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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo terzo
    • Libro dodecimo
      • XLIV               Del tradimento che messer Mastino de la Scala fece a' Fiorentini de la città di Lucca.
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XLIV

 

           

Del tradimento che messer Mastino de la Scala fece a' Fiorentini de la città di Lucca.

           

Nel detto anno, per calen di dicembre, parendo a' Fiorentini che messer Mastino e Alberto de la Scala li menassono per lunga di dare loro la signoria de la città di Lucca, com'era l'ordine e 'l patto de la lega, come adietro è fatta menzione; e tenendo in parole e in vana speranza certi ambasciadori e sindachi del Comune di Firenze, ch'al continuo li seguivano per la detta cagione, sì ordinaro di mandare a Verona, oltre a quelli, una solenne e grande ambasceria da sei de' maggiori cittadini grandi e popolani di Firenze per sapere il fine di loro intendimento. I quali essendo a Verona co' detti tiranni, e nel paese a più parlamenti co·lloro e con li altri caporali lombardi, con cui i Fiorentini aveano fatta la lega, dimandando la posessione di Lucca e che fossero attenuti i patti, i detti de la Scala con belle parole e false promesse menando per lunga di giornata in giornata i detti nostri ambasciadori, alla fine faccendo trattare ad Orlando Rosso di Parma, dimandando di Lucca grossa quantità di moneta, dicendo n'aveano speso, e convenia spendere al re Giovanni di Buemme per avere sua pace de la presa di Lucca. I detti ambasciadori scrivendolo a Firenze, i Fiorentini diliberaro che, dapoi che per altro modo non si potea avere Lucca, non lasciassono per numero di pecunia, rimettendola ne' detti ambasciadori. I quali dopo lungo trattato di parole fuoro con dissimulata concordia da la parte di detti messer Mastino e messere Alberto di darne loro CCCLXm di fiorini d'oro, parte contanti e parte a certi termini, sicurandoli nella città di Vinegialloro volontà. E nota, lettore, l'errore e fallo de' Fiorentini, che nel MCCCXXVIIII potero avere Lucca da' soldati del Cerruglio per LXXX fiorini d'oro, e poi nel MCCCXXX per patti de' cittadini e di messer Gherardino Spinola per minore quantità, sì come adietro facemo menzione; e poi vi spesono e vollono spendere disordinata somma di moneta. Istimo che Idio nol permettesse per purgare i peccati e mali guadagni de' Fiorentini e di Lucchesi, e eziandio de' Lombardi. Torniamo a nostra materia: che quando fu data l'ordine, e trovati i danari e fatti i sindachi per li Fiorentini, il disleale Mastino e traditore per malvagio consiglio del marchese Spinetta e d'altri Ghibellini, ed eziandio con soduzzione del segnore di Milano e de li altri segnori lombardi per farli nimici del Comune di Firenze, però che parea loro che messer Mastino fosse apo loro troppo grande, mostrandoli con vana speranza che tenendo per sé Lucca avrebbe di leggere la città di Pisa per la loro divisione; e avea la città d'Arezzo a sua volontà, e con le sue forze leggere li era d'avere tosto la Romagna e Bologna per le divisioni e mutazioni di quelle, per la partita e cacciata de·legato; e ciò avuta, i Fiorentini non potrebbono resistere a le sue forze, ma li avrebbe come circundati e assediati; faccendoli vedere che per le divisioni di Firenze tra' grandi e' popolani e il popolo minuto per le soverchie gravezze, e i non reggenti de le signorie de li uffici della città, agevole gli era d'avere la città di Firenze a la sua segnoria, e poi tutta Toscana, e più a lunge; il traditore Mastino giovane d'età, e più di senno e fellonia, e trascotato e ambizioso per la felicità dove l'avea messo la fallace fortuna, fue desideroso come tiranno d'acquistare terra e segnoria, e di farsi re in Lombardia e in Toscana, non guardando a fede promessa e giurata a' Fiorentini, né considerando che la potenzia di Dio è più che forza umana, mosse nuova questione a' detti ambasciadori, dicendo: “Noi non vogliamo di Lucca danari, che n'avemo assai; ma volemo che' Fiorentini, se vogliono Lucca, con le loro forze ci aiutino acquistare la città di Bologna, o almeno non li fossero incontro volendola acquistare, come ci promisono per li patti della lega, quando la segnoreggiava il legato”. Sapendo ciò i Fiorentini, e avveggendosi però a tardi de la fellonesca intenzione del Mastino e de la non vera e sofistica dimanda di Bologna, che con le loro forze aveano sconfitta l'oste de·legato a Ferrara, per la qual cagione i Bolognesi aveano cacciato il legato e tornati a la lega de' Fiorentini e Lombardi, come è detto adietro, deliberaro che innanzi si lasciasse Lucca, che si fosse contro a' Bolognesi; e però mandaro che i detti ambasciadori, protestato e richesto di loro ragioni il Mastino, e' si partissono; e così feciono, i quali tornaro in Firenze a XXIII di febraio del detto anno. E inanzi che fossero giunti in Firenze, o apena partiti da Verona, partorì il Mastino la sua prava intenzione; ciò fu, che a XIIII di febraio del detto anno le sue masnade ch'erano in Lucca, sanza richesta o isfidamento alcuno, corsono Valdinievole e 'l Valdarno di sotto, che teneano i Fiorentini, e levando grandi prede. E in quelli giorni simigliantemente le sue masnade ch'erano in Modana corsono in sul contado di Bologna.

 




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