LXXX
Come molte
città del regno di Puglia ebbono discordia e divisione tra loro cittadini.
Nel detto
anno si cominciò nel regno di Puglia, che signoreggiava il re Ruberto, una
grande discordia e maladizione nella città di Sermona, e in quella dell'Aquila,
e in Gaeta, e in Salerno, e in Barletta, che in ciascuna delle dette terre si
criò parte, e combattendosi insieme; e·ll'una parte cacciò l'altra, e guastarsi
quasi le dette terre, e d'intorno a quelle; e il paese per cagione delle dette
discordie tutto s'empié di malandrini e di ladroni, rubando per tutto; e a
queste discordie tenieno mano molti baroni del Regno, chi coll'una parte e chi
coll'altra. E·lla maggiore fu quella di Barletta, e che più durò e con maggiori
battaglie. Dell'una parte era capo casa Marra, e co·lloro il conte di
Sanseverino e tutti i suoi seguaci; dell'altra la casa di Gatti, e co·lloro il
conte di Minerbino, chiamato il Paladino, e co' suoi seguaci, i quali feciono
molto di male, e guastando la terra di Barletta e tutto il paese d'intorno.
Delle quali discordie il re ne fu molto ripreso, e dovea esere a tanto savio
signore come era, e di senno naturale e di scienzie; e per propia avarizia
delle pene e composizioni di misfatti di suoi sudditi sofferia il guastamento
del suo regno, possendolo correggere e salvare con alquanta giustizia. E niente
si ricordava delle parole del savio re Salamone: “Diligite iustitiam, qui
iudicatis terram”. Bene che poi che·lle dette terre furono ben guaste, il re vi
mandò le sue forze assediando Minerbino e 'l conte; e' suoi fratelli vennono a
Napoli alla misericordia del re, e tutti i loro beni piubicati alla corona, e
venduti e barattati, ed ellino prigioni a Napoli; e furono diserti con male
fine e disfatti. Questi conti di Minerbino furo stratti di vile nascimento, che
furono figliuoli d'uno figliuolo di meser Gianni Pipino, il quale fu nato d'uno
piccolo e vile notaiuolo di Barletta; ma per sua industria fu molto grande al tempo
del re Carlo secondo, e guidava tutto il regno, guadagnando d'ogni cosa, e
arricchì per modo che lasciò i suoi figliuoli conti; i quali poi per loro
superbia e stracotanza, com'è detto, vennero tosto a mal fine. E nota che rade
volte i sùbiti avenimenti di grande stato hanno tosto dolorosa fine, e 'l male
aquistato non passa le più volte terza reda; e così avenne di costoro.
Lasceremo de' fatti del Regno e di Cicilia, e diremo alquanto de' fatti di
Firenze stati nel detto anno.
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