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Giovanni Villani
Nuova cronica

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  • Tomo terzo
    • Libro dodecimo
      • XCIV               Ancora della grandezza e stato della città di Firenze.
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XCIV

 

           

Ancora della grandezza e stato della città di Firenze.

           

Dapoi ch'avemo detto dell'entrata e spesa del Comune nostro di Firenze in questi tempi, ne pare si convenga di fare menzione dello stato e condizione di quella, dell'altre grandi cose della città; perché i nostri successori che verranno per li tempi s'avegghino del montare o bassare di stato o potenzia che facesse la nostra città, acciò che per li savi e valenti cittadini, che per li tempi saranno al governo di quella, per lo nostro ricordo e asempro di questa cronica procurino d'avanzarla inn-istato e podere. Trovamo diligentemente che in questi tempi avea in Firenze circa a XXVm d'uomini da portare arme da XV in LXX anni, cittadini, intra' quali avea MD nobili e potenti che sodavano per grandi al Comune. Avea allora in Firenze da LXV cavalieri di corredo. Ben troviamo che anzi che fosse fatto il secondo popolo, che regge al presente, erano i cavalieri più di CCL, che poi che 'l popolo fu, i grandi non ebbono lo stato e signoriagrande come prima, e però pochi si facieno cavalieri. Istimavasi avere in Firenze da LXXXX di bocche tra uomini e femmine e fanciulli, per l'aviso del pane bisognavano al continuo alla città, come si potrà comprendere apresso; ragionandosi avere comunemente nella città da MD uomini forestieri, e viandanti e soldati, non contando nella somma di cittadini riligiosi e frati e religiose e rinchiuse, onde faremo menzione apresso. Ragionasi in questi tempi avere nel contado e distretto di Firenze da LXXXm uomini. Trovamo dal piovano che battezzava i fanciulli (imperò che per ogni maschio che battezzava in San Giovanni, per avere il novero, mettea una fava nera, e per ogni femmina una bianca) trovò ch'erano l'anno in questi tempi dalle VmD in VIm, avanzando le più volte il sesso mascolino da CCC in D per anno. Trovamo che' fanciulli e fanciulle che stavano a leggere del continuo da VIIIm in Xm. I garzoni che stavano ad aprendere l'abbaco e algorisimo in VI scuole da M in MCC. E quelli che stavano ad aprendere gramatica e loica in IIII grandi scuole da DL in DC. Le chiese ch'erano allora in Firenze e ne' soborghi, contando le badielle chiese de' frati e religiosi, trovamo CX, delle quali erano LVII paroccie con popolo, V badie con due priori con da LXXX monaci, XXIIII monisteri di monache con da D donne, X regole di frati con più di DCC frati, XXX spedali con più di mille letta per albergare poveri e infermi, e da CCL in CCC cappellani preti. Le botteghe dell'arte della lana erano CC e più, e faceano da LXXm in LXXXm di panni, di valuta di più di MCC migliaia di fiorini d'oro; che bene il terzo e più rimaneva nella terra per overaggio, sanza il guadagno de' lanaiuoli; del detto ovraggio viveano più di XXXm persone. Ben trovamo che da XXX anni adietro erano CCC botteghe o circa, e faceano per anno più di Cm panni; ma erano più grossi della metà valuta, però ch'allora non ci veniasapeano lavorare lana d'Inghilterra, com'hanno fatto poi. I fondachi dell'arte di Calimala di panni franceschi e oltramontani erano da XX, che faceano venire per anno più di Xm panni di valuta di più di CCCm di fiorini d'oro, che tutti si vendeano in Firenze sanza quelli che mandavano fuori. Banchi di cambiatori LXXX banchi. La moneta dell'oro battea per anno CCCLm di fiorini d'oro, talora CCCCm; e di danari da quattro più di XXm libre. Le botteghe di calzolai e zoccolai e pianellai erano da CCC. Il collegio di giudici da LXXX in C; e notari da DC; medici di fisica e di cirogia da LX; e botteghe di speziali allora da C. Mercatanti e merciai, grande numero, da non potere bene stimare per quelli ch'andavano fuori di Firenze a negoziare; e molti altri artefici di più mestieri, maestri di pietra e di legname. Fornora avea allora in Firenze CXLVI, e trovamo per la gabella della macinatura e per fornari ch'ogni bisognava alla città dentro CXL moggia di grano, onde si può stimare quello bisognava l'anno; non contando che·lla maggiore parte degli agiati e ricchi e nobili cittadini co·lloro famiglie più di IIII mesi, e tali più dell'anno, in villa in contado. Troviamo che intorno gli anni MCCLXXX ch'era la città in filice e buono stato, ne volea la settimana da DCCC moggia. Di vino trovamo per la gabella delle porte n'entrava l'anno da LVm di cogna, e inn abondanza talora più Xm cogna. Bisognava l'anno IIIIm tra buoi e vitelle; castroni, pecore LXm; capre e becchi XXm; porci XXXm. Entravano del mese di luglio per la porta a San Friano CCCC some di poponi per , che tutti si stribuivano nella cittade. In questi tempi avea in Firenze le 'nfrascritte signorie forestieri, che ciascuno tenea ragione, e aveano colla da tormentare, la podestà, il capitano del popolo, l'assecutore degli ordini della giustizia, il capitano della guardia, overo conservadore del popolo; tutte queste signorie avieno albitro di pulire reale e personale: il giudice della ragione e apellagione, il giudice sopra le gabelle, l'uficiale sopra la piazza e vittuaria, l'uficiale sopra gli ornamenti delle donne, quello della mercatantia, quello sopra l'arte della lana, gli uficiali ecresiastici, la corte del vescovo di Firenze e di quello di Fiesole, e dello inquisitore della eretica pravità. Altre degnità e magnificenza della nostra città di Firenze non sono da lasciare di mettere in memoria per dare aviso a quelli verranno dopo noi. Ell'era dentro bene albergata di molti belli palagi e case, e al continovo in questi tempi s'edificava, migliorando i lavori di farli agiati e ricchi, recando di fuori asempro d'ogni miglioramento e bellezza. Chiese cattedrali e di frati d'ogni regola, e monisteri magnifichi e ricchi; oltre a·cciò non era cittadino che non avesse posessione in contado, popolano o grande, che non avesse edificato od edificasse riccamente troppo maggiori edifici che in città; e ciascuno cittadino ci peccava in disordinate spese, onde erano tenuti matti. Ma·ssi magnifica cosa era a vedere, ch'uno forestiere non usato venendo di fuori, i più credeano per li ricchi difici d'intorno a tre miglia che tutto fosse della città al modo di Roma, sanza i ricchi palagi, torri e cortili, giardini murati più di lungi alla città, che inn-altre contrade sarebbono chiamati castella. In somma si stimava che intorno alla città VI miglia avea più d'abituri ricchi e nobili che recandoli insieme due Firenze non avrebbono tante: e basti assai avere detto de' fatti di Firenze.

 




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