LVIII
Ancora
della detta guerra da·nnoi a mesere Mastino.
Nel detto
anno, a dì XXVIIII di gennaio, messere Piero Rosso si partì da Bovolento con
IIm cavalieri e gente a piè assai, e andò a Padova, e assalì la porta del borgo
d'Ognesanti, ch'era in trattato d'avere il detto borgo per tenervi l'oste, e
affocata la porta per entrarvi dentro, e parte di sua gente ve n'entrò. La
gente di mesere Alberto, ch'era in Padova, furono accorti, e missono fuoco nel
borgo; per la qual cosa veggendo mesere Piero che non potea aquistare, si partì
e tornò a Bovolento. Ma poco apresso, a dì VII di febraio, il detto meser Piero
si partì di notte dal campo di Bovolento con CCC cavalieri eletti e con
alquanti pedoni, e ordinò che MCC cavalieri richesti il seguissono apresso, e
giunse di notte meser Piero al borgo di San Marco di Padova; e quello, come
ordinato era, li fu dato, ed entrovvi colla sua gente. Li MCC cavalieri e
pedoni che venieno apresso fallirono la notte il cammino. E per soperchia
freddura e fiumi e canali a passare non poterono giugnere a Padova; ma poi che
furono molto ravvolti, si tornarono a Bovolento: alcuni dissono che per inganni
furono traviati. Messere Piero essendo nel detto borgo infino a ora di nona, e
non giugnendo la sua gente, dubitò della stanza; e bisognava che meser Alberto
e sua gente avessono saputo il vero: meser Piero e sua compagnia erano tutti
morti e presi, però che in Padova avea più di IIm cavalieri e popolo
grandissimo. Il valente messer Piero veggendosi a tal partito, come savio e
aveduto capitano, con tutta sua gente armata fece sembianti d'assalire la porta
della città e quella combattere, e faccendo vista d'avere presso il suo
soccorso della sua gente che gli era fallita. Messere Alberto temendo della
città fece di quella chiudere le porti e·llevare i ponti. Messere Piero e sua
gente si ritrasse e uscì del borgo, faccendo al fine di quello mettere, fuoco,
acciò che' nimici per quello nol potessono seguire, e con tutta sua gente si
tornò la sera sano e salvo al campo di Bovolento. E nota che meser Piero andava
sì spesso a Padova, però che al continuo era in trattato, con meser Marsilio da
Carrara suo zio e co' suoi consorti, i quali, come dicemmo adietro più tempo
passato, per gara di loro vicini e cittadini aveano data la signoria di Padova
a meser Cane della Scala; e Messere Alberto e Mastino gli trattavano male, e
maggiormente per lo 'nganno e tradimento fatti a' detti Rossi di Parma loro
nipoti sotto loro confidanza, quando feceno rendere Parma, come adietro facemmo
menzione. E poi a dì XX di febraio essendo partiti del campo da Bovolento da DL
cavalieri, e cavalcato in sul padovano e·llevata grande preda, que' di Padova
in quantità di DCCC cavalieri si pararono loro dinanzi ad un passo e
combatterli e' nostri furon sconfitti, e rimasonvi tra morti e presi intorno di
cento e più di mezza la preda. Per quella cagione a dì XXIII di febraio, meser
Piero cavalcò con MD cavalieri fino alle porte di Padova, e prese un borgo e
misevi fuoco, e arsonvi più di CCCC case. In questa cavalcata di meser Piero
meser Mastino ordinò con ribaldi, e fece mettere fuoco nel campo da Bovolento,
e arse bene il quarto, e tutta la camera dell'oste. E se non fosse il buono
soccorso di quelli che v'erano rimasi a guardia, ardeva tutto; e così va ne'
casi di guerra per pulire i peccati de' popoli. Tornato mesere Piero al campo,
in pochi dì fu ristorato e rifatto l'arsione del detto campo, che i Viniziani
di presente vi mandarono ogni guernimento che bisognava a·rraconcio della
bastita. E pochi dì apresso all'entrata di marzo, si rubellò a mesere Mastino
III ville, ciò furono Coldigrano in trevigiana, e Cittadella e Campo San Piero
in padovana. Lasceremo alquanto della guerra del Mastino, e torneremo a' nostri
fatti di Toscana e d'altre parti.
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