LXI
Ancora
delle sequele de' fatti d'Arezzo da·nnoi a' Perugini.
Dapoi che'
Fiorentini ebbono la città d'Arezzo per lo modo detto nel passato capitolo, i Perugini
isdegnarono forte contro a Fiorentini, tegnendosi da·lloro ingannati e traditi
per li patti, ch'avieno avuti insieme della lega fatta tra·lloro e col re
Ruberto e co' Bolognesi, e mandarne in Firenze loro ambasciadori a dolersi di
ciò e in piuvico consiglio, ove fu loro risposto saviamente a tutti i loro
capitoli, come per ragione e secondo i patti contro a·lloro non s'era fallito
in niuno articolo, però che·lla lega non conteneva niente, che dandosi la città
d'Arezzo a niuno de' detti Comuni, l'uno all'altro fosse tenuto, o·ssi rompesse
lega; e già era il termine della lega ispirato; mostrando ancora a' Perugini
come gli Aretini in niuna guisa si volieno accordare o fidare di Perugini per
cagione delli loro collegati ghibellini, vescovo d'Arezzo, Pazzi, Ubertini,
conti da Montefeltro, Nieri da Faggiuola, conti da Montedoglio, e' figliuoli di
Tano da Castello, e il signore di Cortona, e tutti i loro usciti, i quali erano
nimici caporali de' Tarlati. E se i Fiorentini non avessono preso Arezzo sanza
indugio, come feciono, di certo potea riuscire in mal luogo per parte guelfa e
per l'uno Comune e per l'altro. Ancora allegando come prima avieno fallito i
Perugini e rotti i patti a' Fiorentini, quando presono Lucignano d'Arezzo per
lo modo detto per noi nel terzo capitolo innanzi a questo. Ma secondo buona e
caritevole compagnia non era però del tutto licito di fare per Fiorentini, che
come dice il Provenzale in sua gobola “Uomo saggio non dee faglia per l'altrui
faglia”. Ben dice la legge in alcuna parte: “Qui frangit fidem, fides frangatur
eidem”; ma·cciò non basta alla magnificenza del nostro Comune. Ma come si
fosse, o ragione o torto dell'uno Comune o dell'altro, o d'ambedue, i Perugini
rimasono mal contenti. Alla fine dibattuta la quistione per ambasciadori
dell'uno Comune e dell'altro, si trovò un mezzo d'accordo, che i Perugini
avessono in Arezzo un giudice d'appellaggione in termine di V anni sotto titolo
di conservadore di pace con salaro di D fiorini d'oro in sei mesi con sua
famiglia. Questo uficio fu in nome più che in fatto, però ch'al tutto erano gli
ufici e signoria d'Arezzo di Fiorentini. E dopo il termine di V anni dovessono
rimanere a' Perugini il castello d'Anghiari, e Foiano, e Lucignano, e Monte San
Savino, ch'ellino s'aveano presi e si tenieno; e pace faccendo cogli Aretini,
lasciando mesere Ridolfo Tarlati e i figliuoli e più altri prigioni d'Arezzo,
ch'elli aveano in prigione in Perugia, presi nella Città di Castello quando
l'ebbono, come contammo adietro. Lasceremo alquanto de' fatti di Firenze e
d'Arezzo e di Perugia, ch'assai n'è detto, e torneremo a nostra matera a
seguire il processo della guerra di Lombardia contro a meser Mastino.
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