LIII
Di novità di
Firenze, e come i Fiorentini tolsono a' conti Guidi certe terre di Valdarno e
di Chianti, e feciono Castello Santa Maria.
Nel detto
anno, a dì XV d'agosto, la notte vegnente s'aprese il fuoco a casa Toschi al
canto di Mercato Vecchio incontro alla chiesa di San Piero Bonconsiglio, e
arsonvi IIII case basse con gran danno di pizzicagnoli ch'abitavano in quelle.
E in calen di settembre del detto anno fu riposto e aforzato per li Fiorentini
il castello di Laterino per contrario delli Aretini. E tornarvi incontanente ad
abitare le genti di quello castello, ch'erano in tre borghi recati al piano di
sotto, il quale aveva fatto disfare il vescovo d'Arezzo de' Tarlati, come
adietro fu fatta menzione. All'entrata del mese d'ottobre del detto anno si rubellò
a Guido, figliuolo che·ffu del conte Ugo da Battifolle, il castello del Terraio
in Valdarno, e tutti i borghi di Ganghereto, e·lle Conie, e·lle Cave, e
Balbischio, e Moncione del Viscontado in Chianti, per male reggimento che 'l
giovane facea a' suoi fedeli d'opera di femmine, e ancora per sudducimento e
conforto di certi grandi popolari di Firenze reggenti nimici de' conti. E per
simile modo si rubellò Viesca in Valdarno a' figliuoli furono del conte
Ruggieri da Doadola, volendosi dare le dette terre al Comune di Firenze, il
quale le prese poco tempo poi apresso per certe ragioni vi cusava il Comune,
come facemmo menzione in questo adietro, ove trattammo di ciò. Intanto i detti
conti avendo col loro sforzo andati per raquistare le dette terre, non ebbono
il podere; perché tutte le terre del Valdarno per comune l'andarono
a·ssoccorrere per mandato del nostro Comune, fatto per rettori tacitamente;
onde non potendo a·cciò contradiare, si compromisono in sei popolani di
Firenze, i quali elessono i priori, e diedono la rocca di Ganghereta in guardia
del Comune di Firenze; i quali sentenziarono a dì XXII di novembre che·lle
dette terre fossono del Comune di Firenze, dando al sopradetto Guido delle sue
ragioni fiorini VIIIm d'oro; e penogli avere infino a gran tempo apresso, e
nogli ebbe poi interamente. E·cciò fu grande ingratitudine, con forza del
popolo di Firenze, e poco si ricordarono de' servigi fatti per li loro
anticessori al Comune e popolo di Firenze e parte guelfa; che secondo giusto
prezzo, alle ragioni v'avieno i conti, valeano più di fiorini XXm d'oro, con
tutto fossono terre di giuridizione d'imperio, che male si potea vendere o
comperare. Ma come si fosse, i detti conti e·lloro consorti ne rimasono mal
contenti. Ma·cciò fece il popolo di Firenze, ricordandosi di quello che 'l
conte Ugo avea aoperato a suo torto contro al Comune di Firenze, quando fu la
sconfitta d'Altopascio, di riprendere le ville d'Ampinana in Mugello l'anno
MCCCXXV. E poi apresso, di calen di settembre MCCCXXXVII, il Comune di Firenze
ordinò e fece cominciare una terra in Valdarno infra quelle terre nel piano di
Giuffrena i·lluogo propio del Comune di Firenze, e puosele nome Castello Santa
Maria, faccendovi tornare dentro uomini di tutte le villate e terre d'intorno
con certa franchigia e imunità, per torre a perpetua ogni giuridizione e
fedeltà a' detti conti. E poi, in calen di novembre MCCCXXXVIII, quelli della
detta terra di Santa Maria andarono e presono la rocca di Ganghereto, ch'era
data per gli conti a guardia del Comune di Firenze, e quella misono in puntelli
e feciolla rovinare. Credesi fu con consentimento di certi rettori di Firenze,
ed eravi alla guardia quelli di Monteguarchi, onde poi fu accusa fatta per
quelli di Monteguarchi, e fue condannato il Comune della nuova terra a pagare
a' conti fiorini VIIIm d'oro per lo forfatto, rimanendo a·lloro la propietà
delle terre de' conti di quello aquisto, che valieno IIIIm fiorini e più.
Lasceremo alquanto de' fatti di Firenze, e diremo di quelli della nostra lega e
di Viniziani, come operarono contro al Mastino.
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