardo se ne venne personalmente a
scusare. Ben fu vero che messer Pino per mandato del re Ruberto, da cui tenea
terra, cercò con meser Mastino concordia co·llui e col nostro Comune, dandone
la città di Lucca libera. E per la detta cagione parendo al detto messer
Accorrimbono avere male impreso, per sua ricoperta condannò parte de la casa di
messer Pino a disfare, perché cominciò il trattato sanza parola de' priori, e
il detto Feo per contumacia; la qual cosa fu molto biasimata da più cittadini,
però che messer Pino era stato il più suficiente e valoroso cavaliere di
Firenze, e il più leale a parte guelfa, popolo e Comune. Ben fue un grande
imprenditore di gran cose per avanzarsi; per la qual cosa il detto oficio di
capitano di guardia e conservatore venne sì in orrore de' cittadini di Firenze,
che per nullo modo o procaccio di certi caporali che reggeano la città, non
potero avere balìa di raffermare il detto messere Accorrimbono né altri in suo
luogo; e venne meno il detto oficio, il qual'era arbitraro e di fatto, sanza
ordine, legge o statuto osservare, per potere per lo detto oficio disfare e
cacciare di Firenze cui fosse piaciuto a certi che reggeano la città, ch'aveano
criato il detto uficio, e per tenere in tremore i cittadini. Avemo sì lungo
fatta memoria di questo officio e de' suoi processi per lasciarne esemplo a'
cittadini che saranno, a ciò che per bene de la nostra città non siano mai
vaghi di fare uficiali arbitrari, che perché si criino sotto colore e titolo di
bene di Comune, sempre mai fanno dolorosa uscita per le cittadi, e nascene
tirannica segnoria.
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