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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo terzo
    • Libro dodecimo
      • XCV               Di che progenia furono quelli della Scala di Verona.
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XCV

 

           

Di che progenia furono quelli della Scala di Verona.

           

Ancora ne pare che·ssi convenga, dapoi ch'assai avemo detto de' fatti di Firenze, fare menzione del cominciamento di quelli della Scala di Verona, che tanto hanno fatta risonare Lombardia e Toscana di loro guerre e tirannie, come adietro è fatta menzione. Che pare che Idio permetta sovente di fare nascere di picciola progenia tiranni possenti per abattere l'orgoglio e superbia de' popoli e di nobili per li loro peccati. Troviamo che al tempo del grande tiranno Azzolino di Romano, onde adietro facemmo menzione, il quale disertò quasi tutti i noboli della Marca Trevigiana, di Padova e di Verona, intorno fa da LXXXX anni, in Verona avea un vile uomo, chiamato Giacomo Fico; chi dice che questo Giacomo faceva le scale e vendeale, e da questo prencipio presono l'arme e 'l nome, e chi dice che fu mercatante di Montagnana; questi ebbe due figliuoli Mastino e Alberto. Quello Mastino era grande e forte della persona e azuffatore e giucatore, ma pro', valoroso e savio nel suo mestiere. E alla prima fu capitano di ribaldi, seguendo Azzolino a piè nelle sue cavalcate. Poi per suo franco adoperare piacendo al tiranno, il fece capitano delle sue masnade a piè; poi gli venne in tanta grazia, che 'l fece quasi proveditore e dispensatore di tutte le sue masnade da·ccavallo e da·ppiè. E quando Azzolino fu morto, trovandosi in quello uficio col séguito di soldati si fece fare capitano di Verona, e poi si fece fare cavaliere sé e Alberto suo fratello, il quale fu savio, e valoroso, e da bene; e così per la fortuna montati inn-istato, che 'l Mastino era signore di Verona, e mesere Alberto podestà di Mantova, e il figliuolo del signore di Mantova mesere Botticella per mesere Mastino era podestà di Verona. Avenne che certi gentili uomini rimasi in Verona avendo inn-orrore e invidia della signoria e tirannia del Mastino, essendo di vile nascimento, e per forza e tirannia fatto loro signore, feciono congiura d'ucciderlo, e furono XXV; e ciascuno promise e giurò di fedirlo. E così aseguiro, che vegnendo un giorno al palagio del Comune sanz'arme a modo di signore, che non si prendea guardia, e giugnendo in sulla piazza, tutti i detti congiurati, colle coltella in mano ciascuno, il fedìll'uccisono sanza contrario niuno, e nullo fu ardito di levarlo di terra. La podestà, meser Botticella, di presente il fece asapere a meser Alberto a Mantova, il quale tutta la notte apresso che l'ebbe saputo cavalcò segretamente, venne in Verona, ed entrò nel palagio, lasciando che tutta la cavalleria di Mantova il seguisse apresso; e così feciono. La podestà la mattina vegnente fece richiedere tutti i buoni uomini di Verona a consiglio, e quelli medesimi ch'avieno morto meser Mastino, propognendo che volea che·lla terra si rifermasse a reggimento comune e di popolo. E ragunato il consiglio, mesere Alberto uscì della camera disarmato e venne nel consiglio, e salì nella ringhiera, donde tutti quelli del consiglio s'amiraro. E meser Alberto con allegro viso cominciò disimulatamente a biasimare le tirannie e male opere del suo fratello, e lodava ciò che di lui era fatto, onde il consiglio erano tutti contenti; ma come seppe ch'erano venute le masnade da Mantova, com'era ordinato il tradimento per lui e per lo podestà, fece serrare il palagio e uscire fuori i fanti armati, e uccisono tutti coloro che aveano ucciso meser Mastino, e gittarli morti per le finestre del palazzo, e poi meser Alberto corse la terra e fecesene signore; e perseguì tutte le schiatte di coloro ch'avieno morto messere Mastino, e cacciolli di Verona. Questa fu la morte e vendetta del primo Mastino. Il detto meser Alberto ebbe più figliuoli, i quali fece tutti cavalieri essendo quasi garzoni. Rimasene dopo la sua morte tre in vita; messer Bartolomeo, questi regnò signore di Verona apresso al padre, non ebbe figliuolo. Il secondo fu meser Checchino, ch'anche regnò apresso. Il terzo fu messere Cane, che·ffu valente tiranno e signore da bene, di cui adietro facemmo menzione, e fu amico del nostro Comune; di costui non rimase figliuolo niuno madornale. Dopo lui regnarono i nipoti figliuoli di meser Checchino, ciò furono meser Alberto e messer Mastino, di cui lungamente avemo fatta menzione. E assai sia detto di quelli della Scala, tornando a nostra materia.

 




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