LIV
Come
l'oste de' Viniziani e Fiorentini, ond'era capitano messere Piero Rosso, si
puosono a Bovolento.
Nel detto
anno MCCCXXXVI, all'entrante d'ottobre i conti da Collalto in trevigiana si
rubellarono da quelli della Scala, e dierono la Motta e altre loro castella al
Comune di Vinegia; e alla Motta si fece ragunata e capo la gente della nostra
lega e di Viniziani. In quelli giorni a dì XV d'ottobre, credendosi i Viniziani
per trattato di moneta avere il castello di Mestri, furono ingannati e traditi
dal castellano che v'era per mesere Mastino, credendo prendere de' maggiori di
Vinegia che v'andavano; ma non vi giunsono al termine dato; ma di loro masnade
a piè vi rimasono presi più di CCL; onde i Viniziani rimasono molto aontati.
Poi a dì XX d'ottobre si partirono dalla Motta messere Piero e mesere Marsilio
Rossi capitani dell'oste nostra e de' Viniziani con MD cavalieri e IIIm pedoni,
vegnendo francamente per trevigiana ardendo e guastando il paese: e sanza
alcuno contasto vennero infino alle porte di Trevigi, e di là vennero poi a
Mestri e arsono tutti i borghi; e poi si misero a gran pericolo vegnendo in
padovana per le molte fiumane e canali che aveano a passare, ond'erano tagliati
i ponti; per la qual cagione si missono a grande affanno e rischio,
abandonandosi alla fortuna come ardita e valentre gente. E come piacque a·dDio
giunsono alla Pieve di Sacco in calen di novembre. La qual cosa apena si potea
credere per meser Alberto e meser Mastino della Scala, ch'erano in Padova con
più di IIIIm cavalieri, i quali uscirono fuori infino al ponte a..., e se
fossono cavalcati inanzi, della nostra gente non iscampava uomo, che non fosse
morto o preso; in tale luogo erano condotti, che inanzi non poteano andare né
adietro tornare. Ma il senno e ardimento di mesere Marsilio Rosso colla grazia
di Dio gli scampò, che incontanente mandò più lettere e messaggi nel campo di
quelli della Scala a messere Mastino e conestaboli e baroni richeggendo di volere
battaglia. Messere Mastino, che di natura era vile di mettersi a fortuna di
battaglia, ancora dubitando de' suoi medesimi per le molte lettere nel suo
campo venute, e credendosi sanza mettersi a battaglia soprenderli tutti per
istracca, e assediarli, tagliando loro i ponti inanzi e adietro per torre loro
la vettuaglia; e ciò fatto, si tornò in Padova con tutta sua cavalleria. Ma
a·ccui Iddio vuole male gli toglie il senno e·lla provedenza, e al suo nimico
dà ardire e argomento. E così avenne nel nostro bene aventuroso oste: sanza
indugio ispogliate d'ogni sustanze le villate di Pieve di Sacco e d'intorno. E
di là si partirono con grande affanno, faccendo fare più ponti di graticci, e
dove di legname, sopra più riviere e canali salvamente passarono. E a dì V di
novembre arrivarono alla terra e villata di Bovolento presso di Padova a VII
miglia, e in sul gran canale del fiume dell'Alice che va a Chioggia, per avere
da Vinegia e da Chioggia continovo vittuaglia e libero cammino e andamento.
Quello Bovolento chiusono e afforzarono di fossi e di steccati, e feciono molte
case di legname per potere ivi vernare. La qual bastita e terra di Bovolento fu
cagione dello abassamento di quelli della Scala, e·lla loro perdita della città
di Padova, come inanzi leggendo si potrà trovare. Lasceremo alquanto di questa
nostra guerra di Lombardia, e diremo d'una grande guerra si cominciò tra il re
di Francia e quello d'Inghilterra.
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